giovedì, settembre 25, 2008

Servizio Pubblico - Trasformata di Fourier (III)

Oggi parliamo di trasformata di Fourier.

Incomincio col rimandare ad una introduzione di Terence Tao al problema: qui il post del suo blog dove annuncia l'articolo. La prima volta che la lessi non ho trovato l'introduzione particolarmente entusiasmante, ma leggendola ieri mi è piaciuta molto di più. È da leggere, soprattutto se si è interessati ad un punto di vista più astratto sull'argomento.

Definizione

Data una funzione f, la sua trasformata di Fourier, che denotiamo Ff, è definita tramite

(Ff)(\omega) = \int_{-\infty}^{\infty} f(t) e^{- i \omega t} dt

Ci sono varie possibilità di aggiungere la radice di 2 pi greca in varie parti dell'espressione, ma non ha molta importanza.

Interpretazione

Cosa fa la trasformata di Fourier? La maniera più semplice di capirlo è pensare ad una funzione come ad un segnale elettrico: f(t) è il valore di un certo potenziale al momento t. Si può immaginare che questo potenziale sia dovuto alla sovrapposizione del campo elettrico di vari oggetti: elettroni che girano attorno al nucleo, atomi che vibrano, molecole polari che ruotano, una lacuna elettronica che si muove in un conduttore. Molti di questi fenomeni sono periodici, facendo che si che questo segnale elettrico sia la sovrapposizione di fantastiliardi di oscillazioni periodiche, ognuna con la sua determinata frequenza.

Può essere allora molto più interessante conoscere la quantità di energia del segnale ad ogni frequenza, piuttosto che il valore assoluto del potenziale ad un certo momento. Questo è esattamente ciò che fa la trasformata di Fourier: decomporre un segnale nelle diverse frequenze che partecipano a costruirlo, comprese le loro fasi.

Un breve esercizio

Dato che la trasformata di Fourier opera una decomposizione nelle frequenze, ci si aspetta che traslare una funzione non cambi il valore assoluto della trasformata di Fourier, ma solo la sua fase. Per impratichirci calcoliamo che è così. Quello che vogliamo calcolare è la trasformata di Fourier Fg della funzione definita tramite

g(t)=f(t-a)

dove a è un qualsiasi numero reale. In altre parole, dobbiamo calcolare l'integrale

(Fg)(\omega)=\int_{-\infty}^{+\infty} f(t-a) e^{-i\omega t} dt

Passando alla variabile s=t-a e utilizzando la formula per il cambio di variabili si ottiene

\int_{-\infty}^{+\infty} f(t-a) e^{-i\omega t} dt=\int_{-\infty}^{+\infty} f(s) e^{-i\omega (s+a)} ds

Adesso abbiamo finito! È sufficiente utilizzare la proprietà della funzione esponenziale ed estrarre la parte che non dipende da s dall'integrale, ottenendo

(Fg)(\omega)= e^{-i\omega a}(Ff)(\omega)

In pratica: la traslazione della funzione originaria determina un cambio di fase dipendente dalla frequenza della trasformata di Fourier. Questo vuol dire, in particolare, che il valore assoluto quadrato della trasformata di Fourier, cioè l'energia contenuta in una particolare frequenza, non dipende da eventuali traslazioni.

lunedì, settembre 22, 2008

Ammenda (II)

Cosa non si legge su New Scientist!

Una breve premessa; qualche anno fa discutevamo col mio professore di Tübingen sul perchè nel mondo accademico ci sono meno donne che uomini. In quella particolare discussione, la mia tesi era che nel mondo accademico, in particolare in quello scientifico, è necessario un forte spirito di competizione per riuscire. E, dato che, come è ben noto, le donne hanno (statisticamente) meno spirito di competizione degli uomini, questo fa una differenza sul grande numero, causando una prevalenza degli uomini in ambito accademico.

Ben noto? Il New Scientist riporta di una esperimento condotto su gruppi omosessuali di bambini. Messi in condizione di dover competere per ottenere degli orsacchiotti, la vera differenza fra i due gruppi non era nella quantità di competitività o meno, quanto nelle tattiche utilizzate per assicurarsi l'orsacchiotto.

Divertente da leggere, e di nuovo un'ammenda da fare...

venerdì, settembre 19, 2008

Steve Jay Tyrell

In questo periodo sono in vena di associazioni improbabili. Quella di oggi è fra questo articolo di Gould e Lewontin (a proposito: grazie a hronir e Blade Runner, che ho rivisto qualche giorno fa.

Più precisamente, quando Roy si reca dal dr. Tyrell per pretendere di vivere più a lungo, Tyrell (chiamato da Roy "the god of the biomechanics", uno degli epiteti più fulminanti che mi sia capitato di ascoltare) chiude la conversazione con la celebre frase "una candela che arde col doppio dello splendore, brucia per metà tempo".

Da questo, si potrebbe dedurre che Tyrell è un adattazionista, seguendo la terminologia di Gould. Sarebbe bello creare dei replicanti ancora più efficienti, ma l'equilibrio fra i diversi caratteri richiede che essi vivano di meno, se vogliono essere così efficienti.

Se, però, si ascoltano le motivazioni che Tyrell adduce precedentemente, esse sono prettamente biomeccaniche; egli stesso sembra credere nella possibilità teorica di concedere a Roy più vita, ma le condizioni al contorno di tipo strutturale non glielo permettono. Da questo punto di vista, si potrebbe dire che Tyrell è pluralista, sempre nel senso di Gould.

Ora, queste sono ovviamente speculazioni prive di fondamento; l'unica cosa interessante che solletica un po' la fantasia è che l'articolo di Gould e Lewontin è del 1979. Purtroppo, controllando le biografie degli sceneggiatori su Wikipedia, pare che ambedue non avessero alcuna conoscenza in fisica.

Però è divertente notare come, casualmente o meno, Tyrell venga fuori come un profondo pluralista, che per farsi capire da non tecnici (e se mi ricordo bene, prima del riassunto finale con la metafora della candela, Tyrell sospira e dice "but this is only academy") deve adottare un linguaggio semplificatore e adattazionista.

martedì, settembre 16, 2008

De memoris

In questo post sul blog che tengo con due miei cari amici si è sviluppata una interessante discussione sulla differenza fra la memoria procedurale e la memoria dichiarativa.

Stavo riflettendo che in matematica c'è un'interessante analogia che riguarda la definizione delle funzioni.

Cos'è una funzione? (Versione dichiarativa)

La risposta rigorosa, diciamo Bourbakistica è questa.

Definizione
Una funzione è una terna (A,B,R) dove A e B sono insiemi e R è un sottoinsieme del prodotto cartesiano A x B tale che se (a,b) e (a',b') sono in R, allora b=b'

L'idea sottesa a questa definizione è che una funzione altro non è che una lista, che accanto ad ogni valore della variabile indipendente (gli a in A) riporta uno ed un solo valore della variabile dipendente (il b in B tale che (a,b) in R).

Definire una funzione in questa maniera è rigoroso e utile. Tuttavia non corrisponde alla maniera in cui pensiamo. Quando definiamo una funzione, infatti, pensiamo a delle operazioni da eseguire, e non ad una lista di valori!

Cos'è una funzione? (Versione procedurale)

La risposta intuitiva, empirica, è quella che si dava nel 1800. Una funzione è una legge di associazione. Una funzione è definita se per ogni valore x so calcolare f(x).

Vantaggi e svantaggi

Cominciamo coi vantaggi della maniera procedurale. I vantaggi della maniera dichiarativa li sappiamo: è la maniera rigorosa con la quale si fa matematica.

Però pensiamo adesso di voler definire la funzione quadrato, cioè f(x):=x**2. Se vogliamo definirla in maniera dichiarativa, dobbiamo decidere in quali insieme tale funzione deve vivere. Dobbiamo scrivere, ad esempio, f:R-->R, f(x)=x**2 se vogliamo parlare del quadrato nei numeri reali, f:C-->C, f(x)=x**2 se vogliamo parlare del quadrato nei numeri complessi. Un po' complicato, no?

Ovviamente possiamo salvarci definendo f:A-->A, f(x)=x*x, dove A è uncampo, ma non è questo il punto. Il punto è che non possiamo dire: sia f(x)=x*x ogni qualvolta abbia senso, perchè staremmo quantificando su l'insieme totale che contiene tutte le strutture algebriche.

Fin qua è solo un problema formalistico, quasi di estesi. Un problema più grave si presenta nel caso in cui alla mia funzione definita in maniera procedurale non corrisponda nessuna funzione dichiarativa. Fissiamo una funzione continua f a valori reali. Decidiamo di definire la funzione g tramite l'operazione

g(x) = lim n(f(x+1/n)-f(x))

Ovviamente questo limite può esistere o non esistere. (O scelto di prendere il limite rispetto a n invece della definizione normale di derivata per evitare polemiche del tipo: ma guarda che non puoi definire il limite di una funzione se la funzione non è definita in maniera dichiarativa, etc...)

Il problema adesso è che non è possibile definire g in maniera dichiarativa, se non applicando una sorta di ragionamento circolare: trovo l'insieme D dove il limite esiste, e poi scrivo

g: D-->R, g(x) := lim n(f(x+1/n)-f(x))

In pratica, la definizione dichiarativa di g deve contenere la definizione procedurale di g. Poco soddisfacente.

giovedì, settembre 11, 2008

Telefonini

Sarà perchè adesso sto studiando teoria dell'informazione intensamente, ma questo articolo di Staglianò su Repubblica sull'importanza del cellulare per lo sviluppo economico nel terzo mondo mi ha colpito.

martedì, settembre 09, 2008

Coupled parabolic systems

The paper of Delio Mugnolo and mine "Qualitative properties of coupled parabolic systems of evolution equations" appeared some days ago in the journal Ann. Scuola Norm. Pisa.

The Laplace operator on a domain can be understood as the operator associated with the quadratic form defined by


a(f)=\int_D |\nabla f|^2 dx


In fact, it is possible to develop a theory for quadratic forms on Hilbert spaces, characterizing those forms having a "good" associated operator. We call this operator A.

It turns out that properties of the quadratic form are reflected from properties of the solution of the equation

du(t)/dt=Au(t).

Most notably, invariance of convex sets of the Hilbert space can be characterized in terms of properties of the quadratic form. To be more specific: if S is closed convex set, then there is an algebraic characterization in terms of the form of the fact that solutions that start in S also stay in S - this is known as Ouhabaz's criterion.

If the Hilbert space has a product structure and it is infinite dimensional (as C²=C x C, C³= C x C x C,... in the finite dimensional case), then it is possible to write the quadratic form as a kind of matrix of quadratic forms. More interesting: the properties of the solutions are obtained applying finite dimensional arguments to the properties of the infinite dimensional forms, and this is what we discuss in the paper.

Further readings: the preprint on arxiv, an introduction to the theory of forms, the home page of the book of Ouhabaz, my PhD thesis.

venerdì, settembre 05, 2008

Pascal applicato

Come avrete notato c'è un sacco di polemica dovuta all'appello alla commissione europea per i diritti umani di Rössler e altri per la pericolosità dell'accensione del Large Hadron Collider. Si può leggere qualche informazione su questa isteria di massa qui e qui.

Sul merito dell'argomento dirò una sola cosa: ho sentito una volta una conferenza di Rössler, e posso dire che è uno scienziato molto acuto che ama moltissimo le provocazioni.

Più interessante, per me, è la seguente osservazione: l'accensione del LHC è molto simile alla scommessa di Pascal.

Nella scommessa di Pascal si ragiona come segue: se credo in Dio, allora ci sono due possibilità. Se Dio esiste, ho vinto il paradiso e quindi ho un guadagno infinito; se Dio non esiste non ho perso niente; se proprio volete fare la domenica altro che andare in chiesa, diciamo che avete una perdita finita, che chiamiamo C. Se non credo in Dio ci sono anche due possibilità: o Dio non esiste, e non guadagno niente. O Dio esiste, e allora non guadagno comunque niente perchè non vado in paradiso. Detto in termini matematici, denotando con E il valore atteso:

E[Felicità | Fede] = P(Dio)*(infinito) + P(non Dio)*(-C) ~ infinito

mentre

E[Felicità | non Fede] = P(Dio)*0 + P(non Dio)*0 = 0

Ergo, secondo Pascal, bisogna credere in Dio per motivi probabilistici. Nel caso del LHC ragioniamo così. La nostra variabile è il sapere dell'umanità, il cui valore attuale è S. Ovviamente, se l'umanità viene distrutta da un buco nero, il suo sapere si riduce a 0. Inoltre assumiamo che il LHC aumenti il sapere dell'umanità di una quantità C >>).
Utilizziamo l'approssimazione P(Buco Nero) ~ 0 e calcoliamo:

E[Sapere Umanità | LHC acceso] = P(Buco Nero)*0 + P(non Buco Nero)*(S+C) ~ S+C

Al contrario

E[Sapere Umanità | LHC spento] = S.

Quindi se vogliamo ottimizzare il sapere dell'umanità, dobbiamo accendere il LHC. Un'altra grandezza che vorremmo poter ottimizzare è il progresso. Il progresso P(E) dovuto ad un'azione A si misura con la formula

P(A)=S(A)/S(non A)

cioè il rapporto fra il sapere prima e il sapere dopo l'evento. Calcoliamo come prima

E(P(accensione LHC)) = P(Buco Nero)*0/(S+C) + P(non Buco Nero)*(S+C)/S ~ S+C/S

mentre

E(P(non accensione LHC)) = 1.

Anche in questo caso otteniamo come risultato che conviene accendere il LHC.

Buon lavoro al CERN.

giovedì, settembre 04, 2008

Enigma

Cominciamo con la base dell'induzione:

\begin{pmatrix}1 & 1\\0&1\end{pmatrix}^2=\begin{pmatrix}1 & 2\\0&1\end{pmatrix}

Tramite il passo induttivo

\begin{pmatrix}1 & n\\0&1\end{pmatrix}\begin{pmatrix}1 & 1\\0&1\end{pmatrix}=\begin{pmatrix}1 & n+1\\0&1\end{pmatrix}

si ottiene la relazione

\begin{pmatrix}1 & 1\\0&1\end{pmatrix}^n=\begin{pmatrix}1 & n\\0&1\end{pmatrix}

Enigma

Cosa c'entra la relazione di cui sopra con le catene di Markov?

Se non doveste venirne a capo, vi basta aspettare qualche giorno: al massimo sabato.

martedì, settembre 02, 2008

Teoria alfa - assiomi numerici

Continuo la discussione iniziata qui e qui deglia assiomi della teoria alfa di Benci e Di Nasso.

Oggi parliamo degli:

ASSIOMI NUMERICI

1) Se f è una successione costante, cioè f(n)=c per ogni n, allora f(Q)=c.

2) Se f è l'identità, cioè f(n)=n per ogni n, allora f(Q)=Q; Q non è un numero naturale.

Vanno ovviamente comparati con i corrispondenti assiomi di estensioni 1) e 2).

La cosa più interessante è messa in evidenza nell'articolo stesso: l'assioma 2 è anche un esempio di una successione con la seguente proprietà: tutti gli f(n) sono in un certo insieme A, ma il valore ideale di f non è nello stesso insieme. Dato che l'insieme in questione è N, questo rende chiaro ancora una volta che f(Q) è simile al limite, ma è diverso.

Con l'assioma 1 e l'assioma di composizione si possono cominciare a fare conti scolastici:

Esempio

Si definisca f(n)=n²-1. Per l'assioma numerico 1), f(Q) = (n-->n²)(Q) - 1 = Per l'assiome di composizione, (n-->n²)(Q)=(n-->n)(Q)², e così otteniamo f(Q)=(n-->n)(Q)²-1. Per l'assioma numerico 2) (n-->n)(Q)=Q e quindi f(Q)=Q²-1. Lo stesso ragionamento vale per i polinomi.

Proposizione

Se P è un polinomio in x, allora P(Q) è il valore ottenuto sostituendo Q a x.