vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore
dante alighieri
mondi diversi hanno spesso strutture molto simili; qua potete provare a leggere un po' di filosofia delle reti. mi viene in mente oggi perchè qualche giorno fa mi sono imbattuto in questa frase di h.c. tuckwell presa da "introduction to theoretical neurobiology, vol. 2":
«This leads to the Ornstein-Uhlenbeck (1930) process (OUP), which is discussed in many texts on probability and stochastic processes [see, for example Cox and Miller (1965) and Breiman (1968)]. This process has arisen in several fields. In fact, in such areas as astrophysics (Chandrasekhar 1943) and electrical engineering (Stumpers, 1950), the same kinds of problems have arisen as as confront us in the determination of firing times of neurons. The OUP seems to have been first mentioned in the present context by Calvin and Stevens (1965).».
la cosa che mi ha stupefatto è che anche io, nel mio piccolo orticello matematico, ho dovuto assistere a numerosi talks su operatori di ornstein-uhlenbeck. mai avevo pensato, fino ad ora per lo meno, che fosse un argomento di qualche rilevanza oltre la comunità matematica. d'altra parte, nessuno dei matematici che ho sentito discutere animatamente di tali argomenti astrusi ha mai accennato, seppur vagamente, a un qualche tipo di applicazione.
di più: gli OUP appaiono sia nell'astrofisica che nelle dimaniche neurali, esattamente come alcuni fenomeni simili a dinamiche su e di reti (o grafi), come spiegato nel post citato precedentemente da neuroevolution. quindi mi sembrerebbe naturale studiare operatori di OU su grafi. e il bello è che qualche mese fa abbiamo messo in cantiere un progetto simile con un matematico ungro-germanico, per motivi completamente diversi.
oddio, non completamente diversi, ma comunque non provenienti dalla stocastica, ma dall'analisi.
PS: purtroppo non ho trovato riferimenti in internet per gli altri due articoli...
sabato, giugno 30, 2007
martedì, giugno 26, 2007
formel
alles, was ergebnis einer rechnung war, war für uns kein beweis
nicolas bourbaki
oggi sono rimasto per l'ennesima volta basito nel contemplare una immensa verità: esistono numeri non computabili; cioé numeri per cui non esiste un algoritmo che abbia codesti numeri come risultato.
il motivo di questa contemplazione è il grave problema fattomi ieri presente da r.n. che non esiste una formula chiusa per qualsiasi cosa - dove il concetto di qualsiasi cosa va compreso nella maniera vaga che mi contraddistingue oggi - per il semplice fatto che ci sono una quantità numerabile di formule e sovrannumerabile di cose.
assurdo.
nicolas bourbaki
oggi sono rimasto per l'ennesima volta basito nel contemplare una immensa verità: esistono numeri non computabili; cioé numeri per cui non esiste un algoritmo che abbia codesti numeri come risultato.
il motivo di questa contemplazione è il grave problema fattomi ieri presente da r.n. che non esiste una formula chiusa per qualsiasi cosa - dove il concetto di qualsiasi cosa va compreso nella maniera vaga che mi contraddistingue oggi - per il semplice fatto che ci sono una quantità numerabile di formule e sovrannumerabile di cose.
assurdo.
venerdì, giugno 22, 2007
un calcolo
strano gioco. l'unica mossa vincente é non giocare.
joshua in war games
motivato da una serie di post di Sylvie Coyaud, precisamente questo
e questo, ho deciso di fare un piccolo conto per tentare di rispondere alla domanda: é vero che l'uomo non puó incidere sul clima?
ora facciamo questo conto (tutti i dati sono da wikipedia). la mia assunzione principale che, premetto, é un'approsimazione brutale, é che gli unici scambiatori di calore sulla terra siano l'atmosfera e i mari. in pratica é come se modellassi la terra come una corona sferica con condizioni di neumann al bordo. é poco piú di una curiositá, insomma, a cause di questa approsimazione imprecisa. la massa totale dell'atmosfera é di circa 5.1480×10^18 kg. la capacitá termica la fisso a 0.85 kJ/kg K, una via di mezzo fra la capacitá per trasformazioni isocore e isobare. da un rapido calcolo si ottiene che sono necessari 5x10^18 kJ per aumentare al temperatura dell'aria di 1 grado kelvin. rifaccio lo stesso conto per l'acqua sulla terra: ci sono 1.4 x10^9 km^3 di acqua, cioé 1.4x10^18 m^3, equivalenti a 1.4x10^21 kg di acqua. con 4.18 kJ/kg K si ottengon 5x10^21 kJ per ogni grado kelvin di cui si vogliono riscaldare i mari, che sono, come si vede, il grosso contenitore di calore della terra.
cosa é in grado di fare l'uomo? su nagasaki é stata sganciata una bomba a fissione da 20 kT. 1 kT sono circa 4x10^9 kJ. il 9 agosto 1945 abbiamo quindi rilasciato quindi 10^11 kJ nell'atmosfera, provocandone immediatamente un aumento di temperatura di 0.2x10^-7 gradi kelvin. poco. una moderna bomba ad idrogeno arriva fino a 10 MT, corrispondenti ad un aumento di temperatura dell'aria di 10^-5 gradi kelvin. dopo pochi giorni gli oceani assorbirebbero il calore, che dopo un po' verrebbe riemesso nello spazio interstellare sotto forma di radiazione infrarossa. in caso di una guerra termonucleare globale si potrebbero guadagnare ancora 3 o 4 ordini di grandezza. troppo poco.
quanta energia usa il genere umano? le stime del 2004 parlavano di 432 esajoule, cioé 4 x 10^17 kJ, che si puó supporre finiscano tutti in calore, dopo varie trasformazioni. la quantitá prodotta dall'energia solare, che é l'unica che non incide sul bilancio energetico é trascurabile. questo corrisponde ad un riscaldamento di 0.1 K per anno per l'aria e di 0.0001 K all'anno considerando anche i mari.
per fortuna la terra é in grado di dissipare energia nello spazio tramite radiazione infrarossa, cosiccome di scambiare energia con la crosta terrestre (che peró penso abbia un ruolo marginale) cosicché tutta questa quantitá di calore non si puó accumulare. si instaura, in pratica, una temperatura di equilibrio con lo spazio interstellare, che é tanto piú alta, quanto piú energia viene prodotta sulla terra. tuttavia, a occhio e croce, tale aumento dovuto all'instaurarsi di un equilibrio "piú caldo" lo ritengo molto marginale.
era solo per far vedere che gli ordini di grandezza dell'uomo sono comparabili con quelli della terra...
ps: il fabbisogno energetico cresce di circa il 4% all'anno: questo corrisponde ad un tempo di decuplicamento di 58 anni - potenza della funzione esponenziale. questo conferma la mia idea che la decrescita é l'unica strada...
pps: fra l'altro, allora avró 84 anni e magari potró vedere come va a finire!
joshua in war games
motivato da una serie di post di Sylvie Coyaud, precisamente questo
e questo, ho deciso di fare un piccolo conto per tentare di rispondere alla domanda: é vero che l'uomo non puó incidere sul clima?
ora facciamo questo conto (tutti i dati sono da wikipedia). la mia assunzione principale che, premetto, é un'approsimazione brutale, é che gli unici scambiatori di calore sulla terra siano l'atmosfera e i mari. in pratica é come se modellassi la terra come una corona sferica con condizioni di neumann al bordo. é poco piú di una curiositá, insomma, a cause di questa approsimazione imprecisa. la massa totale dell'atmosfera é di circa 5.1480×10^18 kg. la capacitá termica la fisso a 0.85 kJ/kg K, una via di mezzo fra la capacitá per trasformazioni isocore e isobare. da un rapido calcolo si ottiene che sono necessari 5x10^18 kJ per aumentare al temperatura dell'aria di 1 grado kelvin. rifaccio lo stesso conto per l'acqua sulla terra: ci sono 1.4 x10^9 km^3 di acqua, cioé 1.4x10^18 m^3, equivalenti a 1.4x10^21 kg di acqua. con 4.18 kJ/kg K si ottengon 5x10^21 kJ per ogni grado kelvin di cui si vogliono riscaldare i mari, che sono, come si vede, il grosso contenitore di calore della terra.
cosa é in grado di fare l'uomo? su nagasaki é stata sganciata una bomba a fissione da 20 kT. 1 kT sono circa 4x10^9 kJ. il 9 agosto 1945 abbiamo quindi rilasciato quindi 10^11 kJ nell'atmosfera, provocandone immediatamente un aumento di temperatura di 0.2x10^-7 gradi kelvin. poco. una moderna bomba ad idrogeno arriva fino a 10 MT, corrispondenti ad un aumento di temperatura dell'aria di 10^-5 gradi kelvin. dopo pochi giorni gli oceani assorbirebbero il calore, che dopo un po' verrebbe riemesso nello spazio interstellare sotto forma di radiazione infrarossa. in caso di una guerra termonucleare globale si potrebbero guadagnare ancora 3 o 4 ordini di grandezza. troppo poco.
quanta energia usa il genere umano? le stime del 2004 parlavano di 432 esajoule, cioé 4 x 10^17 kJ, che si puó supporre finiscano tutti in calore, dopo varie trasformazioni. la quantitá prodotta dall'energia solare, che é l'unica che non incide sul bilancio energetico é trascurabile. questo corrisponde ad un riscaldamento di 0.1 K per anno per l'aria e di 0.0001 K all'anno considerando anche i mari.
per fortuna la terra é in grado di dissipare energia nello spazio tramite radiazione infrarossa, cosiccome di scambiare energia con la crosta terrestre (che peró penso abbia un ruolo marginale) cosicché tutta questa quantitá di calore non si puó accumulare. si instaura, in pratica, una temperatura di equilibrio con lo spazio interstellare, che é tanto piú alta, quanto piú energia viene prodotta sulla terra. tuttavia, a occhio e croce, tale aumento dovuto all'instaurarsi di un equilibrio "piú caldo" lo ritengo molto marginale.
era solo per far vedere che gli ordini di grandezza dell'uomo sono comparabili con quelli della terra...
ps: il fabbisogno energetico cresce di circa il 4% all'anno: questo corrisponde ad un tempo di decuplicamento di 58 anni - potenza della funzione esponenziale. questo conferma la mia idea che la decrescita é l'unica strada...
pps: fra l'altro, allora avró 84 anni e magari potró vedere come va a finire!
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domenica, giugno 17, 2007
successioni convergenti
das ist absurd!
un uomo alla stazione di ulma
sabato mi trovavo in quel di blaubeuren per seguire un seminario; quando, all'improvviso, durante la relazione di una ragazza peraltro brava, si materializza quanto io piú temo e abborro: un'unutile dimostrazione per assurdo. abbiamo discusso un po', e alla fine ci siamo pacificamente accordati sull'eliminazione dell'inutile assunzione.
il passo falso in questione riguardava un argomento contenente una divertente caratterizzazione delle successioni convergenti:
Teorema
Una successione ha L come limite se, e solo se, ogni sua sottosuccessione possiede una sottosuccessione che converge a L.
osservato che una direzione dell'equivalenza é banale, andando a casa mi sono chiesto come si dimostra l'altra direzione, e, mentre aspettavo il treno, ho prodotto il primo tentativo.
Dimostrazione 1 (per assurdo)
Si supponga che (x_n) non converga verso L, cioé che ci sia un ulteriore punto di accumulazione della successione, che chiamo L', diverso da L, eventualmente piú o meno infinito. Allora esiste una sottosuccessione (x_p(n))che converge verso L'. Considero adesso una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) che abbia come limite L. Dato che (x_p(n)) converge verso L', allora anche (x_q(p(n))), ma questo é assurdo, qed.
mi sono immediatamente vergognato di aver prodotto una tale dimostrazione per assurdo, dopo aver polemizzato durante il seminario, e quindi mi sono rimesso a leggere racconti notturni di hoffmann, ma con l'idea di espiare le mie colpe appena arrivato a casa, con l'utilizzo dell'ultimo ritrovato tecnologico per matematici: un pezzo di carta.
Dimostrazione 1 (astratta)
Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Bisogna dimostrare che A={L}. si scriva A come l'unione U degli insiemi dei punti di accumulazione di (x_p(n)), al variare di p successioni strettamente crescenti di numeri naturali. É evidente che L é in U. Sia L' un elemento di U. Allora esiste p tali che (x_p(n)) converge verso L'. Si consideri una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) convergente verso L, che esiste per ipotesi. Per l'unicitá del limite, L=L', qed.
non appena ho finito di scrivere questa dimostrazione bourbakistika e barocca ero poco soddisfatto, per la sua intutile complessitá. dopo pochi secondi, fortunatamente, mi sono accorto della dimostrazione "vera".
Dimostrazione 1 (vera)
Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Sia L' in A. Si consideri (x_p(n)))convergente verso L'. Dato (x_p(n)) ha per ipotesi una sottosuccessione convergente verso L, per l'unicitá del limite si ha che L=L', qed.
oggi arrivo all'universitá per scrivere questo giuoco sul blog, e trovo il mio compagno di stanza, r.n.. gli racconto questo divertissement, e lui, subito: "allora certo puoi rispondere ad una mia domanda! vale la caratterizzazione in spazi di hausdorff?"
supponiamo che non valga...
PS: comunque si, si dimostra (senza assurdi) che vale in ogni spazio di hausdorff.
un uomo alla stazione di ulma
sabato mi trovavo in quel di blaubeuren per seguire un seminario; quando, all'improvviso, durante la relazione di una ragazza peraltro brava, si materializza quanto io piú temo e abborro: un'unutile dimostrazione per assurdo. abbiamo discusso un po', e alla fine ci siamo pacificamente accordati sull'eliminazione dell'inutile assunzione.
il passo falso in questione riguardava un argomento contenente una divertente caratterizzazione delle successioni convergenti:
Teorema
Una successione ha L come limite se, e solo se, ogni sua sottosuccessione possiede una sottosuccessione che converge a L.
osservato che una direzione dell'equivalenza é banale, andando a casa mi sono chiesto come si dimostra l'altra direzione, e, mentre aspettavo il treno, ho prodotto il primo tentativo.
Dimostrazione 1 (per assurdo)
Si supponga che (x_n) non converga verso L, cioé che ci sia un ulteriore punto di accumulazione della successione, che chiamo L', diverso da L, eventualmente piú o meno infinito. Allora esiste una sottosuccessione (x_p(n))che converge verso L'. Considero adesso una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) che abbia come limite L. Dato che (x_p(n)) converge verso L', allora anche (x_q(p(n))), ma questo é assurdo, qed.
mi sono immediatamente vergognato di aver prodotto una tale dimostrazione per assurdo, dopo aver polemizzato durante il seminario, e quindi mi sono rimesso a leggere racconti notturni di hoffmann, ma con l'idea di espiare le mie colpe appena arrivato a casa, con l'utilizzo dell'ultimo ritrovato tecnologico per matematici: un pezzo di carta.
Dimostrazione 1 (astratta)
Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Bisogna dimostrare che A={L}. si scriva A come l'unione U degli insiemi dei punti di accumulazione di (x_p(n)), al variare di p successioni strettamente crescenti di numeri naturali. É evidente che L é in U. Sia L' un elemento di U. Allora esiste p tali che (x_p(n)) converge verso L'. Si consideri una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) convergente verso L, che esiste per ipotesi. Per l'unicitá del limite, L=L', qed.
non appena ho finito di scrivere questa dimostrazione bourbakistika e barocca ero poco soddisfatto, per la sua intutile complessitá. dopo pochi secondi, fortunatamente, mi sono accorto della dimostrazione "vera".
Dimostrazione 1 (vera)
Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Sia L' in A. Si consideri (x_p(n)))convergente verso L'. Dato (x_p(n)) ha per ipotesi una sottosuccessione convergente verso L, per l'unicitá del limite si ha che L=L', qed.
oggi arrivo all'universitá per scrivere questo giuoco sul blog, e trovo il mio compagno di stanza, r.n.. gli racconto questo divertissement, e lui, subito: "allora certo puoi rispondere ad una mia domanda! vale la caratterizzazione in spazi di hausdorff?"
supponiamo che non valga...
PS: comunque si, si dimostra (senza assurdi) che vale in ogni spazio di hausdorff.
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venerdì, giugno 15, 2007
sammelsurium
das Wort stammt ursprünglich aus kulinarischem kontext; das niederdeutsche sammelsur, das nach dem gleichen muster wie swartsur gebildet wurde, bedeutet so viel wie "saures gericht aus gesammelten speiseresten".
il mio prof ha tentato di spiegarmi che l'intuiziuone geniale di r.n. e mia é sbagliata, ma non gli credo.
mi sono svegliato alle cinque e trenta per correggere gli esercizi di analisi due.
non mi é piaciuto erzählungen des anatol ludwig stiller.
piove.
vado a sentire un seminario dei tubinghesi a blaubeuren.
non tutti i semigruppi su spazi prodotto sono il prodotto di semigruppi.
mi sono dimenticato il casco per andare in bicicletta.
qualcuno é venuto su questo blog cercando su google "come usare l'aspirapolvere".
manderó qualche foto raccolte nel mio giro della germania.
ho scritto ancora una paginetta sulla diffusione su alberi.
il mio prof ha tentato di spiegarmi che l'intuiziuone geniale di r.n. e mia é sbagliata, ma non gli credo.
mi sono svegliato alle cinque e trenta per correggere gli esercizi di analisi due.
non mi é piaciuto erzählungen des anatol ludwig stiller.
piove.
vado a sentire un seminario dei tubinghesi a blaubeuren.
non tutti i semigruppi su spazi prodotto sono il prodotto di semigruppi.
mi sono dimenticato il casco per andare in bicicletta.
qualcuno é venuto su questo blog cercando su google "come usare l'aspirapolvere".
manderó qualche foto raccolte nel mio giro della germania.
ho scritto ancora una paginetta sulla diffusione su alberi.
giovedì, giugno 14, 2007
sugli isomorfismi nella saggezza popolare
il tempo é denaro
proverbio
qualche tempo fa ero a dresda, e discutevo con una dottoranda in economia della giustezza dell'ipotesi implicita delle scienze economiche, riassumbile in
a od ogni oggetto, astratto o concreto, é attribuibile un valore monetario.
questo ansatz é geniale e diabolico: é un voler ridurre il mondo, un vettore nello spazio di banach di dimensione mostruosamente infinita contenente tutte le possibilitá del reale, ad una sua rappresentazione nel campo dei numeri reali. in altre parole, questi economisti affermano di poter capire come va il mondo guardandone il suo duale.
ancora peggio! essi considerano una sola speciale forma lineare, ovvero quella che associa ad ogni oggetto, che mi permetto di identificare con un sottoinsieme compatto di questo mostruoso spazio di banach, il suo valore in euro.
anyway, il proverbio popolare ci azzecca in pieno: il tempo é anche solitamente rappresentato tramite il campo dei numeri reali, per cui é proprio vero:
il tempo é denaro, a meno di un isomorfismo.
ps: se qualcuno si lamenta, affermando che le forme lineari é meglio pensarle aventi valori nel campo dei numeri complessi, gli ricorderó che la teoria dei semigruppi lineari ci insegna che anche il campo naturale del tempo é quello dei numeri complessi.
proverbio
qualche tempo fa ero a dresda, e discutevo con una dottoranda in economia della giustezza dell'ipotesi implicita delle scienze economiche, riassumbile in
a od ogni oggetto, astratto o concreto, é attribuibile un valore monetario.
questo ansatz é geniale e diabolico: é un voler ridurre il mondo, un vettore nello spazio di banach di dimensione mostruosamente infinita contenente tutte le possibilitá del reale, ad una sua rappresentazione nel campo dei numeri reali. in altre parole, questi economisti affermano di poter capire come va il mondo guardandone il suo duale.
ancora peggio! essi considerano una sola speciale forma lineare, ovvero quella che associa ad ogni oggetto, che mi permetto di identificare con un sottoinsieme compatto di questo mostruoso spazio di banach, il suo valore in euro.
anyway, il proverbio popolare ci azzecca in pieno: il tempo é anche solitamente rappresentato tramite il campo dei numeri reali, per cui é proprio vero:
il tempo é denaro, a meno di un isomorfismo.
ps: se qualcuno si lamenta, affermando che le forme lineari é meglio pensarle aventi valori nel campo dei numeri complessi, gli ricorderó che la teoria dei semigruppi lineari ci insegna che anche il campo naturale del tempo é quello dei numeri complessi.
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lunedì, giugno 11, 2007
aspirapolvere
ein perpetuum mobile zweiter art ist unmöglich
zweiter hauptsatz der termodynamik
quando ero un giovane cucciolo di uomo discutevo spesso con mia madre riguardo l'opportunitá di pulire una casa. fortunamente mia madre non era, e non é, particolarmente ossessionata dall'igiene, ma io ero un ragazzo caotico e interessato solo ai numeri, e, insomma, avevamo qualche incomprensione.
il mio argomento principale era il seguente: il destino finale dell'universo é la morte termodinamica, ergo dobbiamo fare di tutto per ritardarla e, in conclusione, buttare energia per separare la polvere dalla non polvere ha l'unico effetto di accelerare questa ineluttabile morte termodinamica.
ieri sera stavo passando l'aspirapolvere nella mia stanza sulla karlstrasse (che, a proposito, abbandoneró il 1° agosto) quando ho capito il motivo per il quale, scientificamente parlando, il mio argomento era errato.
l'unica fonte di bassa entropia a nostra disposizione é il sole: ci irradia con fotoni ad alta energia che noi rigettiamo nello spazio come radiazione infrarossa. il sole, d'altro canto, ci fornisce codesti fotoni indipendentemente dall'uso che ne facciamo, ed essi, da parte loro, verranno comunque rimandati nello spazio sotto forma di radiazione infrarossa. questo processo non viene minimamente influenzato dal mio usare l'aspirapolvere o meno, che é una variazione puramente locale senza conseguenze per il bilancio globale dell'entropia.
ovviamente c'é un altro argomento che opporró a mia madre al mio ritorno in italia: il risparmio energetico, ovvero come usare efficientemente quella quantitá limitata di fotoni a bassa entropia inviataci dal sole...
zweiter hauptsatz der termodynamik
quando ero un giovane cucciolo di uomo discutevo spesso con mia madre riguardo l'opportunitá di pulire una casa. fortunamente mia madre non era, e non é, particolarmente ossessionata dall'igiene, ma io ero un ragazzo caotico e interessato solo ai numeri, e, insomma, avevamo qualche incomprensione.
il mio argomento principale era il seguente: il destino finale dell'universo é la morte termodinamica, ergo dobbiamo fare di tutto per ritardarla e, in conclusione, buttare energia per separare la polvere dalla non polvere ha l'unico effetto di accelerare questa ineluttabile morte termodinamica.
ieri sera stavo passando l'aspirapolvere nella mia stanza sulla karlstrasse (che, a proposito, abbandoneró il 1° agosto) quando ho capito il motivo per il quale, scientificamente parlando, il mio argomento era errato.
l'unica fonte di bassa entropia a nostra disposizione é il sole: ci irradia con fotoni ad alta energia che noi rigettiamo nello spazio come radiazione infrarossa. il sole, d'altro canto, ci fornisce codesti fotoni indipendentemente dall'uso che ne facciamo, ed essi, da parte loro, verranno comunque rimandati nello spazio sotto forma di radiazione infrarossa. questo processo non viene minimamente influenzato dal mio usare l'aspirapolvere o meno, che é una variazione puramente locale senza conseguenze per il bilancio globale dell'entropia.
ovviamente c'é un altro argomento che opporró a mia madre al mio ritorno in italia: il risparmio energetico, ovvero come usare efficientemente quella quantitá limitata di fotoni a bassa entropia inviataci dal sole...
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domenica, giugno 10, 2007
compiti per casa (I)
ne segue che, ove esiste il riconoscimento legale delle convivenze, le giovani coppie, nel momento di formalizzare la loro unione, si pongano la domanda di quale vincolo prescegliere e che siano obiettivamente portate a preferire quel vincolo che a parità di diritti impone minori doveri.
francesco d'agostino su "avvenire"
ci sono dei giorni in cui ho voglia di scrivere qualcosa, ma non ho in mente un'idea precisa. "avvenire" mi aiuta sempre: basta sfogliare la prima pagina e leggiucchiare qua e la', e immediatamente sará possibile trovare un articolo pieno di errori di logica. veramente salvifico, per giornate come questa.
sopra ho riportato il passo incriminato di questo articolo. cio' che mi disturba é, evidentemente, la seguente frase:
«e che siano obiettivamente portate a preferire quel vincolo che a parità di diritti impone minori doveri».
questo argomento sarebbe logicamente accettabile, se si parlasse di doveri che i coniugi assumono nei confronti di terzi. cio' é peró errato, dato che si parla di doveri che i coniugi assumono uno nei confronti dell'altro.
é un raffinato problema di teoria dei giochi, a dire il vero, infatti la strategia di ognuno dei giocatori condiziona quella dell'avversario, costringendolo ad assumersi piú doveri, assumendosene di piú anch`esso. sarebbe divertente se qualche esperto di teoria dei giochi si cimentasse in una formulazione teorica di un tale problema, e sarei decisamente curioso di vederne i risultati.
francesco d'agostino su "avvenire"
ci sono dei giorni in cui ho voglia di scrivere qualcosa, ma non ho in mente un'idea precisa. "avvenire" mi aiuta sempre: basta sfogliare la prima pagina e leggiucchiare qua e la', e immediatamente sará possibile trovare un articolo pieno di errori di logica. veramente salvifico, per giornate come questa.
sopra ho riportato il passo incriminato di questo articolo. cio' che mi disturba é, evidentemente, la seguente frase:
«e che siano obiettivamente portate a preferire quel vincolo che a parità di diritti impone minori doveri».
questo argomento sarebbe logicamente accettabile, se si parlasse di doveri che i coniugi assumono nei confronti di terzi. cio' é peró errato, dato che si parla di doveri che i coniugi assumono uno nei confronti dell'altro.
é un raffinato problema di teoria dei giochi, a dire il vero, infatti la strategia di ognuno dei giocatori condiziona quella dell'avversario, costringendolo ad assumersi piú doveri, assumendosene di piú anch`esso. sarebbe divertente se qualche esperto di teoria dei giochi si cimentasse in una formulazione teorica di un tale problema, e sarei decisamente curioso di vederne i risultati.
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venerdì, giugno 08, 2007
definizioni
definiscimi una libreria
d.m.
altrettanto che da gödel, sono in questo periodo ossessionato dal concetto di definizione. in particolare mi disurba l'impossibilitá di definire con precisione fabbricati umani. per esempio, non mi pare che sia possibile definire con esattezza il concetto, ad esempio, di "libreria". o di "tavolo". o di qualsiasi altra cosa sia stata prodotta nel mondo fisico dall'uomo.
in realtá, come ho giá fatto notare in precedenza, mi risulta difficile definire con precisione anche oggetti fisici non prodotti dall'uomo. in generale mi irrita non essere in grado di dire la realtá sensibile che mi circonda. non di spiegarla: chiamarla per nome mi risulta giá ostico.
gli unici oggetti della cui definizione possa dirmi soddisfatto sono quelli matematici. forse é per questo che tendo ad attribuire loro una esistenza certa e indubitabile.
d.m.
altrettanto che da gödel, sono in questo periodo ossessionato dal concetto di definizione. in particolare mi disurba l'impossibilitá di definire con precisione fabbricati umani. per esempio, non mi pare che sia possibile definire con esattezza il concetto, ad esempio, di "libreria". o di "tavolo". o di qualsiasi altra cosa sia stata prodotta nel mondo fisico dall'uomo.
in realtá, come ho giá fatto notare in precedenza, mi risulta difficile definire con precisione anche oggetti fisici non prodotti dall'uomo. in generale mi irrita non essere in grado di dire la realtá sensibile che mi circonda. non di spiegarla: chiamarla per nome mi risulta giá ostico.
gli unici oggetti della cui definizione possa dirmi soddisfatto sono quelli matematici. forse é per questo che tendo ad attribuire loro una esistenza certa e indubitabile.
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giovedì, giugno 07, 2007
gödel (II)
there are more things in heaven and earth, horatio,
than are dreamt of in your philosophy.
hamlet
riguardo al teorema di gödel, c'é un`altra questione che mi stupisce, probabilmente perché sono un analista e non un logico.
ogni sistema assiomatico ha evidentemente infinite proposizioni indecidibili. tuttavia, aggiungere una proposizione, o la sua negazione, al sistema assiomatico, restringe immediatamente il campo di queste proposizioni indecidibili. questa operazione é evidentemente associativa, nel senso che il sistema assiomatico A U {p,q} ha lo stesso campo di proposizioni indecidibili che A U {p} U {q}.
in pratica, nonostante si possano aggiungere assiomi uno alla volta, man mano che si trovano nuove proposizioni indecidibili, tuttavia un sistema assiomatico completo - che definisco adesso come il limite di un tale processo - é un insieme e non una successione di assiomi.
than are dreamt of in your philosophy.
hamlet
riguardo al teorema di gödel, c'é un`altra questione che mi stupisce, probabilmente perché sono un analista e non un logico.
ogni sistema assiomatico ha evidentemente infinite proposizioni indecidibili. tuttavia, aggiungere una proposizione, o la sua negazione, al sistema assiomatico, restringe immediatamente il campo di queste proposizioni indecidibili. questa operazione é evidentemente associativa, nel senso che il sistema assiomatico A U {p,q} ha lo stesso campo di proposizioni indecidibili che A U {p} U {q}.
in pratica, nonostante si possano aggiungere assiomi uno alla volta, man mano che si trovano nuove proposizioni indecidibili, tuttavia un sistema assiomatico completo - che definisco adesso come il limite di un tale processo - é un insieme e non una successione di assiomi.
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martedì, giugno 05, 2007
pausa con excursus
di piè' sol temo, non alcun feace mi superi nel corso
odisseo
oggi sono venuto di corsa all'universitá e ho notato ancora una volta un fenomeno che mi affascina. premessa: la strada da casa all'universitá é in salita, e quindi faticosa. seconda premessa: spesso, quando corro, i miei pensieri divagano su ogni possibile tema, non ultimo: la matematica.
in questi momenti di distrazione la fatica si fa sempre sentire con maggiore intensitá. soprattutto quando i miei pensieri sono raffigurazioni precise di altre attivitá, fisiche o meno. come se questo desincronizzasse tutto il programma di corsa presente nel mio cervello.
peraltro, é sufficiente che io mi raffiguri mentalmente l'atto della corsa, insomma, che mi concentri su di essa, per far sparire quella sensazione di lieve fatica.
odisseo
oggi sono venuto di corsa all'universitá e ho notato ancora una volta un fenomeno che mi affascina. premessa: la strada da casa all'universitá é in salita, e quindi faticosa. seconda premessa: spesso, quando corro, i miei pensieri divagano su ogni possibile tema, non ultimo: la matematica.
in questi momenti di distrazione la fatica si fa sempre sentire con maggiore intensitá. soprattutto quando i miei pensieri sono raffigurazioni precise di altre attivitá, fisiche o meno. come se questo desincronizzasse tutto il programma di corsa presente nel mio cervello.
peraltro, é sufficiente che io mi raffiguri mentalmente l'atto della corsa, insomma, che mi concentri su di essa, per far sparire quella sensazione di lieve fatica.
lunedì, giugno 04, 2007
realtá
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.»
Galileo Galilei
in realtá io non sono tanto d'accordo con galileo. pur essendo convinto dell'esistenza oggettiva delle idee matematiche, mi sembra che il mondo non sia scritto in lingua matematica.
il problema, a mio parere, é che non mi pare possibile trovare una definizione univoca per la maggior parte delle entitá fisiche. piú precisamente: quando é possibile trovarla, é molto spesso necessario far perdere a tali oggetti la loro identitá. il mio grave problema é che mi risulta giá quasi impossibile trovare un esempio di numeri naturali nella realtá fisica, che prescinda dalla descrizione matematica di un certo particolare fenomeno.
persino le unitá matematiche di base, i numeri naturali, non hanno rispondenza nella realtá fisica, ma sono puri oggetti matematici, che noi utilizziamo per descrivere questa realtá.
faccio un esempio: l'elettrone. gli esperimenti di doppia fenditura mostrano come non sia possibile pensare ad un elettrone in termini classici. peraltro, é difficile parlare di un singolo elettrone, nel senso che non é possibile localizzarlo con precisione a cause della relazione di indeterminazione. inoltre sappiamo da molti anni che l'unica descrizione matematica dell'elettrone é tramite una funzione d'onda. in pratica, mi sembra illeggittimo parlare di un singolo elettrone - e quindi di n singoli elettroni.
a dire il vero, l'unico momento dove vedo una qualche possibilitá di definire un oggetto singolo, ben separato dalla realtá circostante, é nel caso di un'entitá cosciente. io sono io, e sono benissimo in grado di distinguere ció che sono io, da ció che non sono. questo peró é troppo filosofico per un matematico...
Galileo Galilei
in realtá io non sono tanto d'accordo con galileo. pur essendo convinto dell'esistenza oggettiva delle idee matematiche, mi sembra che il mondo non sia scritto in lingua matematica.
il problema, a mio parere, é che non mi pare possibile trovare una definizione univoca per la maggior parte delle entitá fisiche. piú precisamente: quando é possibile trovarla, é molto spesso necessario far perdere a tali oggetti la loro identitá. il mio grave problema é che mi risulta giá quasi impossibile trovare un esempio di numeri naturali nella realtá fisica, che prescinda dalla descrizione matematica di un certo particolare fenomeno.
persino le unitá matematiche di base, i numeri naturali, non hanno rispondenza nella realtá fisica, ma sono puri oggetti matematici, che noi utilizziamo per descrivere questa realtá.
faccio un esempio: l'elettrone. gli esperimenti di doppia fenditura mostrano come non sia possibile pensare ad un elettrone in termini classici. peraltro, é difficile parlare di un singolo elettrone, nel senso che non é possibile localizzarlo con precisione a cause della relazione di indeterminazione. inoltre sappiamo da molti anni che l'unica descrizione matematica dell'elettrone é tramite una funzione d'onda. in pratica, mi sembra illeggittimo parlare di un singolo elettrone - e quindi di n singoli elettroni.
a dire il vero, l'unico momento dove vedo una qualche possibilitá di definire un oggetto singolo, ben separato dalla realtá circostante, é nel caso di un'entitá cosciente. io sono io, e sono benissimo in grado di distinguere ció che sono io, da ció che non sono. questo peró é troppo filosofico per un matematico...
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sabato, giugno 02, 2007
gödel (I)
Se due linee sono disegnate in modo da intersecarne una terza in modo che la somma degli angoli interni, da un lato, sia minore di due angoli retti, allora le due linee si intersecheranno tra loro dallo stesso lato se sufficientemente prolungate.
euclide
in questo periodo sono ossessionato (di nuovo) dal teorema di incompletezza di gödel.
una delle cose che mi da piú fastidio al riguardo: se ne parla sempre, dichiarando che secondo questo meraviglioso teorema, ci sono proposizioni matematiche vere che non possono essere dimostrate (lascio perdere i dettagli).
ora, questa formulazione é sbagliata. grottenfalsch, direbbero i tedeschi. in matematica é vero solo ció che é dimostrabile. non c'é una definizione di veritá che prescinda da quella di dimostrabilitá.
ció che dice veramente il teorema di gödel é che ci sono proposizioni matematiche che in un dato sistema di assiomi non sono né vere, né false. un esempio semplice: si prendano i primi 4 postulati di euclide. riguardo al sistema assiomatico generato dai primi quattro, il quinto é una proposizione di gödel, nel senso che non é né vero né falso nel sistema matematico generato dai primi quattro postulati. per inciso: cosí sono nate le geometrie non euclidee.
euclide
in questo periodo sono ossessionato (di nuovo) dal teorema di incompletezza di gödel.
una delle cose che mi da piú fastidio al riguardo: se ne parla sempre, dichiarando che secondo questo meraviglioso teorema, ci sono proposizioni matematiche vere che non possono essere dimostrate (lascio perdere i dettagli).
ora, questa formulazione é sbagliata. grottenfalsch, direbbero i tedeschi. in matematica é vero solo ció che é dimostrabile. non c'é una definizione di veritá che prescinda da quella di dimostrabilitá.
ció che dice veramente il teorema di gödel é che ci sono proposizioni matematiche che in un dato sistema di assiomi non sono né vere, né false. un esempio semplice: si prendano i primi 4 postulati di euclide. riguardo al sistema assiomatico generato dai primi quattro, il quinto é una proposizione di gödel, nel senso che non é né vero né falso nel sistema matematico generato dai primi quattro postulati. per inciso: cosí sono nate le geometrie non euclidee.
venerdì, giugno 01, 2007
strutture
schiri, ich stand im abseits
die bild zeitung
la nuova campagna della bild zeitung é geniale. non per l'originalitá dei contenuti, ovviamente. ma per l'omoegeneitá dello stile.
tutti i cartelloni che ho visto fino ad ora ("mutti, du kannst nicht kochen", "chef, sie sind nicht witzig", "schatz, ich habe dich betrogen") hanno una struttura precisissima: riassumbile in *vocativo*, *pronome* *verbo* *oggetto (composto di due parole)*. solo "ja, dein hintern ist zu dick" sfugge a questa ferrea logica populistica.
il mio prof. a tübingen sarebbe felice: dietro il fenomeno si intravede una struttura...
die bild zeitung
la nuova campagna della bild zeitung é geniale. non per l'originalitá dei contenuti, ovviamente. ma per l'omoegeneitá dello stile.
tutti i cartelloni che ho visto fino ad ora ("mutti, du kannst nicht kochen", "chef, sie sind nicht witzig", "schatz, ich habe dich betrogen") hanno una struttura precisissima: riassumbile in *vocativo*, *pronome* *verbo* *oggetto (composto di due parole)*. solo "ja, dein hintern ist zu dick" sfugge a questa ferrea logica populistica.
il mio prof. a tübingen sarebbe felice: dietro il fenomeno si intravede una struttura...
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