lunedì, dicembre 10, 2007

grafi connessi e numerabili

ho scoperto un fenomeno veramente sorprendente. ricordo che un grafo è localmente numerabile se l'insieme di lati che connettono due nodi è numerabile per ogni coppia di nodi. ricordo anche che un grafo è connesso se fra ogni due nodi esiste un cammino di lunghezza finita.

Teorema
Sia G un grafo. Se G è localmente numerabile e connesso, allora G è numerabile.

Dimostrazione
Si fissi un nodo arbitrario v e si definisca V_n l'insieme dei nodi distanti n da v.

A causa della locale numerabilità, V_n stesso è numerabile, e dato che G è connesso, allora

V=\bigcup_{n \in \mathbb N} V_n

è un insieme numerabile in quanto unione numerabile di insiemi numerabili.

Dato che G è localmente numerabile, allora fra ogni due lati ci sono al massimo un insieme numerabile di lati. Quindi G ha al massimo NxNxN lati, e quindi G è numerabile, q.e.d..

domanda di oggi:

Si può usare un argomento simile per dedurre la numerabilità dall'irridicubilità?

secondo me, si.

ps: il concetto di connessione per cammini e di connessione topologica sono equivalenti per un grafo!

martedì, dicembre 04, 2007

vortici extradimensionali

è un'anfora di energia cosmica... ed è puntata contro di me!

crystal


qualche giorno fa, scrivendo la tesi, ho fatto una divertente osservazione riguardante grafi infiniti. partiamo dal caso finito e immaginiamo di avere una stella con un numero finito di punte, cioè un punto da cui si dipartono un numero finito di segmenti. su ognuno di questi segmenti abbiamo un'equazione di schrödinger che governa una funzione d'onda. supponiamo che non ci sia assorbimento ne eccitazione nel punto centrale, cioè che tutti gli elettroni che arrivano al centro possano proseguire.

la cosa migliore per studiare questo problema è scrivere il funzionale dell'energia, che altro non è che l'integrale su tutta la stella del gradiente quadrato della funzione d'onda; alle funzioni sui diversi lati si impone solamente che esista la derivata e che abbiano un valore comune al centro. questo ansatz funziona, e l'operatore associato a questo funzionale dell'energia è quello giusto.

ancora meglio: in questo caso, l'equazione di schödinger ha tutte le proprietà possibili e immaginabili, e, per riassumere in poche parole, è quasi indistinguibile da un'equazione di schrödinger su un dominio. in particolare, se la funzione d'onda è concentrata su un segmento, allora si espanderà in tutti gli altri.

nel caso la stella abbia infiniti lati. accade qualcosa di strano: il nodo centrale si comporta come se fosse imposta una condizione di dirichlet. in pratica, è un buco nero che inghiotte tutti gli elettroni che vengono a trovarsi li.

una spiegazione intuitiva è la seguente: immaginate di essere un elettrone in procinto di attraversare il nodo centrale. per simmetria avete una probabilità identica di passare ad ogni altro lato. dato che i lati sono infiniti, questa identica probabilità è 0, è così venite risucchiati da un vortice extradimensionale. amen.

ps: per altro: così si possono intrappolare funzioni d'onda in un lato prefissato.

lunedì, novembre 26, 2007

ex congettura

an enticing game is to choose the basis so as to make the matrix as simple as possible.

paul halmos

qui avevo formulato una congettura. ebbene, tale congettura è falsa. Infatti vale il seguente lemma:

Lemma

La matrice di incidenza di un grafo è un operatore limitato su l^2 se e solo se il grafo è uniformemente localmente finito.

la dimostrazione è un calcolo semplice in ambo le direzioni (una la devo a d.m.). la cosa divertente è che tutto ciò ha lo stesso aroma del capitolo di "a hilbert space problem book" di halmos, nel capitolo dove discute di matrici infinite. in particolare assomiglia ad un lemma di toeplitz che afferma che se A è un operatore su l^2, allora esiste una rappresentazione matriciale dove ogni colonna contiene solo un numero finito di elementi diversi da 0.

ed anche oggi ho un intrattieni...

giovedì, novembre 08, 2007

componente connessa (I)

quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia!

lorenzo de'medici


in risposta ad un mio amico barese, ecco qua una spiegazione visiva del significato del termine "componente connessa".

immaginiamo di vivere in un arcipelago di isole, collegate tra loro da ponti, ognuno dei quali è percorso da una strada a doppio senso. l'isola dove noi viviamo si chiama aaaahh. un giorno prendiamo la macchina e ci avviamo per il primo ponte che incontriamo, che si chiama uuunnno. per semplicità, supponiamo che l'unica strada interna alle isole sia una litoranea percorribile solo in senso orario, cosicchè esiste un unico primo ponte che si incontra partendo da un qualsiasi punto della strada. prima di attraversare il ponte disegniamo su un foglietto un punto rappresentante l'isola e una linea per il ponte.

attraversiamo questo ponte ed arriviamo su di una seconda isola, l'isola di bbbbee. nuovamente cerchiamo il primo ponte, che chiamiamo ddueeee. potrebbe essere quello da cui siamo appena arrivati, nel caso ci sia un solo ponte per bbbbee. in questo caso facciamo sul nostro foglietto una croce su bbbbee, per segnarci che abbiamo percorso tutti i ponti, e torniamo a aaaahh, a prendere il successivo ponte. nell'altro caso, segniamo sulla carta prendiamo il ponte ddueeee e proseguiamo per andare all'isola di cccì.

li proseguiremo questa operazione in un'ovvia progressione; alla fine avremo solo isole segnate da croci sulla nostra carta: quella che vediamo disegnata è una componente connessa del grafo delle isole.

le altre le possiamo trovare volando con l'aereo su un'altra isola e ricominciando il gioco...

sabato, novembre 03, 2007

buona notte

dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna.

g. leopardi

premesso che non sono costretto a "gettarmi a terra, gridare e fremere" come il buon giacomo (anzi, oggi ho anche rifiutato un invito al rockside della mia graziosa coinquilina), ammetto che ho passato tutta la serata a fare conti.

con questi risultati.

Congettura
La matrice di di incidenza di un grafo è un operatore limitato su l^2 se e solo se il grafo contiene O(k) nodi di grado k.

Dimostrazione
Speriamo domani.

PS: se qualcuno fosse infastidito dalla notazione con O(k): vuol dire semplicemente che il limite superiore del numero dei nodi di grado k diviso k è minore di infinito.

mercoledì, ottobre 31, 2007

implicazioni

l'intelligenza non è misurabile: non esiste

pietro greco dell'unità

ho già discusso di pietro greco, il giornalista scientifico dell'unità. precisamente qui e qui.

oggi decide di affermare qui che l'intelligenza non è misurabile perchè non esiste. ora accetto che lui voglia dimostrare con tutti i mezzi che watson dice cretinate. però bisogna essere giusti e dire che anche greco dice cretinate.

se leggete l'articolo egli ragiona in questa maniera: l'intelligenza non esiste. infatti tutti i tentativi di misurarla con un solo parametro sono falliti. quindi ne deduciamo che non esiste e quindi watson ha torto.

ora, premesso che mi sembra una dimostrazione di questo tipo, mi sembra anche che sia semplicemente sbagliato: l'intelligenza si può misurare; non ha un solo parametro e non è costante nel tempo (come peraltro greco fa giustamente notare nel corso dell'articolo), però esiste ed è misurabile.

ps: a questo proposito segnalo il post di oggi di chris chatham.

lunedì, ottobre 29, 2007

grafi funzionali (II)

qui consideravo la possibilità di associare ad un grafo una funzione bilineare su un qualche spazio ancora da identificare. il problema nel risolvere questo esercizio è che non è possibile scegliere l'insieme potenza di V corredato dell'operazione di unione, dato che in tal caso la matrice di adiacenza induce una forma sublineare.

ecco una possibilità: si consideri un insieme di punti V e l'insieme delle funzioni definite su V e assumenti valori nei numeri naturali che denoto


C(V):=\{f: V \to N\}


si noti che ad ognunga di queste funzioni si può canonicamente associare un sottoinsieme pesato di V. il peso di ogni punto è pari al valore assunto dalla funzione nel punto.

si consideri adesso la matrice delle adiacenze A di un grafo G avente come insieme di vertici V. si consideri la funzione F: C(V) x C(V) --> N definita specificando i suoi valori sugli elementi della base canonica


F(u,v)=a_{uv}, \qquad u,v \in V


per costruzione F è bilinerare, se non ho fatto errori.

fissata F, esiste un grafo che induce F?

venerdì, ottobre 26, 2007

grafi funzionali (I)

convergenze parallele è un'espressione tipica della lingua italiana, e in particolare del lessico politico o politichese.

wikipedia


oggi ho ricominciato a lavorare alla mia tesi e ho aggiunto un paragrafo sui diversi formalismi possibili quando si parla di grafi.

uno dei formalismi più utili, se non si ritiene necessario numerare i lati, è quello che considera la matrice delle adiacenze A che è definita ponendo a_{ij}=1 se e solo se un lato va dal vertice i a quello j e 0 altrimenti.

se consideriamo un grafo semplice, cioè senza lati multipli, allora è facile vedere che questa matrice di adiacenza è identificabile con una funzione F a valori booleani definita sull'insieme dei vertici V dalla relazione

F(i,j):=a_{ij}, \qquad i,j \in V

si vede che questo formalismo si estende senza difficoltà al caso in cui il grafo abbia lati mutlipli se si concede a F di assumere valori nei naturali. ora però voglio estenderlo un po' di più. voglio sostituire vertici i e j con sottoinsiemi I e J dell'insieme dei vertici V. è facile farlo. si definisca F(I,J) come il numero dei vertici che congiungono un qualsiasi elemento di I a un qualsiasi elemento di J. in formule

F(I,J):= \sum_{i \in I}\sum_{j\in J} F(i,j)

sarebbe bello che F fosse lineare rispetto alla somma definita tramite l'unione di sottoinsiemi. solo che non lo è: è solo subilineare. e quindi questo tentativo di definire una forma sesqulineare discreta sullo spazio delle configurazioni di punti fallisce miseramente.

giovedì, ottobre 25, 2007

random neurons (I)

gott würfelt nicht

albert einstein


martedì ho tenuto il seminario conclusivo del mio soggiorno a freiburgo. mi è piaciuto molto questo periodo qui e cerco quindi di spiegare cosa ho imparato. così spiego anche cosa intendevo in questo post.

l'ipotesi zero è che i neuroni scarichino potenziali d'azione in maniera casuale. l'obbiettivo finale è di scoprire tramite registrazioni di serie di potenziali d'azione provenienti contemporaneamente da diversi neuroni quali sono le carrateristiche statistiche dei neuroni singoli.

il modello matematico che scegliamo per un singolo neurone è quello di un processo di rinnovamento: ogni neurone singolo viene identificato con una successione di variabili aleatorie (X_i)_{i \in N} che rapprestano i tempi intercorrenti fra potenziali d'azioni successivi. si suppone che tali variabili siano indipendenti e identicamente distribuite.

ciò che si osserva nelle immagini che ho linkato sopra è allora nient'altro che una realizzazione della successione (S_n)_{n \in N} di variabili casuali che definisco tramite

S_n:=\sum_{i=1}^n X_i

si noti che abbiamo implicitamente posto l'origine del riferimento temporale coincidente col primo potenziale d'azione: quindi, S_n non è altro che il tempo a cui si registra l'n+1esimo potenziale d'azione.

una grandezza fondamentale per tale successione è la funzione di rinnovamento H che è definita ponendo H(t) uguale al valore atteso del numero dei potenziali d'azione registrati fino a t. indicando con N_t il numero di potenziali d'azione registrati nella nostra particolare realizzazione, si scrive in formule

H(t):= E(N_t)

si noti che N_t è essa stessa, per ogni t, una variabile aleatoria, e quindi se ne possono prendere K diverse copie indipendenti, ognuna che possiamo identificare con un singolo neurone di quelli che fanno parte della popolazione che abbiamo registrato. volendo possiamo assegnare ad ogni neurone un'etichetta, diciamo k, per distinguerli l'uno dall'altro. per cui le variabili aleatorie in questione diventano N^k_t.

in uno dei prossimi post mi propongo di dimostrare l'utile e facile formula

H(t)=\lim_{K \to \infty} \sum_{k=1}^K \frac{N^k_t}{k}

di interpretarla e di trarne qualche interessante conseguenza.

mercoledì, ottobre 24, 2007

ghiaccio

la desertificazione è il processo di degradazione del suolo causato da numerosi fattori, tra cui variazioni climatiche e attività umane.

wikipedia


prendendo spunto da questa discussione facciamo un conto che risponda a questa domanda: verremo sommersi dai ghiacci dell'antardide? per rispondere a questa domanda è necessario risolvere questo semplice esercizio:

Esercizio

Si stimi l'innalzamento degli oceani osservabile nel caso del riscaldamento di 1°C dell'atmosfera.

Si utilizzino le costanti presentu su Wikipedia.

Soluzione

Passo 1

Dato che la terra è approssimativamente in equilibrio termico si può cominciare stimando al rialzo la quantità di calore necessaria per ottenere l'innalzamento di 1°C delle calotte polari. Le calotte polari e tuti i ghiacciai contengono 25x10^6 Km^3 di ghiaccio. Supponiamo che si trovino tutte in antartide; 25x10^6 Km^3 corrispondono a un po' meno di 2.5x10^22 grammi di acqua. A circa 4 J per grado per grammo si ottengono 10^23 joule necessari per ottenere questo riscaldamento.

Passo 2

Supponiamo adesso che tutto questo calore destinato alla massa di ghiaccio non venga utilizzato equamente per riscaldare le molecole, ciascuna secondo la sua temperatura, ma vengano utilizzate tutte per sciogliere il ghiaccio che si trova a zero gradi, ciò che vengano utilizzate tutte per superare l'energia latente del ghiaccio. Il calore latente dell'acqua è 3.35x10^2 J per grammo. Cosicchè si ottiene che possiamo scogliere 3x10^20 grammi di ghiaccio, che corrispondono a circa 3x10^4 chilometri cubi di ghiacci.

Passo 3

Dividiamo adesso questi chilometri cubi di ghiaccio per la superficie degli oceani: 3x10^8 Km^2. Come vi vede subito, si ottengono 10^-4 Km di innalzamento del livello dei mari per ogni grado di innalzamento.

cosa abbiamo calcolato? che per ogni grado di cui la temperatura si alza, il livello del mare si può alzare al massimo di 10 cm. si noti che abbiamo fatto tutti i conti in abbondante vantaggio di stabilità. c'è da preoccuparsi? si noti che per ottenere un innalzamento di 1 metro, che non riuscirebbe nemmeno a sommergere tutto il lungomare di bari, sarebbe necessario un innalzamento della temperatura di 10 gradi (dieci!) centigradi. sempre in questo calcolo dove abbiamo approssimato tutto a favore dei catastrofisti...

il vero problema del riscaldamento globale non è lo scioglimento dei ghiacci, ma la desertificazione, che però, come spiega wiki, spesso ha origine dallo sfruttamento intensivo della popolazione che si stabilisce nel territorio per coltivarlo oppure dalle necessità industriali e di utilizzo per il pascolo.

specifico: non sono contro kyoto o per il petrolio o il nucleare, anzi! solo che preferisco si parli delle cose così come stanno. o perlomeno che si cerchi di ragionarci. soprattutto vedendo cosa siamo riusciti ad affermare nel passato...

ps: ho già fatto un calcolo del genere, una volta...

lunedì, ottobre 22, 2007

delusioni

prima di tutto dobbiamo guardarci dal credere, trascinando così la nostra anima in questa opinione, che non ci sia alcun ragionamento sano. piuttosto, dobbiamo credere che siamo noi a non essere sani; proprio per questo, però, dobbiamo farci coraggio e impegnarci con tutte le forze per diventare sani

socrate


consiglio di leggere tutto il passo in questione del fedone; si trova un po' dopo la metà, quando socrate incomincia a rispondere a simmia e cebete (90-91).

socrate spiega perchè si diventa avversi ai ragionamenti; come spesso ci si affida prematuramente agli uomini, così ci si affida anche prematuramente a ragionamenti, rimanendo poi profondamente delusi se essi si rivelano fallaci. e conclude spiegando che ciò porta a diventare "odiatori di ragionamenti".

che poi è la stessa terribile sensazione che si prova quando qualcuno ti fa vedere che la tua dimostrazione era sbagliata...

venerdì, ottobre 19, 2007

apologia

meglio tardi che mai

mio nonno


la matematica è una cosa strana: m si studia per anni e anni un argomento, e non si capisce mai quale ne sia il senso, e lo si disprezza, e ci si dice "si, dovrei studiare anche questo", ma non se ne ha voglia e si cerca di evitare.

fino a quando, un giorno, d'improvviso, mentre si cerca di dimostrare un risultato per la densità spettrale di sequenze di potenziali d'azioni, si viene fulminati dal vero significato della vita.

in questo caso, delle variabili aleatorie.

consideriamo un insieme finito di numeri reali A=(a_1, ... , a_k). si definisca adesso una successione tramite

x_n:= a_{n{\rm mod}k}, \qquad n \in \mathbb N

in pratica percorriamo tutti gli a_j dal primo all'ultimo, e poi ricominciamo. è evidente che tale successione non converge: ha esattamente k punti di accumulazione. tuttavia, se consideriamo il limite secondo cesaro, di cui ho parlato anche l'ultima volta, allora si vede subito che

\lim^C_{n\to \infty} x_n= \frac{1}{k}\sum_{j=1}^k a_j

in realtà, si vede subito che non è necessario definire la successione in tale maniera artificiosa. come prima generalizzazione si scelga ad ogni "giro" un nuovo ordine in cui vengono assunti i valori. si vede, quindi, che è possibile definirla in una maniera arbitraria, purchè la densità relativa che i valori valori a_j sia uguale. se le densità sono diverse (si noti che non ho ancora definito cos'è questa densità e che non lo farò), allora il limite secondo cesaro altro non sarà che una media pesata, dove il peso altro non è che la densità del valore in questione.

ora, supponiamo di non volerci fissare su una specifica, per quanto arbitraria, scelta dell'ordine dei valori assunti dalla successione. vogliamo lasciare la massima libertà, e scegliere una successione in maniera in parte algoritmica cioè deterministica, e in parte casuale, cioè stocastica.

per ogni n scegliamo un numero a caso fra gli elementi di A, purchè alla fine (per n grande) siano rispettate le densità relative. cosa abbiamo fatto? non abbiamo fatto altro che definire una successione indipendente di variabili aleatorie X, ognuna di esse avente la seguente distribuzione: con probabilità p_j pari alla densità del numero in questione, viene assunto il valore a_j.

per capire la connessione tra limite secondo cesaro e il valore atteso si consideri ogni successione scelta secondo tale algoritmo come una particolare realizzazione di questa successione di variabili aleatorie. il limite secondo cesaro di tale realizzazione esiste ed è uguale al valore atteso della variabile aleatoria. cioè, indicando con X tale variabile aleatoria,

\lim^C_{n\to \infty} x_n=E(X)

qua si vede il vantaggio dell'approccio stocastico: non è necessario fermarsi a variabili aleatorie a valori in un insieme finito, o numerabile. si può assumere che la variabile aleatoria abbia valori reali. e mentre nel caso numerabile sarebbe possibile definire la successione in questione in maniera algoritmica, dato che è possibile assegnare ad ogni valore che può assumere X una densità finita maggiore di 0, ciò diventa impossibile nel caso continuo, rendendo necessario il ricorso al concetto di variabile aleatoria.

prima o poi devo spiegare cosa ha che fare tutto ciò con la densità spettrale di una popolazione neuronale.

martedì, ottobre 16, 2007

sinapsi, catene di markov multiple e limiti secondo cesaro

i have never done anything 'useful'. no discovery of mine has made, or is likely to make, directly or indirectly, for good or ill, the least difference to the amenity of the world

g. h. hardy


in questi giorni discutevo con un ragazzo di friburgo, che sta studiando un modello di sinapsi per il riconoscimento locale di correlazioni. fra gli altri problemi che deve risolvere, me ne ha presentato uno, per lui statistico, per me di analisi funzionale, che vi presento in una forma lievemente modificata.

il nostro scenario è il seguente: ci sono una certa quantità di particelle che si muovono in uno spazio-tempo discreto. ad ogni step temporale si muovono dallo stato i allo stato j con probabilità a_{ij}. con questi a_{ij} si può formare una matrice, detta matrice di transizione. la nostra situazione è però un po' più complicata. ad ogni step temporale, si sceglie la matrice di transizione da un insieme di M matrici transizione, secondo un certo vettore di probabilità p=(p_k). per comodità diamo un nome a queste matrici di transizione

A_k:=(a^k_{ij})_{i,j=1,\ldots,N}, \qquad k=1,\ldots,M

la domanda che ci poniamo: esiste, ed in che senso, una distribuzione limite delle particelle? più precisamente ci si chiede se il limite

\lim_{t \to \infty}{\mathrm Prob_t}(x \in j)

esista ed a che condizioni.

se avessimo a che fare con una singola matrice di transizione, assumendo che essa sia primitiva, cioè che le sue potenze convergano ad una proiezione unidimensionale, cioè che l'unico autovalore sul cerchio unitario sia 1 e che abbia dimensione dell'autospazio relativo pari a 1, allora si dimostra facilmente che la probabilità che una particella x si trovi nello stato j converge verso

{\mathrm Prob}_\infty (x \in j)= \frac{v_j}{||v||_1}

qui v è uno qualsiasi degli autovettori nell'autospazio relativo all'autovalore 1. si potrebbe dunque pensare che nel caso di M matrici di transizione il tutto si comporti come se la matrice di transizione fosse

A:= \sum_{k=1}^M p_k A_k

qui p è il vettore di probabilità le cui componenti p_k sono le probabilità con cui A_k viene scelta in uno step temporale.

simulando al computer (per un numero alto ma fisso di particelle e di iterazioni) questo sistema dinamico discreto abbiamo subito notato che non erà così, ma che lo era solo se si faceva la media di varie simulazioni. mentro ero in bicicletta ho capito perchè: facendo la media su varie simulazioni non facevamo altro che passare dal limite della distribuzione di probabilità, che evidentemente non esiste a a causa delle oscillazioni dovute al passare da una catena di markov all'altra, al limite secondo cesaro che, altrettanto ovviamente, esiste.

la cosa più divertente è che quando ho tentato di spiegare al mio collega, fisico, che stavamo tentando di calcolare un limite che non esiste, lui non riusciva a capacitarsi di questo fenomeno...

venerdì, ottobre 12, 2007

baden (II)

si scopron le tombe, si levano i morti,
i martiri nostri, son tutti risorti,
le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
la fiamma ed il nome, d'italia sul cuor

inno di garibaldi




una foto dal siegesdenkmal di freiburg.

maledetti prussiani! come hanno osato respingere gli attacchi di bourbaki!

che sia un segno del destino che mi dice di fermarmi qui?

vuoto temporale

dove andiamo noi, non c'è bisogno di strade

e. l. "doc" brown


al momento sto studiando la teoria dei processi di rinnovamento, cioè la teoria che si occupa di modellare il ricorrere di eventi quando il tempo che intercorre fra un evento e l'altro è determinato da una variabile aleatoria.

ciò che ci fanno i neuroscienziati è
1) approssimare la serie dei potenziali di azione di un neurone tramite un processo di rinnovamento,
2) sovrappore le serie provenienti da vari neuroni dopo averli resi statisticamente dipendenti, e
3) tentare di sviluppare metodi statistici per districare le dipendenze osservando il processo sovrapposto.

tutto ciò viene fatto in via teorica, con l'idea di applicarlo, appena il metodo funzionerà, come metodo per verificare quanto i neuroni si discostino dall'ipotesi zero di un banale generatore casuale di potenziali d'azione.

questa settimana non ho fatto altro che tentare di orientarmi nella giungla di pubblicazioni, e ho scoperto una cosa veramente divertente; si comincia nel 1948, quando willi k. feller pubblica un articolo dal titolo "fluctuation theory of recurrent events" che tratta il caso di un tempo discretizzato.

dopodicchè tutto il mondo sembra voler estendere ad ogni caso possibile la teoria di feller (che, a proposito, doveva essere uno mica male). fino a quando, nel 1976, un matematico russo, b. a. sevastyanov, pubblica un survey.

poi per dieci anni, sembra non accadere nulla, fino a quando tutto il campo non si rianima in un contesto completamente diverso.

o io non ho capito niente, com'è probabile dato che sono nuovo del campo, oppure è molto divertente...

ps: solo ora mi accorgo che qui avevo già citato cox e miller (1965), il quale cox, a sua volta, è l'idolo dei neuroscienziati locali.

mercoledì, ottobre 10, 2007

l'ultima crociata

guarda, ci sono molti tipi di dimostrazione. uno di essi è un metodo a cascata, in cui parti da un numero e riesci a proseguire per tutti i numeri naturali.

p. milella


giusto per portare acqua al mio mulino: gowers fa notare che una dimostrazione índuttiva sui numeri naturali può sempre essere trasformata in una dimostrazione per assurdo.

io vado un po' più in la: dico che la dimostrazione giusta è quella induttiva, e che quella per assurdo è solo una complicazione inutile. e questo perchè una dimostrazione induttiva ha sempre nascosto dentro di se un algoritmo, a differenza di quella per assurdo.

martedì, ottobre 09, 2007

forme sesquilineari (I)

in mathematics you don’t understand things. you just get used to them.

j. von neumann


john von neumann mi diviene sempre più simpatico, col passare del tempo. e dire che non l'ho mai amato nella mia fanciullezza. per il progetto manhattan e quelle storie lì, s'intende.

cerco, dunque, di "get used" al concetto di forma sesquilineare, dopo due anni di dottorato passati a lavorarci. partiamo considerando un hamiltoniano H di un sistema quantistico. questo hamiltoniano avrà degli autovalori, se è stato fornito delle giuste condizioni al bordo. ogni buon fisico sa che tali autovalori sono le energie che può possedere il sistema quantistico quando viene osservato.

matematicamente, non c`è nessun motivo preciso per considerare le energie solo di un sistema osservato; in generale, l'energia contenuta da una funzione d'onda la posso definire tramite la dualità dello spazio di hilbert dove sto lavorando come

E(\psi):=\langle H \psi \mid \psi \rangle

astraendo ancora di più, dato che sappiamo che il sistema si "muove" nella direzione dell'hamiltoniano, possiamo dire con un abuso di terminologia che i puristi mi perdoneranno, che la quantità di moto del sistema, che deve essere quindi un vettore dello spazio di hilbert, è dato dall'hamiltoniano applicato al sistema stesso.

non sto affermando che l'operatore quantistico della quantità di moto sia l'hamiltoniano! sto solo affermando la tautologia che la direzione e velocità del sistema dinamico definito dall'equazione di schödinger

i\frac{d}{dt}{\psi}(t)= H\psi(t)

possa essere identificata da H&psi(t), a meno di una moltiplicazione con uno scalare. la qual cosa, ripeto, è una tautologia. quello che mi interessa, in questo momento, è identificare il vettore H&psi(t).

per il teorema di rappresentazione di riesz possiamo identificare questo vettore nello spazio di hilbert, osservandone il prodotto scalare con gli altri vettori. chiamando dunque Q(&psi,&phi) la quantità di moto dello stato &psi nella direzione &phi si ottiene

Q(\psi, \phi):= \langle H \psi \mid \phi \rangle

Q è allora la nostra "applicazione della quantità di moto". il prossimo passo è quello di definire le proprietà essenziali di questa applicazione della quantità di moto Q che abbiamo appena definito. ogni applicazione avente tale proprietà definisce una forma sesquilineare per cui è possibile sviluppare una teoria unificata e coerente.

ma non oggi.

lunedì, ottobre 08, 2007

corsi e ricorsi

meditate gente, meditate!

renzo arbore


trascrivo l'indice di "Lectures on Theoretical Physics", H. A. Lorentz, Princeton University Press, 1927.

Aether theories and aether models

I. Aberration of Light
1. Stoke's Theory: The Earth drags the Surrounding Aether.
2. Velocity Potential in an Incompressible Aether.
3. Planck's Theory: Compressible Aether.
4. Fresnel's Theory: Fixed Aether.
5. Dragging Coefficient.
6. Theory of Aberration.
7. Michelson's Experiment.
8. Contraction in the Direction of Motion.

II. Mechanical Aether Theories

et cetera et cetera...

ovviamente non voglio prendermi gioco di h. a. lorentz, premio nobel per la fisica nel 1902. solo: ciò di cui allora era normale parlare ci sembra oggi una assurdità infantile...

il testo è preso dal progetto gutenberg, se interessa.

domenica, ottobre 07, 2007

dall´analogico al digitale all´analogico (II)

nec procul afuerunt telluris margine summae:
hic, ne deficeret, metuens avidusque videndi
flexit amans oculos, et protinus illa relapsa est.

publio ovidio nasone

qui a friburgo sono nuovamente affascinato dalle neuroscienze; torno allora su un tema che ho già trattato in passato.

uno dei miei argomenti preferiti per giustificare il passaggio dello studio delle reti neurali come sistemi dinamici continui alle reti di spiking neurons si basa sulle equazioni di fitzhugh-nagumo, d'ora in poi fn. sono una semplificazione fenomenologica delle equazioni di hodgkin-huxley, che descrivono con ammirevole precisione il comportamento elettrico delle membrane dei neuroni. il modello fn è particolarmente istruttivo, perchè, se si tralascia l'accoppiamento del voltaggio con la variabile di recupero, che gli conferisce un carattere "periodico", permettono di capire esattamente il significato del concetto di soglia in un sistema dinamico.

le fn, private dell'accoppiamento con la variabile di recupero, hanno la forma

\left\{\begin{array}{rcl}y'(t)&=&-y(t)(y(t)-T)(y(t)-A), \\y(0)&=&y_0.\end{array}\right\.

qui T denota la soglia e A l'ampiezza per motivi che spiego immediatamente: sostituendo a y_0 i valori 0,T,A, si vede che essi sono punti stazionari. d'altra parte y' è minore di 0 per valori maggiori di A, oppure fra 0 e T, maggiore di 0 per valori fra T e A oppure per valori minori di 0. dato che le soluzioni di un sistema dinamico non possono incrociarsi per il teorema di picard-lindelöf, ne consegue che la soluzione converge ad A (l'ampiezza!) per dati iniziali maggiori di T (la soglia!) e converge a 0 per valori iniziali minori di T.

detto in altre parole, il sistema dinamico associato all'equazione di cui sopra non è altro che un dispositio che trasforma un segnale analogico (il dato iniziale scelto in R) in un segnale digitale (il valore a cui converge la soluzione scelto in {0,A}). è possibile, inoltre, accelerare o rallentare questo dispositivo aggiungendo un fattore V, rispettivamente maggiore o minore di 1, davanti al lato destro dell'equazione. questa è un'ottima giustificazione, a mio parere, per considerare le reti neurali di spiking neurons una buona approssimazione di quellie rappresentate da sistemi dinamici continui. inoltre è anche un buon esempio di come ottenere buona positura globale per un'equazione differenziale ordinaria che abbia un lato destro non globalmente lipschitziano.

qualche considerazione, adesso, sul concetto astratto di soglia; per esprimersi con precisione, bisognerebbe dire che A è un punto fisso dell'equazione, con bacino di attrazione (T,\infty). da qui si può generalizzare il concetto di soglia, definendo la soglia di un punto fisso di un sistema dinamico come il bordo del suo bacino di attrazione.

questa erkenntnis sicuramente non è nuova, come la maggior parte delle mie illuminazioni. tuttavia mi riservo di tornare sull'argomento, magari con qualche riflessione sui cicli limite e onde viaggianti...

venerdì, ottobre 05, 2007

semafori

gullit è come cervo che esce di foresta

v. boskov

ieri ho avuto un'illuminazione, mentre seguivo un talk sui potenziali locali di campo nel cervello. eccovela qua, fresca di lampadina:

un circuito elettrico è come un semaforo ideale: quando diventa verde, tutte le cariche si muovon insieme.

che poi mi ricorda la recensione di un cortometraggio che non son riuscito a vedere al platform nobudget di tübingen. era su un tipo che voleva spiegare al mondo come coordinarsi per essere come un circuito elettrico.

mercoledì, ottobre 03, 2007

baden (I)

i want to ride my bike

the queen


questa città di freiburg ha qualcosa di inquietante: il numero abnorme di biciclette. ci sono (di gran lunga) più biciclette che macchine. ci sono strade riservate alla biciclette. non piste ciclabili, ma strade riservate alle biciclette. oppure promiscue con le macchine, dove però le macchine hanno il limite di 20 km/h. è vero che la città è piatta, e quindi si presta. però è qusi eccessivo.

la seconda cosa inquietante: la mole della pagina di wiki. certe cose mi rendono le città immediatamente simpatiche. e se sfogliate un po' l'articolo noterete che ci sono molti articoli correlati.

una cosa bella è l'accento: lento, un po' come in svizzera, piacevole e tranquillo e senza eccessi di sch...

lunedì, ottobre 01, 2007

fantasia al potere

musa, quell'uom di multiforme ingegno dimmi

i. pindemonte


solo per lodare un ragazzo di nome frank endler che, annoiato dal materiale scadente che riceveva per i suoi esperimenti di elettrofisiologia, ha deciso di scrivere un software che gli permette di usare delle schede sonore commerciali al posto dei carissimi, quanto inefficienti, apparecchi ricevuti.

sabato, settembre 29, 2007

a rat is a rat is not a cat

you have a lot of data. what will you do with it?

i. segev


di ritorno dal (bellissimo) BCCN symposium in göttingen ci sono molte cose di cui vorrei parlare. di alcune capisco di più, di altre di meno.

il blue brain project, ad esempio, qui su wiki. ne ho già parlato in passato, con qualche in precisione.

un breve resumé: un gruppo di scienziati ha deciso di provare a simulare un'intera colonna corticale di un cervello di topo, neurone per neurone. il tutto in maniera biologicamente realistica; il tutto verrà implementato su migliaia di processori paralleli, ognuno dedicato alla simulazione di un singolo neurone.

uno delle menti pensanti del progetto, idan segev , è venuto a tenere la conferenza inaugurale del symposium, dicendo molte cose interessanti; quasi più interessante ancora, ne è stata la discussione che ne è seguita. provo a fare un rapido riassunto delle sue idee e delle sue critiche.

un utilizzo evidente del blue brain è quello di avere una colonna cerebrale accessibile; sia negli esperimenti in vitro che (ancora peggio) in quelli in vivo, è evidentemente impossibile, o, per lo meno, dispendioso registrare una tale quantità di neuroni. inoltre non è possibile manipolarne direttamente i parametri. il blue brain offrirà ambedue queste possibilità. da questo punto di vista è innegabilmente un grande progresso.

d'altra parte, ci sono molte critiche che si possono fare al progetto. la prima, che ci sia troppo entusiasmo attorno a questo progetto. la seconda è che un dispendio di energie (e di fondi!) che porteranno ad un ulteriore accumulo di dati; quello che manca, diceva giustamente idan segev è un modello, e non i dati. tuttavia non si vede come il blue brain possa collaborare ad un modello.

io, personalmente e da esterno, vedo più i vantaggi degli svantaggi. ho talvolta l'impressione che ci sia un po' di scetticismo da bastian contrari nel mondo delle neuroscienze nei confronti di segev, e infatti i più giovani sono principalmente entusiasti.

tuttavia, vi dovesse capitare, non perdetevi un talk di segev, che è un genio.

giovedì, settembre 20, 2007

uccelli

volano gli uccelli volano

franco battiato


mentre camminavo dietro al duomo di ulm ho visto oggi uno stormo di uccelli; volavano a V; una V un po' asimmetrica, a dire il vero, ma pur sempre una V.

"perchè gli uccelli volano a V?" mi chiedevo; la risposta è: "serve a risparmiare energie nel volo." c'è qualcosa, tuttavia, che non quadra in questo ragionamento.

proviamo a riformulare questo ragionamento in maniera genuinamente evoluzionista. gli uccelli volano a V perchè è iscritto nel loro istinto (la necessità); la loro specie è stata in più sottoposta ad una pressione selettiva (il caso) che ha portato a iscrivere nel loro istinto (in qualche maniera estremamente difficile da decifrare) il fatto che volino a V. questo per esprimersi in maniera evoluzinista fino in fondo, dicevo.

tuttavia, questa spiegazione mi pare abbia un limite; è vero che la formazione a V possiede dei vantaggi; purtuttavia sono vantaggi minimi (immagino siano minimi, ma non penso si possa calcolare) rispetto ad altre formazioni, ad esempio la doppia fila. è tanto forte la pressione selettiva da riuscire a forzare un comportamento in maniera trasversale fra così tante specie? non mi soddisfa.

ciò che abbiamo escluso da questo ragionamento è la possibilità di ascrivere a tali uccelli una forma di intelligenza, o perlomeno di coscienza, più elevata di quanto si faccia normalmente, che permetta loro di sfuggire alle catene dell'istinto.

in realtà mi sembra più ragionevole supporre che la pressione selettiva faccia emergere un tanto di coscienza che permette ad un uccello di distinguere che volare a V è meno faticoso che volare in doppia fila, permettendoli così di scegliere di volare a V. libero arbitrio?

messo così l'evoluzionismo mi sembra come il capitalismo, che contiene in se stesso il germe della propria distruzione.

sabato, agosto 18, 2007

machineries

hat der alte hexenmeister
sich doch einmal wegbegeben!
und nun sollen seine geister
auch nach meinem willen leben.

der zauberlehrling


chris chatham segnala questa interessante intervista con steve grand. qualche riflessione sparsa.

strumenti

come spiega bene steve grand, viviamo in un mondo simulato, e siamo coscienti di questa simulazione - anche se non sempre del fatto che è una simulazione. una delle conseguenze di questo dato di fatto abbastanza sconcertante è la disposizione tipicamente umana a costruire strumenti. questi strumenti, infatti, permettono di controllare la realtà, permettendo al possessore dello strumento di risolvere, almeno parzialmente, uno dei grandi problemi dell'essere coscienti della propria simulazione: cioè eventuali discrepanze che si verificano fra quanto noi avevamo simulato nel futuro ed il feedback fornito dalla realtà.

platonismo

questa passione per lo strumento si trasferisce anche in altri campi. quello in cui sono più esperto e quello matematico, e di questo scrivo. teoremi, lemmi e teorie altro non sono, in questo contesto, altro che strumenti astratti che permettono di tenere sotto controllo un mondo non fisico. piccola osservazione: così come nel mondo reale ci si da delle regole per costruire degli strumenti, in maniera tale che essi siano adoperabili da tutti (chi sa il tedesco dia un'occhiata qui), anche nella matematica si è scelto un certo sistema di notazioni e di assiomi standard che permettono a tutti di comprendersi, cosicchè è possibile intraprendere esplorazioni di gruppo - "mathematical stories" è il termine che usa terence tao. questo concetto dell'esplorazione mi è caro: mi permette di dare un significato platonistico all'idea del teorema come strumento.

algoritmi

un posto di particolare rilievo in questa visione del mondo lo hanno gli algoritmi, in cui la natura strumentale del teorema è immediatamente visibile. d'altra parte si corre anche il rischio di considerare strumenti matematici genuini solo gli algoritmi, o, più in generale, espressioni finite, dimenticando l'utilità "esplorativa" di strumenti più astratti. il punto di vista speculare è la tendenza tipica dei matematici astratti ad essere spaventati da calcoli e stime, paura che può spingere persino al rifiutare come matematica corretta il risultato di tali calcoli e stime - bourbaki è un dinosauro la cui testa è troppo lontana dalla coda, si dice abbia detto cartier.

sabato, agosto 11, 2007

rette

data una retta ed un punto esterno ad essa esiste un'unica retta parallela passante per detto punto.

euclide


a scuola ci è stato insegnato che presi due punti distinti dello spazio, esiste una ed una sola retta che li congiunge. perchè è vero questo? la risposta intuitiva è: provare per credere. la risposta del secchione della classe: si dimostra a partire dai cinque postulati di euclide.

in realtà, la questione è un po' più complicata. la geometria euclidea viene infatti sistematizzata da hilbert nel 1899 nei fondamenti di geometria. negli assiomi hilbertiani, però, è presente come postulato il fatto che due punti individuino univocamente una retta.

se vi sembra ridondante, e vi sentite più furbi di hilbert, provate a dimostrare questo risultato utilizzando solo il 1° e il 5° postulato di euclide. un bel rompicapo, no?

peraltro, lo spazio in cui viviamo non è euclideo, come abbiamo imparato da einstein, e quindi anche il provare per credere fallisce...

giovedì, agosto 09, 2007

profezie

wenn das so weiter geht, wirst du noch operatorentheoretiker

w.a.


un augurio, manifestazione di apprezzamento o malocchio?

domenica, agosto 05, 2007

fantastico!

there are more things in heaven and earth, horatio,
than are dreamt of in your philosophy.

hamlet


a proposito di basi e successioni, questa mi mancava. nello scritto di analisi 1 che abbiamo corretto sabato si è verificato più volte l'errore speculare a quello da me preferito.

bisognava stabilire i punti di accumulazione dell'insieme {1/n - 1/m : n\in N}. una marea di discenti hanno avuto la geniale idea di considerala come successione, senza accorgersi che aveva due indici, producendo gli errori più bizzarri.

in particolare, quasi nessuno si è accorto che, oltre a 0,+1, e -1, anche tutti i punti del tip 1/m sono di accumulazione. questo perchè, non avendo trattato la convergenza tramite filtri non potevano sapere cosa sono i punti di accumulazione per una succesione con due indici. come conseguenza, il loro considerare uguali insiemi e successioni li ha portati ad errare (che è umano, ma quando leggi lo stesso errore per la centesima volta ti sembra diabolico).

von wegen notation.

giovedì, agosto 02, 2007

noch ein mal

viamichelangelosignorile57viadellaresistenza48/a
viadietadibari40heubergertorweg15eberhardstrasse66
karlstrasse26


e adesso:

wilhelmstrasse 14

lunedì, luglio 30, 2007

basi, parentesi e successioni

il meglio è nemico del bene

mio nonno


mi sento di dissentire da mio nonno, una volta tanto. talvolta, il meglio è amico del bene. in particolare quando si vuole capire meglio certi concetti matematici, senza accontentarsi di capirli bene.

questo a proposito di una mia opinione, già espressa in questa discussione, dove ho spiegato quale è il motivo per cui è male rappresentare successioni all'interno di parentesi graffe.

il casus belli è il seguente: è corretto rappresentare una successione come {x_n : n\in N}, o è necessario rappresentarla come (x_n)_n \in N? sembra una question allemande, ma, come ho già detto, il meglio è amico del bene.

partiamo dal presupposto che la rappresentazione tramite parentesi graffe, che in matematica denotano solitamente insiemi è sbagliata. tuttavia, molti si sentono autorizzati ad usare lo stesso tale notazione.

quello che è accaduto, a mio parere, è una sorta di back propagation dalla notazione per le basi a quella per le successioni. quasi tutti, e fra poco spiegherò perchè, scrivono le basi in parentesi graffe, pur intendendole come insiemi ordinati. dato, quindi, che è accettato lo scrivere le basi in parentesi graffe, avrà pensato qualcuno, allora deve essere possibile scrivere anche le successioni all'interno di parentesi graffe. d'altra parte, il concetto di base e quello di successione sono imparentati - nel senso che vivono nella stessa aerea della matematica.

perchè, allora, qualcuno si sente autorizzato a scrivere le basi in parentesi graffe? il motivo è semplice, e dipende da come viene insegnata l'algebra lineare. come si spiega il concetto di base? prima si introduce il concetto di un insieme di vettori linearmente indipendenti, poi quello di sottospazio generato da un insieme di vettori, per poi concludere, trionfalmente, che se un insieme di vettori genera l'intero spazio, allora è una base dello spazio in questione.

a questo punto bisogna purtroppo scegliere. se si desidera introdurre la rappresentazione matriciale degli operatori lineari su spazi vettoriali, allora è necessario che l'insieme di vettori linearmente indipendenti generanti lo spazio venga ordinato, a formare quella che viene solitamente definita una base - da cui, peraltro, il termine "matrice del cambiamento di base".

se invece, si desidera mantenere la consistenza della definizione di una base come insieme di vettori linearmente indipendenti generanti lo spazio ambiente, allora bisogna rinunciare alla rappresentazione matriciale - o considerarla modulo permutazioni dei vettori della base.

venerdì, luglio 27, 2007

entropia

in termodinamica l'entropia è una funzione di stato che si introduce insieme al secondo principio della termodinamica

wikipedia


in risposta al commento di ciocionheart al mio post aspirapolvere riporto l'argomento termodinamico che dimostra che il sole cede entropia alla terra.

fatto 1

la composizione atomica e la massa della terra sono costanti nel tempo.


più precisamente: la terra riceve una minima quantità di materia dallo spazio (meteoriti e simili), ed espelle, in pratica, solo manufatti umani. la composizione atomica è chiaramente costante, a meno di decadimenti radioattivi spontanei, attività di centrali nucleari, e un po' di bombe atomiche che vengono fatte esplodere.

fatto 2

il bilancio energetico della terra è in pari.


più precisamente: è mediamente in pari. se non lo fosse, allora sarebbe molto più calda o molto più fredda che 1 miliardo di anni fa, cosa che è evidentemente falsa. si noti che: il global warming è un effetto minimale.

fatto 3

la terra irradia energia nello spazio principalmente nello spettro infrarosso.


si può trattare la terra come un corpo nero. l'affermazione è quindi una conseguenza della legge di planck.

fatto 4

la terra riceve energia dal sole principalmente nello spettro visibile.


è una conseguenza del fatto che il sole irradia in maniera omogenea più o meno in tutte le direzioni ed ha la sua massima emissione intorno a 500 nm.

tirando le somme, quello che si è appena dimostrato è che la terra riceve e irradia energia da e nello spazio in misura uguale. tuttavia, riceve principalmente nello spetto visibile (fotoni ad alta energia e bassa entropia), ed emette principalmente nello spettro infrarosso (fotoni a bassa energia ed alta entropia).

ps: lo stesso argomento lo si trova espresso molto meglio nel libro di r. penrose "la mente nuova dell'imperatore".

lunedì, luglio 23, 2007

serie (quasi) geometriche

in the first part are explained the principles of the new incremental method, and by the means of that the method of fluxions is more fully explained than has yet been done; it being shown how this method is deduced from the former, by taking the first and last ratios of the nascent and evanescent increments.

brook taylor


oggi ho scoperto una banalità che, come al solito, mi ha lasciato di stucco; peraltro, mi fa credere che la mia curiosità crescente per l'analisi non standard sia ben giustificata.

tutti sanno che la serie geometrica \sum z^k ha raggio di convergenza 1. è quindi facile dedurre che ponendo uguale a 0 il coefficiente per un numero finito di termini, il raggio di convergenza rimanga uguale a 1. cosa succede se facciamo lo stesso per un numero infinito di termini? il risultato, che è facile da dimostrare, è sorprendente. il raggio di convergenza è sempre 1, a meno che non rimangano solo un numero finito di coefficienti non nulli, nel qual caso diventa il raggio di convergenza è infinito, dato che la serie si riduce ad un polinomio

Teorema


Sia f: N -->N una funzione strettamente crescente. Allora la serie di potenze

\sum_n z^f(n)

ha raggio di convergenza pari a 1.

Dimostrazione

Si riscriva la serie come

\sum_n z^f(n)=\sum_k a_k z^k,

dove a_k=1 se esiste un (unico) n, con k=f(n) e a_k=0 altrimenti. Dato che a_k=1 oppure a_k=0 è evidente che la successione b_k:=\root[k] a_k assume come valori solamente 0 o 1, cosicchè si ha 0 =< limsup b_k =< 1.

D'altra parte, per la monotonia di f, il valore 1 è assunto infinte volte, per cui 1 è il limite superiore della successione b_k.

Usando la formula che lega il limite superiore di b_k al raggio di convergenza della serie associata, si ottiene dunque che il raggio di convergenza è pari a 1.

venerdì, luglio 20, 2007

scoperta

lisez euler, c'est notre maître à tous.

pierre simon laplace


solo per una piccola segnalazione: su questo meraviglioso sito potete trovare le opere complete di molti illustri e geniali matematici del passato.

trovo quasi sempre illuminante leggere le opere dei maestri: provate.

sabato, luglio 14, 2007

la genesi secondo peano (I)

se una notte d'inverno un viaggiatore fuori dall'abitato di Malbork sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine guarda in basso dove l'ombra si addensa in una rete di linee che s'allacciano in una rete di linee che s'intersecano sul tappeto di foglie illuminato dalla luna intorno a una fossa vuota quale storia laggiù attende la fine?

italo calvino


il primo giorno, il signore della logica disse

esista un numero naturale 0.

chiamati in vita da una forza misteriosa, ci troviamo a muoverci in una regione dell'esistenza ancora poco definita. il nostro mondo è molto limitato: esiste solo la contemplazione questo immenso, incomprensibile, enigmatico monolito nero, o monolito zero, di cui non capiamo il significato, e tutto ciò solo in un eterno istante presente.

sabato, luglio 07, 2007

bias architecture

qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:

dante alighieri

il seminario di barbara hammer mi ha lasciato notevoli impressioni : ecco una bella favoletta.

c'era una volta in una fredda giornata d'estate il laplaciano con condizioni al bordo di robin, che altro non sarebbero che un miscuglio lineare di neumann e dirchlet. la nostra storia parla di un giovane e brillante matematico, che chiamerò qfwfq, che si è posto come compito per la vita di dimostrare che la distribuzione asintotica dei suoi autovalori è la stessa del laplaciano con condizioni di dirichlet e neumann; e questo per tutti i domini possibili e immaginabili. tutti i matematici del mondo sanno che è così - come potrebbe essere altrimenti! - ma qfwfq vuole dimostrarlo, nero su bianco. e poi chi lo sa, magari si scopre qualcosa di interessante in questo viaggio...

il nostro venne da me ieri chiedendomi aiuto, perchè si era ingarbugliato nel calcolare lo spettro nel caso di una dimensione; direte: impossibile, è così facile! è qua entra in gioco barbara hammer; il problema è che io e qfwfq lavoriamo spesso e volentieri (io non faccio altro) su problemi di cauchy astratti su grafi, che vengono sempre parametrizzati come incollamenti di intervalli [0,l]; questa è, per dirla con le parole di barbara hammer, la nostra "bias architecture"; le nostre capacità di aprendimento sono pertanto da essa limitate.

fatto sta che calcolare lo spettro sull'intervallo [0,l] è un ginepraio spinoso, e questo a causa di un beta che si infila in tutti i pertugi infastidendo non poco; cosÍ, dopo circa un'ora di calcoli inutili, ci siamo arresi.

a quel punto è successo che ho dovuto cambiare il mio bias per lavorare con d.m.; la nostra ossessione di questa settimana sono le funzioni radiali, che infestano i nostri pensieri e i nostri sogni. senza più pensare alle condizioni di robin, ho discusso un po' con d.m. su queste questioni radiali.

arrivato a casa, il nuovo bias ha dato i suoi frutti. calcolare lo spettro della derivata seconda con condizioni di robin al bordo, dopo aver riparametrizzato [0,l] come [-l/2,l/2], che è certo un oggetto molto più radiale di [0,l], è di una banalità sconcertante, il che mi ha fatto vergognare della nostra precedente cecità.

morale della favola, in rime abbastanza sciocche:

se non cambi il tuo bias, sono guai con la zia,
se il tuo bias non cambi, intercedano i santi.

venerdì, luglio 06, 2007

impressioni

legend has it that the discovery was made at sea and that hippasus' fellow pythagoreans threw him overboard.

wikipedia su ippaso da metaponto

ieri sono stato ad un talk di barbara hammer: era un overview su tutto quello che si può dire sulle reti neurali ricorrenti.

di questo bellissimo talk mi ha in particolare colpito una cosa che lei ha detto di sfuggita e che già sapevo; cioè che le macchine di turing non possono manipolare i numeri reali e che, se potessero, allora porebbero fare veramente qualcosa di più. mi si perdoni il linguaggio poco scientifico, ma sono le 8 di mattina...

quindi siamo andati alla grigliata della facoltà di informatica, e seduti ad un tavolo, gustandomi il mio buon tannenzäpfle, ho potuto assistere ad un'accesa discussione fra lei, g.p. e c.t. sul problema dei numeri reali; che, afferma sempre g.p., tanto reali non possono essere, dato che si può sopravvivere benissimo senza di essi, approssimando tutto in maniera razionale.

a quel punto mi sono ricordato di una conversazione con r.n. in cui lui mi spiegava che, se si decide di essere rigorosamente costruttivisti, allora ogni funzione su R è automaticamente continua. purtroppo non ricordo come funzionava la dimostrazione. che ci sia una connessione frai due fatti, si vede subito: accettare di approssimare tutto con razionali, è simile al punto di vista costruttivista dell'accettare solo numeri creati da un algoritmo.

e poi mi è venuto in mente che quando si esegue l'analisi di fourier, la continuità della funzione influisce sulla velocità di convergenza della sua serie di fourier. da questo punto di vista, dato che la serie di fourier è un ente fisico, o almeno oggi mi piace pensarla così, se si accetta questa serie di impressioni e analogie come fossero un ragionamento, sembra quasi che ci sia una possibilità di verificare fisicamente l'esistenza dei numeri reali.

sabato, giugno 30, 2007

ornstein-uhlenbeck

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore

dante alighieri

mondi diversi hanno spesso strutture molto simili; qua potete provare a leggere un po' di filosofia delle reti. mi viene in mente oggi perchè qualche giorno fa mi sono imbattuto in questa frase di h.c. tuckwell presa da "introduction to theoretical neurobiology, vol. 2":

«This leads to the Ornstein-Uhlenbeck (1930) process (OUP), which is discussed in many texts on probability and stochastic processes [see, for example Cox and Miller (1965) and Breiman (1968)]. This process has arisen in several fields. In fact, in such areas as astrophysics (Chandrasekhar 1943) and electrical engineering (Stumpers, 1950), the same kinds of problems have arisen as as confront us in the determination of firing times of neurons. The OUP seems to have been first mentioned in the present context by Calvin and Stevens (1965).».

la cosa che mi ha stupefatto è che anche io, nel mio piccolo orticello matematico, ho dovuto assistere a numerosi talks su operatori di ornstein-uhlenbeck. mai avevo pensato, fino ad ora per lo meno, che fosse un argomento di qualche rilevanza oltre la comunità matematica. d'altra parte, nessuno dei matematici che ho sentito discutere animatamente di tali argomenti astrusi ha mai accennato, seppur vagamente, a un qualche tipo di applicazione.

di più: gli OUP appaiono sia nell'astrofisica che nelle dimaniche neurali, esattamente come alcuni fenomeni simili a dinamiche su e di reti (o grafi), come spiegato nel post citato precedentemente da neuroevolution. quindi mi sembrerebbe naturale studiare operatori di OU su grafi. e il bello è che qualche mese fa abbiamo messo in cantiere un progetto simile con un matematico ungro-germanico, per motivi completamente diversi.

oddio, non completamente diversi, ma comunque non provenienti dalla stocastica, ma dall'analisi.

PS: purtroppo non ho trovato riferimenti in internet per gli altri due articoli...

martedì, giugno 26, 2007

formel

alles, was ergebnis einer rechnung war, war für uns kein beweis

nicolas bourbaki

oggi sono rimasto per l'ennesima volta basito nel contemplare una immensa verità: esistono numeri non computabili; cioé numeri per cui non esiste un algoritmo che abbia codesti numeri come risultato.

il motivo di questa contemplazione è il grave problema fattomi ieri presente da r.n. che non esiste una formula chiusa per qualsiasi cosa - dove il concetto di qualsiasi cosa va compreso nella maniera vaga che mi contraddistingue oggi - per il semplice fatto che ci sono una quantità numerabile di formule e sovrannumerabile di cose.

assurdo.

venerdì, giugno 22, 2007

un calcolo

strano gioco. l'unica mossa vincente é non giocare.

joshua in war games

motivato da una serie di post di Sylvie Coyaud, precisamente questo
e questo, ho deciso di fare un piccolo conto per tentare di rispondere alla domanda: é vero che l'uomo non puó incidere sul clima?

ora facciamo questo conto (tutti i dati sono da wikipedia). la mia assunzione principale che, premetto, é un'approsimazione brutale, é che gli unici scambiatori di calore sulla terra siano l'atmosfera e i mari. in pratica é come se modellassi la terra come una corona sferica con condizioni di neumann al bordo. é poco piú di una curiositá, insomma, a cause di questa approsimazione imprecisa. la massa totale dell'atmosfera é di circa 5.1480×10^18 kg. la capacitá termica la fisso a 0.85 kJ/kg K, una via di mezzo fra la capacitá per trasformazioni isocore e isobare. da un rapido calcolo si ottiene che sono necessari 5x10^18 kJ per aumentare al temperatura dell'aria di 1 grado kelvin. rifaccio lo stesso conto per l'acqua sulla terra: ci sono 1.4 x10^9 km^3 di acqua, cioé 1.4x10^18 m^3, equivalenti a 1.4x10^21 kg di acqua. con 4.18 kJ/kg K si ottengon 5x10^21 kJ per ogni grado kelvin di cui si vogliono riscaldare i mari, che sono, come si vede, il grosso contenitore di calore della terra.

cosa é in grado di fare l'uomo? su nagasaki é stata sganciata una bomba a fissione da 20 kT. 1 kT sono circa 4x10^9 kJ. il 9 agosto 1945 abbiamo quindi rilasciato quindi 10^11 kJ nell'atmosfera, provocandone immediatamente un aumento di temperatura di 0.2x10^-7 gradi kelvin. poco. una moderna bomba ad idrogeno arriva fino a 10 MT, corrispondenti ad un aumento di temperatura dell'aria di 10^-5 gradi kelvin. dopo pochi giorni gli oceani assorbirebbero il calore, che dopo un po' verrebbe riemesso nello spazio interstellare sotto forma di radiazione infrarossa. in caso di una guerra termonucleare globale si potrebbero guadagnare ancora 3 o 4 ordini di grandezza. troppo poco.

quanta energia usa il genere umano? le stime del 2004 parlavano di 432 esajoule, cioé 4 x 10^17 kJ, che si puó supporre finiscano tutti in calore, dopo varie trasformazioni. la quantitá prodotta dall'energia solare, che é l'unica che non incide sul bilancio energetico é trascurabile. questo corrisponde ad un riscaldamento di 0.1 K per anno per l'aria e di 0.0001 K all'anno considerando anche i mari.

per fortuna la terra é in grado di dissipare energia nello spazio tramite radiazione infrarossa, cosiccome di scambiare energia con la crosta terrestre (che peró penso abbia un ruolo marginale) cosicché tutta questa quantitá di calore non si puó accumulare. si instaura, in pratica, una temperatura di equilibrio con lo spazio interstellare, che é tanto piú alta, quanto piú energia viene prodotta sulla terra. tuttavia, a occhio e croce, tale aumento dovuto all'instaurarsi di un equilibrio "piú caldo" lo ritengo molto marginale.

era solo per far vedere che gli ordini di grandezza dell'uomo sono comparabili con quelli della terra...

ps: il fabbisogno energetico cresce di circa il 4% all'anno: questo corrisponde ad un tempo di decuplicamento di 58 anni - potenza della funzione esponenziale. questo conferma la mia idea che la decrescita é l'unica strada...

pps: fra l'altro, allora avró 84 anni e magari potró vedere come va a finire!

domenica, giugno 17, 2007

successioni convergenti

das ist absurd!

un uomo alla stazione di ulma

sabato mi trovavo in quel di blaubeuren per seguire un seminario; quando, all'improvviso, durante la relazione di una ragazza peraltro brava, si materializza quanto io piú temo e abborro: un'unutile dimostrazione per assurdo. abbiamo discusso un po', e alla fine ci siamo pacificamente accordati sull'eliminazione dell'inutile assunzione.

il passo falso in questione riguardava un argomento contenente una divertente caratterizzazione delle successioni convergenti:

Teorema

Una successione ha L come limite se, e solo se, ogni sua sottosuccessione possiede una sottosuccessione che converge a L.

osservato che una direzione dell'equivalenza é banale, andando a casa mi sono chiesto come si dimostra l'altra direzione, e, mentre aspettavo il treno, ho prodotto il primo tentativo.

Dimostrazione 1 (per assurdo)

Si supponga che (x_n) non converga verso L, cioé che ci sia un ulteriore punto di accumulazione della successione, che chiamo L', diverso da L, eventualmente piú o meno infinito. Allora esiste una sottosuccessione (x_p(n))che converge verso L'. Considero adesso una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) che abbia come limite L. Dato che (x_p(n)) converge verso L', allora anche (x_q(p(n))), ma questo é assurdo, qed.

mi sono immediatamente vergognato di aver prodotto una tale dimostrazione per assurdo, dopo aver polemizzato durante il seminario, e quindi mi sono rimesso a leggere racconti notturni di hoffmann, ma con l'idea di espiare le mie colpe appena arrivato a casa, con l'utilizzo dell'ultimo ritrovato tecnologico per matematici: un pezzo di carta.

Dimostrazione 1 (astratta)

Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Bisogna dimostrare che A={L}. si scriva A come l'unione U degli insiemi dei punti di accumulazione di (x_p(n)), al variare di p successioni strettamente crescenti di numeri naturali. É evidente che L é in U. Sia L' un elemento di U. Allora esiste p tali che (x_p(n)) converge verso L'. Si consideri una sottosuccessione (x_q(p(n))) di (x_p(n)) convergente verso L, che esiste per ipotesi. Per l'unicitá del limite, L=L', qed.

non appena ho finito di scrivere questa dimostrazione bourbakistika e barocca ero poco soddisfatto, per la sua intutile complessitá. dopo pochi secondi, fortunatamente, mi sono accorto della dimostrazione "vera".

Dimostrazione 1 (vera)

Si chiami A l'insieme dei punti di accumulazione di (x_n). Sia L' in A. Si consideri (x_p(n)))convergente verso L'. Dato (x_p(n)) ha per ipotesi una sottosuccessione convergente verso L, per l'unicitá del limite si ha che L=L', qed.

oggi arrivo all'universitá per scrivere questo giuoco sul blog, e trovo il mio compagno di stanza, r.n.. gli racconto questo divertissement, e lui, subito: "allora certo puoi rispondere ad una mia domanda! vale la caratterizzazione in spazi di hausdorff?"

supponiamo che non valga...

PS: comunque si, si dimostra (senza assurdi) che vale in ogni spazio di hausdorff.

venerdì, giugno 15, 2007

sammelsurium

das Wort stammt ursprünglich aus kulinarischem kontext; das niederdeutsche sammelsur, das nach dem gleichen muster wie swartsur gebildet wurde, bedeutet so viel wie "saures gericht aus gesammelten speiseresten".

il mio prof ha tentato di spiegarmi che l'intuiziuone geniale di r.n. e mia é sbagliata, ma non gli credo.

mi sono svegliato alle cinque e trenta per correggere gli esercizi di analisi due.

non mi é piaciuto erzählungen des anatol ludwig stiller.

piove.

vado a sentire un seminario dei tubinghesi a blaubeuren.

non tutti i semigruppi su spazi prodotto sono il prodotto di semigruppi.

mi sono dimenticato il casco per andare in bicicletta.

qualcuno é venuto su questo blog cercando su google "come usare l'aspirapolvere".

manderó qualche foto raccolte nel mio giro della germania.

ho scritto ancora una paginetta sulla diffusione su alberi.

giovedì, giugno 14, 2007

sugli isomorfismi nella saggezza popolare

il tempo é denaro

proverbio

qualche tempo fa ero a dresda, e discutevo con una dottoranda in economia della giustezza dell'ipotesi implicita delle scienze economiche, riassumbile in

a od ogni oggetto, astratto o concreto, é attribuibile un valore monetario.

questo ansatz é geniale e diabolico: é un voler ridurre il mondo, un vettore nello spazio di banach di dimensione mostruosamente infinita contenente tutte le possibilitá del reale, ad una sua rappresentazione nel campo dei numeri reali. in altre parole, questi economisti affermano di poter capire come va il mondo guardandone il suo duale.

ancora peggio! essi considerano una sola speciale forma lineare, ovvero quella che associa ad ogni oggetto, che mi permetto di identificare con un sottoinsieme compatto di questo mostruoso spazio di banach, il suo valore in euro.

anyway, il proverbio popolare ci azzecca in pieno: il tempo é anche solitamente rappresentato tramite il campo dei numeri reali, per cui é proprio vero:

il tempo é denaro, a meno di un isomorfismo.

ps: se qualcuno si lamenta, affermando che le forme lineari é meglio pensarle aventi valori nel campo dei numeri complessi, gli ricorderó che la teoria dei semigruppi lineari ci insegna che anche il campo naturale del tempo é quello dei numeri complessi.

lunedì, giugno 11, 2007

aspirapolvere

ein perpetuum mobile zweiter art ist unmöglich

zweiter hauptsatz der termodynamik

quando ero un giovane cucciolo di uomo discutevo spesso con mia madre riguardo l'opportunitá di pulire una casa. fortunamente mia madre non era, e non é, particolarmente ossessionata dall'igiene, ma io ero un ragazzo caotico e interessato solo ai numeri, e, insomma, avevamo qualche incomprensione.

il mio argomento principale era il seguente: il destino finale dell'universo é la morte termodinamica, ergo dobbiamo fare di tutto per ritardarla e, in conclusione, buttare energia per separare la polvere dalla non polvere ha l'unico effetto di accelerare questa ineluttabile morte termodinamica.

ieri sera stavo passando l'aspirapolvere nella mia stanza sulla karlstrasse (che, a proposito, abbandoneró il 1° agosto) quando ho capito il motivo per il quale, scientificamente parlando, il mio argomento era errato.

l'unica fonte di bassa entropia a nostra disposizione é il sole: ci irradia con fotoni ad alta energia che noi rigettiamo nello spazio come radiazione infrarossa. il sole, d'altro canto, ci fornisce codesti fotoni indipendentemente dall'uso che ne facciamo, ed essi, da parte loro, verranno comunque rimandati nello spazio sotto forma di radiazione infrarossa. questo processo non viene minimamente influenzato dal mio usare l'aspirapolvere o meno, che é una variazione puramente locale senza conseguenze per il bilancio globale dell'entropia.

ovviamente c'é un altro argomento che opporró a mia madre al mio ritorno in italia: il risparmio energetico, ovvero come usare efficientemente quella quantitá limitata di fotoni a bassa entropia inviataci dal sole...

domenica, giugno 10, 2007

compiti per casa (I)

ne segue che, ove esiste il riconoscimento legale delle convivenze, le giovani coppie, nel momento di formalizzare la loro unione, si pongano la domanda di quale vincolo prescegliere e che siano obiettivamente portate a preferire quel vincolo che a parità di diritti impone minori doveri.

francesco d'agostino su "avvenire"

ci sono dei giorni in cui ho voglia di scrivere qualcosa, ma non ho in mente un'idea precisa. "avvenire" mi aiuta sempre: basta sfogliare la prima pagina e leggiucchiare qua e la', e immediatamente sará possibile trovare un articolo pieno di errori di logica. veramente salvifico, per giornate come questa.

sopra ho riportato il passo incriminato di questo articolo. cio' che mi disturba é, evidentemente, la seguente frase:

«e che siano obiettivamente portate a preferire quel vincolo che a parità di diritti impone minori doveri».

questo argomento sarebbe logicamente accettabile, se si parlasse di doveri che i coniugi assumono nei confronti di terzi. cio' é peró errato, dato che si parla di doveri che i coniugi assumono uno nei confronti dell'altro.

é un raffinato problema di teoria dei giochi, a dire il vero, infatti la strategia di ognuno dei giocatori condiziona quella dell'avversario, costringendolo ad assumersi piú doveri, assumendosene di piú anch`esso. sarebbe divertente se qualche esperto di teoria dei giochi si cimentasse in una formulazione teorica di un tale problema, e sarei decisamente curioso di vederne i risultati.

venerdì, giugno 08, 2007

definizioni

definiscimi una libreria

d.m.


altrettanto che da gödel, sono in questo periodo ossessionato dal concetto di definizione. in particolare mi disurba l'impossibilitá di definire con precisione fabbricati umani. per esempio, non mi pare che sia possibile definire con esattezza il concetto, ad esempio, di "libreria". o di "tavolo". o di qualsiasi altra cosa sia stata prodotta nel mondo fisico dall'uomo.

in realtá, come ho giá fatto notare in precedenza, mi risulta difficile definire con precisione anche oggetti fisici non prodotti dall'uomo. in generale mi irrita non essere in grado di dire la realtá sensibile che mi circonda. non di spiegarla: chiamarla per nome mi risulta giá ostico.

gli unici oggetti della cui definizione possa dirmi soddisfatto sono quelli matematici. forse é per questo che tendo ad attribuire loro una esistenza certa e indubitabile.

giovedì, giugno 07, 2007

gödel (II)

there are more things in heaven and earth, horatio,
than are dreamt of in your philosophy.

hamlet

riguardo al teorema di gödel, c'é un`altra questione che mi stupisce, probabilmente perché sono un analista e non un logico.

ogni sistema assiomatico ha evidentemente infinite proposizioni indecidibili. tuttavia, aggiungere una proposizione, o la sua negazione, al sistema assiomatico, restringe immediatamente il campo di queste proposizioni indecidibili. questa operazione é evidentemente associativa, nel senso che il sistema assiomatico A U {p,q} ha lo stesso campo di proposizioni indecidibili che A U {p} U {q}.

in pratica, nonostante si possano aggiungere assiomi uno alla volta, man mano che si trovano nuove proposizioni indecidibili, tuttavia un sistema assiomatico completo - che definisco adesso come il limite di un tale processo - é un insieme e non una successione di assiomi.

martedì, giugno 05, 2007

pausa con excursus

di piè' sol temo, non alcun feace mi superi nel corso

odisseo


oggi sono venuto di corsa all'universitá e ho notato ancora una volta un fenomeno che mi affascina. premessa: la strada da casa all'universitá é in salita, e quindi faticosa. seconda premessa: spesso, quando corro, i miei pensieri divagano su ogni possibile tema, non ultimo: la matematica.

in questi momenti di distrazione la fatica si fa sempre sentire con maggiore intensitá. soprattutto quando i miei pensieri sono raffigurazioni precise di altre attivitá, fisiche o meno. come se questo desincronizzasse tutto il programma di corsa presente nel mio cervello.

peraltro, é sufficiente che io mi raffiguri mentalmente l'atto della corsa, insomma, che mi concentri su di essa, per far sparire quella sensazione di lieve fatica.

lunedì, giugno 04, 2007

realtá

La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.»

Galileo Galilei


in realtá io non sono tanto d'accordo con galileo. pur essendo convinto dell'esistenza oggettiva delle idee matematiche, mi sembra che il mondo non sia scritto in lingua matematica.

il problema, a mio parere, é che non mi pare possibile trovare una definizione univoca per la maggior parte delle entitá fisiche. piú precisamente: quando é possibile trovarla, é molto spesso necessario far perdere a tali oggetti la loro identitá. il mio grave problema é che mi risulta giá quasi impossibile trovare un esempio di numeri naturali nella realtá fisica, che prescinda dalla descrizione matematica di un certo particolare fenomeno.

persino le unitá matematiche di base, i numeri naturali, non hanno rispondenza nella realtá fisica, ma sono puri oggetti matematici, che noi utilizziamo per descrivere questa realtá.

faccio un esempio: l'elettrone. gli esperimenti di doppia fenditura mostrano come non sia possibile pensare ad un elettrone in termini classici. peraltro, é difficile parlare di un singolo elettrone, nel senso che non é possibile localizzarlo con precisione a cause della relazione di indeterminazione. inoltre sappiamo da molti anni che l'unica descrizione matematica dell'elettrone é tramite una funzione d'onda. in pratica, mi sembra illeggittimo parlare di un singolo elettrone - e quindi di n singoli elettroni.

a dire il vero, l'unico momento dove vedo una qualche possibilitá di definire un oggetto singolo, ben separato dalla realtá circostante, é nel caso di un'entitá cosciente. io sono io, e sono benissimo in grado di distinguere ció che sono io, da ció che non sono. questo peró é troppo filosofico per un matematico...

sabato, giugno 02, 2007

gödel (I)

Se due linee sono disegnate in modo da intersecarne una terza in modo che la somma degli angoli interni, da un lato, sia minore di due angoli retti, allora le due linee si intersecheranno tra loro dallo stesso lato se sufficientemente prolungate.

euclide

in questo periodo sono ossessionato (di nuovo) dal teorema di incompletezza di gödel.

una delle cose che mi da piú fastidio al riguardo: se ne parla sempre, dichiarando che secondo questo meraviglioso teorema, ci sono proposizioni matematiche vere che non possono essere dimostrate (lascio perdere i dettagli).

ora, questa formulazione é sbagliata. grottenfalsch, direbbero i tedeschi. in matematica é vero solo ció che é dimostrabile. non c'é una definizione di veritá che prescinda da quella di dimostrabilitá.

ció che dice veramente il teorema di gödel é che ci sono proposizioni matematiche che in un dato sistema di assiomi non sono né vere, né false. un esempio semplice: si prendano i primi 4 postulati di euclide. riguardo al sistema assiomatico generato dai primi quattro, il quinto é una proposizione di gödel, nel senso che non é né vero né falso nel sistema matematico generato dai primi quattro postulati. per inciso: cosí sono nate le geometrie non euclidee.

venerdì, giugno 01, 2007

strutture

schiri, ich stand im abseits

die bild zeitung


la nuova campagna della bild zeitung é geniale. non per l'originalitá dei contenuti, ovviamente. ma per l'omoegeneitá dello stile.

tutti i cartelloni che ho visto fino ad ora ("mutti, du kannst nicht kochen", "chef, sie sind nicht witzig", "schatz, ich habe dich betrogen") hanno una struttura precisissima: riassumbile in *vocativo*, *pronome* *verbo* *oggetto (composto di due parole)*. solo "ja, dein hintern ist zu dick" sfugge a questa ferrea logica populistica.

il mio prof. a tübingen sarebbe felice: dietro il fenomeno si intravede una struttura...

giovedì, maggio 31, 2007

scimmie e bambini

in computer science, reinforcement learning is a sub-area of machine learning concerned with how an agent ought to take actions in an environment so as to maximize some notion of long-term reward.

wikipedia


stavo notando una cosa. quando per un esperimento neurologico si addestrano scimmie per eseguire qualche compito, la procedura é piú o meno sempre la stessa. si mette la scimmia in un ambiente in cui probabilmente eseguirá il compito, e se lo fa, allora le si dá un po di succo d'arancia. lei, la scimmia intendo, dopo un po' capirá che ogni volta che esegue il suo compito, ottiene del succo d'arancia, e comincerá, furbescamente, ad imparare ad eseguire il compito desiderato alla perfezione. ora, se siamo stati in grado di capire come addestrare le scimmie (e faccio notare che possiamo in questo modo addestrarle a compiere attivitá che noi stessi potremmo non essere in grado di compiere, é sufficiente che sappiamo giudicare i risultati), perché esiste ancora il concetto di "vis modica"? sono forse i bambini piú cretini delle scimmie?

gattopardi

non ragioniam di lor, ma guarda e passa

dante alighieri


per chi é conservatore. sempre e comunque. e nemmeno troppo intelligente, se crediamo agli scrittori.

martedì, maggio 29, 2007

mente e cervello

non puó piovere per sempre. ma per 36 ore consecutive, si.

brandon lee & s.c.

un po' mi fa arrabbiare pietro greco, il giornalista scientifico dell'unitá. sempre con questo suo atteggiamento positivista, da "magnifiche sorti e progressive". buon vecchio marxista. d'altra parte si scaglia continuamente contro tutte le teorie finalistiche, in particolare contro tutti coloro che osano criticare darwin (e quando si tratta dei difensori dell'intelligent design, non posso che dirmi d'accordo), quindi devo supporre che non possa essere marxista in senso stretto. ma comunque.

qui recensisce in maniera interessante due libri sul problema della coscienza. questo problema della coscienza mi affascina particolarmente in questo periodo: se é vero che la mente é il cervello, come sembrano affermare questi due, mi si pongono alcuni problemi. innanzitutto, dovrei rinunciare alla trascendenza delle idee matematiche, e non voglio. e poi, questo ansatz sembra postulare a priori che il linguaggio matematico sia quello giusto per descrivere questa materia. cosa che mi sembra bizzarra a causa dei teoremi di gödel.

venerdì, maggio 25, 2007

numeri primi (II)

végre nem butulok tovább

paul erdős

stavo per scrivere un post per commentare un post di un altro blogger, molto piú bravo di me (von wegen: autoreferenzialitá della blogosfera), quando sono stato vittima di un blitzkrieg del mio compagno di stanza, il mai troppo lodato r. n. che mi ha presentato una divertente dimostrazione dell'inifinitá dei numeri primi.

Teorema


Sia P={p in N, tale che p é primo}. Allora vale #(P)=infinito.

Dimostrazione

L'idea é quella di introdurre un'opportuna base topologica B sull'insieme degli interi Z. Sia per a intero e n naturale strettamente maggiore di 0 B(a,n):={a+kn: k intero} la progressione aritmetica di origine a e ragione n. Si noti che B:={B(a,n): a in Z, n in N*} definisce una base topologica, dato che l'intersezione di due progressioni aritmetiche é essa stessa una progressione aritmetica. Sia T la topologia generata da B, cioé l'insieme di tutte le possibili unioni di elementi di B. Essa ha le tre seguenti proprietá:
1) Dato che ogni progressione aritmetica é infinita, allora se O é un aperto di T, allora O é vuoto o ha inifiniti elementi.
2) Ogni elemento B(a,n) della base di O é anche chiuso. Infatti si ha B(a,n)=(B(a+1,n) U B(a+2,n) U B(a+n-1,n))^C, dove ^C indica l'operazione di complementazione. B(a,n) é quindi chiuso in quanto complemento di un'unione di insieme aperti.
3) Si consideri l'insieme A, unione di tutti i B(0,p), dove p é primo. Allora vale: A aperto in quanto unione di aperti. Inoltre A = Z\{-1,1}, dato che 1,-1 sono gli unici numeri senza fattori primi.
Supponiamo adesso che ci siano solo un numero finito di primi. Allora A sarebbe un insieme chiuso in quanto unione finita di chiusi. Il suo complemente A^C é quindi aperto e quindi o é vuoto, o possiede infiniti elementi. Avendo precedentemente dimostrato che A^C={-1,1}, otteniamo un assurdo.

giovedì, maggio 24, 2007

costanti universali

l´energia oscura è una delle ultime sorprendenti scoperte.

margherita hack


quando leggo tali affermazioni, cito testualmente dall'unitá, mi vengono sempre in mente le parole del prof. di fisica teorica della nostra scuola di dottorato. egli si innervosisce e ride di questa faccenda dell'energia (o della materia oscura o whatever) oscura, affermando che altro non é che una riproposizione della buona vecchia costante cosmologica di hubble, tanto vituperata da einstein - e mal sopportata dai fisici moderni.

purtroppo non ho le competenze necessarie per verificare la correttezza delle sue affermazioni. tuttavia f. s. é un fisico possente e certo do credito alle sue parole.

mercoledì, maggio 23, 2007

la voce e il computer

con un mio collega discutiamo spesso di un problema bizzarro del riconoscimento vocale da parte di un computer. a proposito, sapete cos'é? quando ad esempio chiedete al telefono le informazioni per gli orari dei treni ad una voce preregistrata. il fatto é che questi programmi hanno un problema estremamente bizzarro. di solito capiscono la parola che gli é stata dettata. quando non la capiscono, é necessario ripeterla. l'uomo comune, allora, la scandisce per far si che il povero stupido programma riesca a capire cosa dice. questo peró confonde il computer: infatti essi vengono addestrati statisticamente, e statisticamente é inusuale scandire le parole. per cui non capiscono quello che vuole dire. cosí capiscono ancora di meno e si cade in un prevedibile teufelskreis.

ovviamente tutte le mie affermazioni vanno prese statisticamente, con riferimento, cioé, al valore atteso. h.m. afferma che questo bizzarro problema deve essere riconducibile ad una pecca essenziale nell'ideare il riconoscimento vocale. come non essere d'accordo?

lunedì, maggio 21, 2007

platonismo

to gar zêtein ara kai to manthanein anamnêsis holon estin.

platon

in questo periodo sto leggendo un meraviglioso libro di alain connes e jean-pierre changeux: matière à pensée. riporto un argomento di alain connes - rielaborato in parte da me, si parva licet - a favore dell'esistenza platonica delle idee matematiche.

in generale l'uomo deduce l'esistenza reale di un mondo esterno dalla consistenza interpersonale e dalla permanenza temporale della propria percezione di esso. per essere piú precisi: dall'esistenza di un effetto, cioé le proprie percezioni consistenti e permanenti, si deduce l'esistenza di una causa che lo produce, la quale cause chiamiamo per comoditá mondo fisico. alla stessa maniera si deduce, a mio parere, l'esistenza di un "mondo delle idee matematiche": le percezioni matematiche - definizioni, teoremi, e via dimostrando - hanno, in realtá, le stesse qualitá di consistenza e permanenza. l'obiezione che si oppone a questo argomento é che ció che io chiamo mondo delle idee matematiche altro non é che una rappresentazione mentale di un linguaggio universale. quello della matematica, per l'appunto. ma ció é assurdo! infatti lo stesso ragionamento si potrebbe applicare alle nostre percezioni del "mondo fisico", e giungere alla conclusione che esso non esiste, in quanto possiede una rappresentazione mentale. da dove si é originato questo assurdo? certamente dal fatto che abbiamo confuso un oggetto, cioé il mondo fisico o il mondo delle idee matematiche, con il suo correlato neurale, cioé con la sua rappresentazione mentale.