Al contrario di quello che suggerirebbe il titolo, questo post non ha nulla a che vedere con il post del sempre interessante Ivo. Piuttosto, mi propongo di mostrare in un esempio perchè, prima di cercare la soluzione di un problema matematico, è necessario dimostrare l'esistenza di tale soluzione.
L'esempio è anche noto come paradosso di Perron.
Problema
Qual'è il più grande numero naturale?
Soluzione
Supponiamo che questo numero, chiamamolo N, sia maggiore di 1. Ma allora N²>N e questa è una contraddizione. Allora N=1. Quindi l'insieme dei numeri naturali si riduce all'insieme {0,1}.
Detto en passant: Perron è stato uno dei pochi matematici tedeschi che 1) era antinazista e 2) rimase in Germania durante la guerra. Se conoscete il tedesco e amate la storia della matematica questo vi interesserà.
venerdì, gennaio 30, 2009
domenica, gennaio 25, 2009
MCCN XI
L'ultima volta abbiamo trattato di nuovo grafi. In particolare ci siamo occupati del Laplaciano di un grafo non diretto. Supponiamo di avere un grafo con n vertici: il Laplaciano di un grafo è allora la matrice
La cosa interessante è che il Laplaciano di un grafo ha alcune proprietà in comune col Laplaciano su un aperto di
sono tutte e solo le funzioni v che sono costanti sulle componenti connesse del grafo. Una direzione è facile da capire: se v è costante (diciamo di valore 1) su una componente connessa degl grafo, e 0 altrimenti, allora
Un altro bel teorema per il Laplaciano di un grafo è il Teorema di Kirchhoff sul numero degli spanning trees. Mi chiedo se anche questo abbia un corrispettivo per il Laplaciano di un aperto.
\inline \Delta=(d_{ij})
, di dimensione n x n, costruita come segue: d_{ii}
è il grado del nodo i,d_{ij}=-1
se i e j sono connessi,d_{ij}=0
se i e j non sono connessi.La cosa interessante è che il Laplaciano di un grafo ha alcune proprietà in comune col Laplaciano su un aperto di
\inline \mathbb R^d
. Ad esempio, le soluzioni dell'equazione\Delta v=0
sono tutte e solo le funzioni v che sono costanti sulle componenti connesse del grafo. Una direzione è facile da capire: se v è costante (diciamo di valore 1) su una componente connessa degl grafo, e 0 altrimenti, allora
\inline \Delta v
ha per ogni componente un contributo positivo pari al grado del nodo corrispondente e un contributo negativo per ogni nodo con cui è collegata: quindi tutto si semplifica dando 0. Divertente, no?Un altro bel teorema per il Laplaciano di un grafo è il Teorema di Kirchhoff sul numero degli spanning trees. Mi chiedo se anche questo abbia un corrispettivo per il Laplaciano di un aperto.
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sabato, gennaio 24, 2009
Evoluzione, fatti, descrizioni
Oggi vorrei chiarire la mia opinione sulla teoria dell'evoluzione. Fondamentalmente perchè ci sono un sacco di persone che non l'hanno capita e che mi attribuiscono teorie astruse.
Per sapere a cosa mi riferisco, vedere i commenti di Marco Ferrari e di Fabristo in coda a questo questo post, oppure questo post di hronir.
Introduzione
Vi racconto un po' il background: qualche tempo fa John Rennie scrisse una lista di15 risposte alle stupidaggini creazioniste sullo Scientific American. Progetto Galileo decise (per motivi a me ignoti, dato che non è che in Italia e in Europa ci sia tutta questa diffusione di idee creazioniste, ma tant'è, ognuno fa quello che vuole) che era assolutamente necessario tradurre le risposte di John Rennie in italiano.
La prima risposta di John Rennie ad una stupidaggine creazionista, quindi anche la prima tradotta da Progetto Galileo è la seguente:
Che non sarebbe nemmeno un male, se avesse intitolato il suo articolo in maniera diversa. Ma lui ha intitolato l'articolo "15 risposte a cretinate creazioniste", e la sua prima risposta è un processo alle intenzioni alla corrente creazionista. Che certamente non capiscono niente di biologia, i creazionisti, ma questo non autorizza nessuno ad usare argomenti scorretti nei loro confronti.
La cosa mi ha fatto innervosire e ne è scaturita una feroce discussione su Progetto Galileo, in cui mi sono state attribuite opinioni da me mai espresse. hronir si è addirittura premurato di affermare che secondo me
Tu sei contro JR.
JR scrive contro i creazionisti.
Ergo, tu sei a favore dei creazionisti.
Dato che faccio lo scienziato di lavoro e non ho intenzione di permettere a nessuno di affermare che
Descrizioni e interpretazioni
Il succo dell'argomento che segue è la seguente semplificazione. Divido il modo di fare scienza in due settori: fare scienza in due maniera tramite "intrepretazioni", o tramite "descrizioni". Poi noto che una teoria è un'"interpretazione". Quindi faccio vedere che la teoria dell'evoluzione darwiniana è un'interpretazione. In fondo spiego qual'è il fatto (la "descrizione") che questa teoria va a spiegare.
Prima di fissare un contesto formale faccio un esempio, scrivendo due brevi immaginari articoli.
Articolo descrittivo:
Titolo: Anatomia del cervello di Stefano Cardanobile
Testo: Il cervello di Stefano Cardanobile contiene un unico neurone, di peso pari a 0.0001 microgrammi.
Articolo interpretativo:
Titolo: Fisiologia del cervello di Stefano Cardanobile
Testo: Il cervello di Stefano Cardanobile contiene un unico neurone perchè al suo possessore non serve pensare.
Se vogliamo metterci in un contesto formale, escludendodo volutamente i casi di: malafede, manipolazione dei dati, strumentazione pessima, malintesi nella scelta del vocabolario, ecco un algoritmo per produrre una descrizione scientifica,
1) Compiere un'osservazione ripetibile
2) Selezionare un pubblico
3) Selezionare un vocabolario sul quale vi sia consenso all'interno del pubblico selezionato
4) Esprimere nel vocabolario selezionato in 3) l'osservazione compiuta in 1)
Per produrre un'interpretazione scientifica, è necessario
1) Selezionare alcune descrizioni scientifiche
2) Selezionare un pubblico
3) Selezionare un vocabolario sul quale vi sia consenso all'interno del pubblico selezionato
4) Esprimere nel vocabolario selezionato in 3) una possibile spiegazione dei fatti selezionati in 1)
Osservando questi due (vaghi) algoritmi, che a me paiono condivisibili, mi pare che sia ragionevole assegnare a concetti provenienti dal primo tipo di algoritmi lo status di fatti, mentre a concetti provenienti dal secondo tipo quello di teoria.
Per essere precisi, la maggior parte (tutti) degli scienziati che ho incontrato usa i termini teoria e dato di fatto esattamente in questa accezione.
Evoluzione
Avendo ora un criterio di classificazione, mi chiedo: dove metteremo l'evoluzione in questo schema?
Per capirci, partiamo da un articolo descrittivo:
Articolo: Diversità biologica sul pianeta terra
Testo: Sul pianeta terra sono presenti diversi animali, con anatomie e fisiologie estremamente differenti.
Perchè? Ecco tre possibili spiegazioni, in forma di immaginari articoli apocrifi.
Articolo: Dell'origine divina della vita sulla terra
Testo: I vari tipi di animali sono stati creati così come sono adesso 6000 anni fa da Dio. Da allora si sono solamente riprodotti.
Articolo: L'adattamento nelle specie animali
Autore: Jean-Baptiste Lamarck
Testo apocrifo: Ogni individuo di una specie (concetto non ben definito, ma accettiamolo, ndr) è capace di adattarsi all'ambiente. Così si sono originate le specie.
Articolo: L'origine della specie
Autore: Charles Darwin
Testo apocrifo: Le variazioni avvengono in maniera casuale in sede riproduttiva. Le variazioni utili danno aditto ad invidui con successo riproduttivo maggiore. Le variazioni vengono trasmesse alla prole. Così si originano le specie.
Excursus: valutazione delle teorie
È forse interessante, anche se esula un po' dal dibattito, vedere come si valutano le teorie.
Si potrebbe pensare che ogni teoria equivalente, se si pensa che i 3 articoli precedenti hanno qualcosa in comune: esprimo delle teorie consistenti in se stesse, ma diverse che si riferiscono allo stesso dato di fatto.
Ma hanno anche qualcosa di diverso. Ognuna ha la sua specifica capacità predittiva e contenuto di verità. Nel dettaglio: la teoria creazionista è completamente sbagliata (dimostrazione: oggi ci sono specie che nel passato non c'erano, come dimostrato dai fossili - dimostrazione archeologica), la teoria lamarckiana è parzialmente sbagliata (un individuo si può adattare nel corso della sua vita, ma tali adattamenti non vengono trasmessi - dimostrazione genetica), la teoria darwinista è giusta. Faccio notare ade che il valore di giustezza è sempre determinato da altri dati di fatto, che non quelli che voglio spiegare.
Questo perchè non ho maniera di accettare o rigettare una teoria consistente in se, solo sulla base dei fenomeni che questa teoria spiega. Sembra una banalità, ma ogni tanto la gente se ne dimentica. Verifiche e falsificazioni sono da cercare all'esternodell'ambito dei fenomeni che la teoria vuole spiegare: questo a ha a che fare col fatto noi accettiamo solo teorie che abbiano una certa forza predittiva.
Conclusione
La diversità anatomica, fisiologica e zoologica delle specie viventi è un dato di fatto.
La teoria dell'evoluzione è, per l'appunto, una teoria che spiega questo dato di fatto.
Affermare che l'evoluzione è un dato di fatto è attribuire implicitamente il valore di dato di fatto ad un'interpretazione degli stessi.
Quello che Fabristol, hronir, Paolo Ferrari & co non capiscono è che distinguere fra teorie e dati di fatto non porta in nessuna maniera a sminuire il valore di tali teorie, nel caso siano giuste. Serve solo a distinguere cose che sono diverse: un'interpretazione e una descrizione appartengono semplicemente a due categorie diverse del sapere.
Per sapere a cosa mi riferisco, vedere i commenti di Marco Ferrari e di Fabristo in coda a questo questo post, oppure questo post di hronir.
Introduzione
Vi racconto un po' il background: qualche tempo fa John Rennie scrisse una lista di15 risposte alle stupidaggini creazioniste sullo Scientific American. Progetto Galileo decise (per motivi a me ignoti, dato che non è che in Italia e in Europa ci sia tutta questa diffusione di idee creazioniste, ma tant'è, ognuno fa quello che vuole) che era assolutamente necessario tradurre le risposte di John Rennie in italiano.
La prima risposta di John Rennie ad una stupidaggine creazionista, quindi anche la prima tradotta da Progetto Galileo è la seguente:
L'evoluzione è solo una teoria. Non è un fatto o una legge fisica.Il problema di questa affermazione è che, lungi dall'essere una cretinata creazionista, è completamente vera. Rennie lo sa, e infatti non cerca nemmeno di dimostrare che è falsa. Bensì, durante la sua risposta fa un processo alle intenzioni ai creazionisti, accusandoli, in pratica, di utilizzare con un fine malvagio il fatto che il termine "teoria" è inteso dall'uomo della strada con un connotato dubitativo.
Che non sarebbe nemmeno un male, se avesse intitolato il suo articolo in maniera diversa. Ma lui ha intitolato l'articolo "15 risposte a cretinate creazioniste", e la sua prima risposta è un processo alle intenzioni alla corrente creazionista. Che certamente non capiscono niente di biologia, i creazionisti, ma questo non autorizza nessuno ad usare argomenti scorretti nei loro confronti.
La cosa mi ha fatto innervosire e ne è scaturita una feroce discussione su Progetto Galileo, in cui mi sono state attribuite opinioni da me mai espresse. hronir si è addirittura premurato di affermare che secondo me
Stefano insiste sulla mancanza di certezze come un'entità indissolubile e assoluta: o ce l'hai, o è come non avere niente.La cosa più divertente è che non ho sentito un'unica argomentazione contro la mia critica a John Rennie, ma solo varianti più o meno raffinate della reductio ad Hitlerum nella forma.
Tu sei contro JR.
JR scrive contro i creazionisti.
Ergo, tu sei a favore dei creazionisti.
Dato che faccio lo scienziato di lavoro e non ho intenzione di permettere a nessuno di affermare che
Stefano sia una delle più belle dimostrazioni di come sia facile fraintendere il fatto e la teoria dell’evoluzione, e come sia facile non capire un concetto che per molti è assolutamente elementare. E della necessità del vostro fondamentale lavoro di divulgazione.ho deciso di spiegare per bene cosa voglio dire. Poi, se questi signori vogliono capire, bene, se no, come si dice a Bari, chedd'iè la strad'.
Descrizioni e interpretazioni
Il succo dell'argomento che segue è la seguente semplificazione. Divido il modo di fare scienza in due settori: fare scienza in due maniera tramite "intrepretazioni", o tramite "descrizioni". Poi noto che una teoria è un'"interpretazione". Quindi faccio vedere che la teoria dell'evoluzione darwiniana è un'interpretazione. In fondo spiego qual'è il fatto (la "descrizione") che questa teoria va a spiegare.
Prima di fissare un contesto formale faccio un esempio, scrivendo due brevi immaginari articoli.
Articolo descrittivo:
Titolo: Anatomia del cervello di Stefano Cardanobile
Testo: Il cervello di Stefano Cardanobile contiene un unico neurone, di peso pari a 0.0001 microgrammi.
Articolo interpretativo:
Titolo: Fisiologia del cervello di Stefano Cardanobile
Testo: Il cervello di Stefano Cardanobile contiene un unico neurone perchè al suo possessore non serve pensare.
Se vogliamo metterci in un contesto formale, escludendodo volutamente i casi di: malafede, manipolazione dei dati, strumentazione pessima, malintesi nella scelta del vocabolario, ecco un algoritmo per produrre una descrizione scientifica,
1) Compiere un'osservazione ripetibile
2) Selezionare un pubblico
3) Selezionare un vocabolario sul quale vi sia consenso all'interno del pubblico selezionato
4) Esprimere nel vocabolario selezionato in 3) l'osservazione compiuta in 1)
Per produrre un'interpretazione scientifica, è necessario
1) Selezionare alcune descrizioni scientifiche
2) Selezionare un pubblico
3) Selezionare un vocabolario sul quale vi sia consenso all'interno del pubblico selezionato
4) Esprimere nel vocabolario selezionato in 3) una possibile spiegazione dei fatti selezionati in 1)
Osservando questi due (vaghi) algoritmi, che a me paiono condivisibili, mi pare che sia ragionevole assegnare a concetti provenienti dal primo tipo di algoritmi lo status di fatti, mentre a concetti provenienti dal secondo tipo quello di teoria.
Per essere precisi, la maggior parte (tutti) degli scienziati che ho incontrato usa i termini teoria e dato di fatto esattamente in questa accezione.
Evoluzione
Avendo ora un criterio di classificazione, mi chiedo: dove metteremo l'evoluzione in questo schema?
Per capirci, partiamo da un articolo descrittivo:
Articolo: Diversità biologica sul pianeta terra
Testo: Sul pianeta terra sono presenti diversi animali, con anatomie e fisiologie estremamente differenti.
Perchè? Ecco tre possibili spiegazioni, in forma di immaginari articoli apocrifi.
Articolo: Dell'origine divina della vita sulla terra
Testo: I vari tipi di animali sono stati creati così come sono adesso 6000 anni fa da Dio. Da allora si sono solamente riprodotti.
Articolo: L'adattamento nelle specie animali
Autore: Jean-Baptiste Lamarck
Testo apocrifo: Ogni individuo di una specie (concetto non ben definito, ma accettiamolo, ndr) è capace di adattarsi all'ambiente. Così si sono originate le specie.
Articolo: L'origine della specie
Autore: Charles Darwin
Testo apocrifo: Le variazioni avvengono in maniera casuale in sede riproduttiva. Le variazioni utili danno aditto ad invidui con successo riproduttivo maggiore. Le variazioni vengono trasmesse alla prole. Così si originano le specie.
Excursus: valutazione delle teorie
È forse interessante, anche se esula un po' dal dibattito, vedere come si valutano le teorie.
Si potrebbe pensare che ogni teoria equivalente, se si pensa che i 3 articoli precedenti hanno qualcosa in comune: esprimo delle teorie consistenti in se stesse, ma diverse che si riferiscono allo stesso dato di fatto.
Ma hanno anche qualcosa di diverso. Ognuna ha la sua specifica capacità predittiva e contenuto di verità. Nel dettaglio: la teoria creazionista è completamente sbagliata (dimostrazione: oggi ci sono specie che nel passato non c'erano, come dimostrato dai fossili - dimostrazione archeologica), la teoria lamarckiana è parzialmente sbagliata (un individuo si può adattare nel corso della sua vita, ma tali adattamenti non vengono trasmessi - dimostrazione genetica), la teoria darwinista è giusta. Faccio notare ade che il valore di giustezza è sempre determinato da altri dati di fatto, che non quelli che voglio spiegare.
Questo perchè non ho maniera di accettare o rigettare una teoria consistente in se, solo sulla base dei fenomeni che questa teoria spiega. Sembra una banalità, ma ogni tanto la gente se ne dimentica. Verifiche e falsificazioni sono da cercare all'esternodell'ambito dei fenomeni che la teoria vuole spiegare: questo a ha a che fare col fatto noi accettiamo solo teorie che abbiano una certa forza predittiva.
Conclusione
La diversità anatomica, fisiologica e zoologica delle specie viventi è un dato di fatto.
La teoria dell'evoluzione è, per l'appunto, una teoria che spiega questo dato di fatto.
Affermare che l'evoluzione è un dato di fatto è attribuire implicitamente il valore di dato di fatto ad un'interpretazione degli stessi.
Quello che Fabristol, hronir, Paolo Ferrari & co non capiscono è che distinguere fra teorie e dati di fatto non porta in nessuna maniera a sminuire il valore di tali teorie, nel caso siano giuste. Serve solo a distinguere cose che sono diverse: un'interpretazione e una descrizione appartengono semplicemente a due categorie diverse del sapere.
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giovedì, gennaio 22, 2009
Decomposizioni tensoriali
Un mio caro amico mi ha oggi posto una domanda di matematica. Al telefono gli ho dato una risposta vaga, qui ce n'è una più completa. Partiamo dall'inizio.
Supponiamo di avere una funzione F di più variabili, che chiamiamo x1,x2,...,xN. Ora supponiamo che per ogni sottoinsieme I < {1,...,N} di cardinalità |I| esistano |I| funzioni f tali che
È possibile decidere se esistono variabili "indipendenti" xi, xj? Con indipendenti intendo che, se xi,xj appartengono ad un sottoinsieme I, allora le corrispettive funzioni f^I_k devono essere identicamente nulle per ogni k. Detto in altre parole, stiamo chiedendo che xi e xj non compaiano mai contemporaneamente in uno dei fattori che compongono F. Il test è facile: questo è vero se e solo se,
per ogni x vettore di R^N. È facile verificare che vale anche per triplette di variabili xi,xj,xk e così via. (In realtà bisogna stare un po' attenti con fattori moltiplicativi davanti a F, ma non è essenziale adesso).
La proprietà di decomposizione tensoriale che ho specificato qui sopra non è fondamentale: è sufficiente che per ogni I esistano n_I gruppi, ciascuno contenente |I| funzioni che abbiano la proprietà succitata. Il caso che ho discusso è quello in cui n_I è sempre 1.
Visto da un altro punto di vista: se stiamo parlando di funzioni lisce, allora stiamo affermando che F deve essere una combinazione lineare di prodotti tensoriali di funzioni lisce di una variabile.
La cosa divertente è che tempo fa, mentre lavoravo con un collega a questo articolo, ci eravamo scontrati con un problema analogo: si trattava di stabilire (se ricordo bene, il contesto era comunque quello di funzioni a valori operatoriali) se le combinazioni lineari di prodotti tensoriali siano un sottospazio denso di un qualche spazio (che non ricordo più quale era) di funzioni definite su R^N.
Supponiamo di avere una funzione F di più variabili, che chiamiamo x1,x2,...,xN. Ora supponiamo che per ogni sottoinsieme I < {1,...,N} di cardinalità |I| esistano |I| funzioni f tali che
È possibile decidere se esistono variabili "indipendenti" xi, xj? Con indipendenti intendo che, se xi,xj appartengono ad un sottoinsieme I, allora le corrispettive funzioni f^I_k devono essere identicamente nulle per ogni k. Detto in altre parole, stiamo chiedendo che xi e xj non compaiano mai contemporaneamente in uno dei fattori che compongono F. Il test è facile: questo è vero se e solo se,
per ogni x vettore di R^N. È facile verificare che vale anche per triplette di variabili xi,xj,xk e così via. (In realtà bisogna stare un po' attenti con fattori moltiplicativi davanti a F, ma non è essenziale adesso).
La proprietà di decomposizione tensoriale che ho specificato qui sopra non è fondamentale: è sufficiente che per ogni I esistano n_I gruppi, ciascuno contenente |I| funzioni che abbiano la proprietà succitata. Il caso che ho discusso è quello in cui n_I è sempre 1.
Visto da un altro punto di vista: se stiamo parlando di funzioni lisce, allora stiamo affermando che F deve essere una combinazione lineare di prodotti tensoriali di funzioni lisce di una variabile.
La cosa divertente è che tempo fa, mentre lavoravo con un collega a questo articolo, ci eravamo scontrati con un problema analogo: si trattava di stabilire (se ricordo bene, il contesto era comunque quello di funzioni a valori operatoriali) se le combinazioni lineari di prodotti tensoriali siano un sottospazio denso di un qualche spazio (che non ricordo più quale era) di funzioni definite su R^N.
mercoledì, gennaio 21, 2009
MCCN X
Giovedì scorso ho spiegato qualcosa sui grafi casuali. Questi sono variabili aleatorie con valori in insiemi di grafi; di solito vengono realizzati utilizzando un qualche tipo di algoritmo casuale.
Faccio un esempio: disegnate N nodi su un foglio e scegliete un valore p fra 0 e 1, che rappresenta la connettività attesa del grafo.
Per ogni lato possibile (sono 0.5N(N+1), quindi prendetevi un po' di tempo) estraete un numero casuale uniformente distribuito tra 0 e 1. Se non avete un generatore di numeri casuali a portata di mano (basta Excel) scegliete un numero fra 1 e 6 al posto di p, e tirate un dado. Se questo numero è minore di p, disegnate il lato che state esaminando. Altimenti no. Il disegno che ottenete dopo aver tirato per tutti i possibili lati è un grafo casuale alla Erdös-Renyi.
La cosa interessante: c'è gente che afferma che le connessioni cerebrali sono, più o meno, un grafo casuale di questo tipo.
Faccio un esempio: disegnate N nodi su un foglio e scegliete un valore p fra 0 e 1, che rappresenta la connettività attesa del grafo.
Per ogni lato possibile (sono 0.5N(N+1), quindi prendetevi un po' di tempo) estraete un numero casuale uniformente distribuito tra 0 e 1. Se non avete un generatore di numeri casuali a portata di mano (basta Excel) scegliete un numero fra 1 e 6 al posto di p, e tirate un dado. Se questo numero è minore di p, disegnate il lato che state esaminando. Altimenti no. Il disegno che ottenete dopo aver tirato per tutti i possibili lati è un grafo casuale alla Erdös-Renyi.
La cosa interessante: c'è gente che afferma che le connessioni cerebrali sono, più o meno, un grafo casuale di questo tipo.
mercoledì, gennaio 14, 2009
John rules
At about the same time, the theory of automata developed as an independent study, making use of closely related mathematical notions. There was those - John von Neumann, for example - who felt that the entire development was dubious and shaky at best, and probably quite misconceived, but such qualms did not go far to dispel the feeling that mathematics, technolog, and behavioristic linguistics and psychology were converging on a point of view that was very simple, very clear, and fully adequate to provide a basic understanding of what tradition had left shrouded in mystery.
Noam Chomsky, in "Languange and Mind"
Mi chiedo: mettiamo che John von Neumann avesse vissuto 100 anni, invece di 54. Dove sarebbe arrivata adesso la scienza?
Noam Chomsky, in "Languange and Mind"
Mi chiedo: mettiamo che John von Neumann avesse vissuto 100 anni, invece di 54. Dove sarebbe arrivata adesso la scienza?
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lunedì, gennaio 12, 2009
MCCN IX
Giovedì ci siamo occupati di equazioni differenziali ritardate. Quest'ultime sono equazioni della forma
Il loro carattere distintivo è che la derivata ad un certo tempo dipende dallo stato ad un tempo passato. Questo è importante in alcune questioni di modellazione; nelle neuroscienze, ad esempio, può servire includere in un modello i ritardi nella trasmissione dell'attività dovuti al tragitto che i potenziali d'azione devono percorrere lungo l'assone, o dovuti all'integrazione sinaptica.
Le equazioni con ritardo sono uno degli esemplici più classici di equazioni che possono essere risolte con l'aiuto di spazi di dimensione infinita. Questo lo si può vedere scrivendo l'equazione di cui sopra in forma infinitesimale
Se n è un numero finito, allora t+(n-1)e-1 è minore di t, e dato che questo vale per ogni n finito, allora se ne deduce (overspill!) che è necessario conoscere i valori assunti dalla funzione in tutto un intervallo (t-1,t) che precede t, per poterne costruire i valori nell'intervallo (t,t+1).
Questo vuol dire che è necessario specificare una intera funzione come valore iniziale, e quindi lo spazio degli stati è uno spazio di funzioni!
Il loro carattere distintivo è che la derivata ad un certo tempo dipende dallo stato ad un tempo passato. Questo è importante in alcune questioni di modellazione; nelle neuroscienze, ad esempio, può servire includere in un modello i ritardi nella trasmissione dell'attività dovuti al tragitto che i potenziali d'azione devono percorrere lungo l'assone, o dovuti all'integrazione sinaptica.
Le equazioni con ritardo sono uno degli esemplici più classici di equazioni che possono essere risolte con l'aiuto di spazi di dimensione infinita. Questo lo si può vedere scrivendo l'equazione di cui sopra in forma infinitesimale
Se n è un numero finito, allora t+(n-1)e-1 è minore di t, e dato che questo vale per ogni n finito, allora se ne deduce (overspill!) che è necessario conoscere i valori assunti dalla funzione in tutto un intervallo (t-1,t) che precede t, per poterne costruire i valori nell'intervallo (t,t+1).
Questo vuol dire che è necessario specificare una intera funzione come valore iniziale, e quindi lo spazio degli stati è uno spazio di funzioni!
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mercoledì, gennaio 07, 2009
Vector-valued diffusions
After a long break (we went to Hamburg for New Year's Day: it was cold and rainy but the Kunsthalle and the Hafenrundfahrt have been fantastic) I'm back on math.
Delio Mugnolo and me just uploaded on arXiv our last work on parabolic systems.
If you are analysing a diffusion equation on a graph, you usually define a measure space representing the network, and then define a scalar-valued diffusion on this network. Of course, you could take the symmetric way and choose to use a single interval, and to represent your diffusion equation as a 'diagonal', vector-valued diffusion. The graph structure is in both cases encoded in the non-diagonal coupling of the boundary conditions.
If you use this point of view, you maybe come up with the idea of use exactly the same approach on domains in order to obtain vector-valued diffusion equations with non-diagonal couplings in the boundary conditions.
This is exactly what Delio and me do in the paper: we study such systems, also because we are interested in understanding the connections of the these systems to gauge symmetries - if there are some.
PS: of course, you can also introduce coupling in the coefficients of the diffusion, and then it is no longer a 'diagonal' diffusion, but I only wanted to write a post, not a full article...
PPS: probably, in two or three week I also will upload on arXiv my first neuro-paper!
Delio Mugnolo and me just uploaded on arXiv our last work on parabolic systems.
If you are analysing a diffusion equation on a graph, you usually define a measure space representing the network, and then define a scalar-valued diffusion on this network. Of course, you could take the symmetric way and choose to use a single interval, and to represent your diffusion equation as a 'diagonal', vector-valued diffusion. The graph structure is in both cases encoded in the non-diagonal coupling of the boundary conditions.
If you use this point of view, you maybe come up with the idea of use exactly the same approach on domains in order to obtain vector-valued diffusion equations with non-diagonal couplings in the boundary conditions.
This is exactly what Delio and me do in the paper: we study such systems, also because we are interested in understanding the connections of the these systems to gauge symmetries - if there are some.
PS: of course, you can also introduce coupling in the coefficients of the diffusion, and then it is no longer a 'diagonal' diffusion, but I only wanted to write a post, not a full article...
PPS: probably, in two or three week I also will upload on arXiv my first neuro-paper!
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