venerdì, ottobre 06, 2006
Norvegia V: Oxford
Non ho scritto per tanto tempo, e i ricordi cominciano a essere piu´ labili. Ci sarebbe tanto altro da scrivere, ma chi mi conosce sa cio´ che deve sapere. Bene, il quinto giorno ci siamo svegliati. E pioveva. Non forte, non a dirotto. Ma pioveva. Pioggia leggera e fastidiosa, che si preparava ad inzuppare tutto cio´ che ci era rimasto. Con abilita´ ed efficienza, tuttavia, abbiamo smontato il campo, e ci siamo messi in marcia. Dovevamo aggirare dall´alto il lago, cercando un sentiero, una pista, una qualsiasi cosa per scendere sotto il ghiacciaio. Che, per evidenti motivi, non potevamo attraversare. M., studiata la mappa, aveva capito che bisognava scendere in maniera da arrivare direttamente su un ponte, e cosi´ abbiamo fatto. Il primo tratto e´ stato sotto la pioggia, condensa piu´ precisamente, peraltro dentro una nuvola, che non permetteva a M. di procedere troppo rapidamente in esplorazione. Comunque, dopo qualche tempo, e´ riuscito a trovare una pista che, in maniera un po´ impervia, era destinata a portarci sotto il ghiacciaio. La cosa veramente fastidiosa erano le rocce scivolose, su cui cadere era estremamente facile. Tanto che spesso risultava piu´ sicuro e veloce farsi scivolare su di esse, piuttosto che camminarci con passetti lenti, brevi e, comunque instabili. In realta´ non e´ stato particolarmente fastidioso, anche perche´ ad un certo punto, usciti dalla nuvola, era anche piu´ piacevole camminare. Siamo arrivati, quindi, ad un´orario non troppo tardo, accanto al ghiacciaio, bellissimo con i suoi colori surreali: bianco e blu iridescente. Li´ abbiamo fatto un´abbondante colazione. Faceva freddo. Abbiamo cercato tutti di metterci qualcosa di asciutto e ci siamo rimessi in marcia. Fortunatamente la microfibra si asciuga immediatamente: materiale meraviglioso, il poliestere. Nella seconda parte della marcia D. ha dimostrato ancora una volta di essere in grado di riprendersi completamente: guidava la fila estrema baldanzosita´. Abbiamo marciato a lungo, e, da un certo punto in poi, in discesa. Cantando come marines, peraltro. Per la prima volta, all´inizio del pomeriggio, abbiamo visto il fiordo e la vegetazione ha cominciato a cambiare. Abbiamo marciato fino al tardo pomeriggio, quando siamo arrivati sul bordo di un lago. Non sapevamo bene cosa fare e abbiamo deciso di incamminarci verso una shunt che si vedeva in lontananza. C´era pero´ un problema: si procedeva all´interno di una palude, letteralmente: una fottutissima palude, nella quale si rischiava di affondare in continuazione. Ma sembrava essere possibile procedere con semplicita´, anche se era lontana. Fino a quando non siamo stati costretti ad attraversare un roveto che mi ha fatto perdere la calma. Peggio, devo ammettere che, stanco e nervoso, ho completamente perso il controllo di me stesso. Insomma, dopo alcuni minuti di feroci discussioni, abbiamo cambiato direzione e ci siamo avviati a tutta la velocita´ che ci era concessa attraverso la palude, verso la strada maestra, contando di seguirla fino a trovare un posto per piazzare la tenda. Che sembrava non arrivare mai, a dire il vero. Fortuna volle, che, ormai poco prima del calar del sole, trovassimo una meravigliosa radura, senza la solita palude, in pianura, fra due pccihi che ci proteggevano dal vento. Un miracolo, quasi. Abbiamo montato le tende. Abbiamo messo tutto cio´ che avevamo ad asciugare e G. a cucinare. Io ero bagnato e congelato, e ho dovuto aspettare qualche minuto nella tenda per riprendermi. Poi, fortunatamente, mi sono sentito meglio. Ci e´ andata bene: abbiamo mangiato bene e in abbondanza e ci siamo messi a dormire, sperando di non venire puniti da ulteriore pioggia.
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