martedì, agosto 22, 2006

Norvegia III: D.M. e´ tornato

Il mio collega, D.M., e´ tornato. Sono riuscito a vedere le foto della Norvegia sul suo laptop. Appena me le masterizza conto di metterne qualcuna sul blog.
Un brutta sorpresta, la mattina del terzo giorno. Freddo di notte, e di mattina l´interno delle tende: umido. Quasi bagnato. Mi si profila un incubo: l´equipaggiamento non teneva la pioggia. Ancora una volta, come il giorno prima vedevo la nostra escursione terminare prima del tempo. Ho scoperto di essere abbstanza ansioso in questi giorni. Ed ho anche scoperto che la faccenda e´ molto migliorata col passare dei giorni, per fortuna. Di necessita´: virtu´. Per fortuna non erano le tende che non tenevano la pioggia. Il giorno prima, fiduciosi in un cielo sereno a perdita d´occhio, non avevamo palettato le tende, e cosi´ l´umidita´ del lago si era condensta. Incredibile quanta condensa, davvero. Una partenza efficiente quella mattina. D. era di nuovo in forma e abbiamo marciato con abilita´ di mattina. Obiettivo: le "power lines". Avevamo deciso infatti, di salire sul monte piu´ alto della zona. Per far questo c´erano due strade: seguire il sentiero, deviando di molti chilometri (e pregiudicando forse la possibilita´ di arrivare a Edfjord in tempo) o fidarci dell´abilita´ di coastguard di M. e tagliare direttamente verso il monte, risparmiando cosi´ numerosi chilometri. Inutile dire quale e´ stata la nostra scelta. L´abbandono del sentiero era previsto all´altezza delle "power lines", unico di segno di civilta´ in un una zona che non sembrava conoscerne. Cosicche´ arrivati alle power lines ci siamo fermati a fare colazione - abbiamo rapidamente preso l´abitudine, infatti, di svegliarci verso le sei e trenta, smontare il campo, camminare due o tre ore, e dopo fermarci a fare colazione, memori della bella sensazione del primo giorno, in cui avevamo fatto chilometri e chilometri prima che scoccasse mezzoggiorno - e abbiamo riempito le borracce. E mentre M. studiava il percorso, ci preparavamo ad una lunga marcia. Speravamo, infatti, di accamparci vicino un lago piuttosto distante, e non sapevamo se saremmo stati in grado di arrivarci. Fatto sta che ci siamo messi in marcia con una lena degna di miglior causa, attraverso un paesaggio lunare, privo di alberi, costellato in continuazione di laghetti, tagliando su e giu´ per vari dirupi. Inutile dire la fatica che facevamo, carichi come eravamo di pesanti zaini. L´ultima prova e´ stata abbsatanza terribile: arrampicatici su di una montagna molto ripida - costretti ad usare le mani - ci siamo trovati in ambasce al momento di scendere. Ripido, sassoso e franoso. Abbiamo mandato tutti avanti senza zaini, e poi io e M. li abbiamo traghettati senza troppe difficolta´. Comunque sia un procedimento lungo e faticoso. Dopodiche´ abbiamo ripreso a marciare con lena, sempre su saliscendi, anche se relativamente dolci, fino a quando ci siamo arrivati, al lago. Ad una serie di laghi, a dire il vero. Che ci mettevano di fronte ad un dilemma: aggirarli, camminando per chilometri e chilometri, rischiando di fare molto tardi - nel frattempo avevamo scelto come meta una shunt accanto al lago trovata sulla cartina - o cercare un guardo in una strettoia del lago. Cosi´ abbiamo fatto. Arrivati in vista della shunt, siamo stati costretti a guadare. L´acqua era fredda, le pietre scivolosissime e taglienti, e sono stati forse i dieci metri piu´ lunghi della mia vita, con quell´acqua gelata alle ginocchia. Qualcuno di noi e´ mezzo caduto, e mai dimentichero´ D. che lancia le sue scarpe, prima una e poi l´altra al centro del lago, invece che sulla riva opposta, cosi´ come M. che si e´ massacrato i piedi per impedire che una scarpa scivolasse verso la parte grande del lago. La shunt era accessibile: li´ abbiamo messo il campo e cucinato. Tre di noi hanno anche dormito all´interno, io e D. fuori, ma non era freddo, si stava benissimo anche in maglietta e felpa. Solo uno di noi sembrava non essere riuscito a passare indenne la traversata: D.P. che tremava di freddo e di stanchezza. Ma la shunt e il suo calore, e la saggia cucina di G. hanno fatto il loro dovere, permettendoci di andare a dormire senza ulteriori preoccupazioni.

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