È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo
Lettera agli Efesini
Da una parte il Papa è felice del nuovo governo.
Dall'altra, Famiglia Cristiana si sta accorgendo che non è stato un grande affare mandare al potere Berlusconi: vedi qui e qui.
A chi credere?
giovedì, maggio 29, 2008
mercoledì, maggio 28, 2008
Stazionarietà e processi stocastici
Uno dei concetti più interessanti in matematica è quello di sistema dinamico. Per spiegarla in maniera molto coincisa, si fissi uno spazio degli stati, diciamo R, e uno spazio dei tempi, diciamo [0,oo). Allora un sistema dinamico è una applicazione dallo spazio dei tempi allo spazio degli stati. In altre parole, un sistema dinamico su R è una funzione che ad ogni tempo t>=0 mi dice in che punto di R mi trovo.
Questo concetto ha un interessante corrispettivo probabilistico: il processo stocastico. In questo caso, il nostro spazio degli stati consiste di variabili casuali, cioè, la posizione al tempo t è un numero casuale invece di essere precisamente determinato.
Faccio un esempio banale per far vedere quante possibilità in più danno i processi stocastici. Un processo stocastico è detto debolmente stazionario se E(X(t)X(s)) è una funzione di t-s. Qui e altrove E denota il valore atteso.
Faccio notare che molti importanti processi stocastici; ad esempio il moto browniano sono stazionari. Questo per dire che la classe dei processi debolmente stazionari è ampia e importante.
Supponiamo adesso che il processo stocastico stazionario sia in realtà deterministico, cioè che per ogni ogni variabile casuale X(t) esista un numero f(t) tale che X(t)=f(t) quasi sicuramente. Allora un tale processo stocastico è quasi sicuramente un sistema dinamico.
Ora voglio far vedere che già in una dimensione i processi stocastici hanno una ricchezza molto maggiore dei sistemi dinamici.
Domanda
Quali sono i sistemi dinamici stazionari?
Cominciamo col notare che, dato che X(t) è quasi sicuramente uguale ad f(t), allora il valore atteso soddisfa E(X(t))=f(t). Quindi la condizione di stazionarietà si riduce all'equazione funzionale
f(t)f(s) = F(t-s)
per una funzione arbitraria F. Si scelga t=s. Risolvendo l'equazione funzionale si ottiene
f(t)²= F(0).
Dato che questa relazione vale per ogni t>0, si ottiene che f(t)=f(s) per ogni t ed s.
Risposta
Com'era da aspettarsi, gli unici processi stazionari deterministici sono quelli costanti...
Questo concetto ha un interessante corrispettivo probabilistico: il processo stocastico. In questo caso, il nostro spazio degli stati consiste di variabili casuali, cioè, la posizione al tempo t è un numero casuale invece di essere precisamente determinato.
Faccio un esempio banale per far vedere quante possibilità in più danno i processi stocastici. Un processo stocastico è detto debolmente stazionario se E(X(t)X(s)) è una funzione di t-s. Qui e altrove E denota il valore atteso.
Faccio notare che molti importanti processi stocastici; ad esempio il moto browniano sono stazionari. Questo per dire che la classe dei processi debolmente stazionari è ampia e importante.
Supponiamo adesso che il processo stocastico stazionario sia in realtà deterministico, cioè che per ogni ogni variabile casuale X(t) esista un numero f(t) tale che X(t)=f(t) quasi sicuramente. Allora un tale processo stocastico è quasi sicuramente un sistema dinamico.
Ora voglio far vedere che già in una dimensione i processi stocastici hanno una ricchezza molto maggiore dei sistemi dinamici.
Domanda
Quali sono i sistemi dinamici stazionari?
Cominciamo col notare che, dato che X(t) è quasi sicuramente uguale ad f(t), allora il valore atteso soddisfa E(X(t))=f(t). Quindi la condizione di stazionarietà si riduce all'equazione funzionale
f(t)f(s) = F(t-s)
per una funzione arbitraria F. Si scelga t=s. Risolvendo l'equazione funzionale si ottiene
f(t)²= F(0).
Dato che questa relazione vale per ogni t>0, si ottiene che f(t)=f(s) per ogni t ed s.
Risposta
Com'era da aspettarsi, gli unici processi stazionari deterministici sono quelli costanti...
lunedì, maggio 26, 2008
Spot
Se uno elegge Berlusconi e Alemanno deve anche mettere in conto che poi lo prendono per il culo, no?
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sabato, maggio 24, 2008
Più infinito
Qualche giorno fa ho spiegato i concetti di equipotenza e di infinito. In particolare, ho mostrato che i due concetti sono strettamente legati perchè un insieme è infinito se e solo se è equipotente ad una sua parte propria.
Ad esempio, i naturali sono equipotenti ai quadrati perfetti, essi sono una parte propria dei naturali, quindi l'insieme dei naturali è infinito.
La questione fondamentale è, ripeto, se i due insiemi infiniti dei quadrati perfetti e dei naturali siano equipotenti.
Sorge spontanea la domanda:
Domanda
Ogni due insiemi infiniti sono tra loro equipotenti?
La risposta è molto semplice:
Risposta
No. Controesempio: i numeri reali sono di più dei numeri naturali.
Dimostrazione
Dato che ogni naturale è reale, è chiaro che i reali sono almeno quanto i naturali. Dobbiamo quindi dimostrare l'impossibilità di trovare una funzione suriettiva dai naturali ai reali. È sufficiente dimostrare che non esiste una funzione biettiva da N all'intervallo (0,1) che è strettamente contenuto nei reali.
Consideriamo funzione iniettiva dai naturali ai reali. Per ogni naturale n, abbiamo un reale r, che provvederemo a scrivere nella sua notazione decimale, possibilmente infinita. Adesso abbiamo una lista numerata di tutti i reali scritti in notazione decimale.
Ad esempio:
1 --> 0.333333.........
2 --> 0.25000000000....
3 --> 0.23417171717....
4 --> 0.10000000000....
5 --> 0.1245389457[...]
e così via. I punti normali ... significano che il periodo viene ripetuto per sempre, i puntini nelle parentesi [...] significano che il numero non è periodico.
Adesso costruiamo un numero c in questa maniera:
- come cifra intera prendiamo lo 0;
- come prima cifra decimale prendiamo 0, se la prima cifra decimale del primo numero della lista non è 0 e prendiamo 1 se la prima cifra decimale del primo numero della lista è 0;
- come seconda cifra decimale prendiamo 0, se la prima cifra decimale del secondo numero della lista non è 0 e prendiamo 1 se la seconda cifra decimale del secondo numero della lista è 0;
- e così via per tutti i naturali...
nel caso precedente c avrà la seguente forma
c = 0.00010[...]
Adesso notiamo che c è un numero reale fra 0 e 1, dato che ha una notazione decimale ben definita. Per verificare che la nostra lista sia suriettiva, dobbiamo verificare che c sia nella lista. Immaginiamo che c sia il 125° numero della lista. Adesso vediamo che la 125° cifra di c è 0 se la 125° cifra del 125° numero non era 0 e 1 se era 0. Quindi essi differiscono nel loro sviluppo decimale e quindi, risparmiandoci i dettagli tecnici sul fatto che due numeri diversi possano avere lo stesso sviluppo decimale, abbiamo dimostrato che c non può essere nella lista.
Riassumendo: abbiamo appena trovato un reale c che non è contenuto nella lista, cioè non è immagine di nessun numero naturale per la nostra funzione iniettiva. Quindi la funzione non è suriettiva. Q.e.d.
Quello che avete appena visto in azione è il temibile argomento diagonale di Cantor del 1891, una delle armi matematiche più terribili mai sviluppate al mondo.
La cosa più inquietante, è che fino al 1891, ripeto: milleottocentonovantuno!, non si erano accorti di questo fenomeno che adesso è possibile spiegare a chiunque...
Ad esempio, i naturali sono equipotenti ai quadrati perfetti, essi sono una parte propria dei naturali, quindi l'insieme dei naturali è infinito.
La questione fondamentale è, ripeto, se i due insiemi infiniti dei quadrati perfetti e dei naturali siano equipotenti.
Sorge spontanea la domanda:
Domanda
Ogni due insiemi infiniti sono tra loro equipotenti?
La risposta è molto semplice:
Risposta
No. Controesempio: i numeri reali sono di più dei numeri naturali.
Dimostrazione
Dato che ogni naturale è reale, è chiaro che i reali sono almeno quanto i naturali. Dobbiamo quindi dimostrare l'impossibilità di trovare una funzione suriettiva dai naturali ai reali. È sufficiente dimostrare che non esiste una funzione biettiva da N all'intervallo (0,1) che è strettamente contenuto nei reali.
Consideriamo funzione iniettiva dai naturali ai reali. Per ogni naturale n, abbiamo un reale r, che provvederemo a scrivere nella sua notazione decimale, possibilmente infinita. Adesso abbiamo una lista numerata di tutti i reali scritti in notazione decimale.
Ad esempio:
1 --> 0.333333.........
2 --> 0.25000000000....
3 --> 0.23417171717....
4 --> 0.10000000000....
5 --> 0.1245389457[...]
e così via. I punti normali ... significano che il periodo viene ripetuto per sempre, i puntini nelle parentesi [...] significano che il numero non è periodico.
Adesso costruiamo un numero c in questa maniera:
- come cifra intera prendiamo lo 0;
- come prima cifra decimale prendiamo 0, se la prima cifra decimale del primo numero della lista non è 0 e prendiamo 1 se la prima cifra decimale del primo numero della lista è 0;
- come seconda cifra decimale prendiamo 0, se la prima cifra decimale del secondo numero della lista non è 0 e prendiamo 1 se la seconda cifra decimale del secondo numero della lista è 0;
- e così via per tutti i naturali...
nel caso precedente c avrà la seguente forma
c = 0.00010[...]
Adesso notiamo che c è un numero reale fra 0 e 1, dato che ha una notazione decimale ben definita. Per verificare che la nostra lista sia suriettiva, dobbiamo verificare che c sia nella lista. Immaginiamo che c sia il 125° numero della lista. Adesso vediamo che la 125° cifra di c è 0 se la 125° cifra del 125° numero non era 0 e 1 se era 0. Quindi essi differiscono nel loro sviluppo decimale e quindi, risparmiandoci i dettagli tecnici sul fatto che due numeri diversi possano avere lo stesso sviluppo decimale, abbiamo dimostrato che c non può essere nella lista.
Riassumendo: abbiamo appena trovato un reale c che non è contenuto nella lista, cioè non è immagine di nessun numero naturale per la nostra funzione iniettiva. Quindi la funzione non è suriettiva. Q.e.d.
Quello che avete appena visto in azione è il temibile argomento diagonale di Cantor del 1891, una delle armi matematiche più terribili mai sviluppate al mondo.
La cosa più inquietante, è che fino al 1891, ripeto: milleottocentonovantuno!, non si erano accorti di questo fenomeno che adesso è possibile spiegare a chiunque...
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venerdì, maggio 23, 2008
Delusione
Ieri sono andato a vedere Indiana Jones IV.
Ve lo sconsiglio, in particolare se avete amato i primi tre della serie. È, infatti, una schifezza ignobile: per darvi un'idea, Spielberg ha avuto il coraggio di usare degli extraterrestri come motore della storia...
Risparmiatevelo, sembra un incrocio malriuscito tra 007 e X-Files.
Ve lo sconsiglio, in particolare se avete amato i primi tre della serie. È, infatti, una schifezza ignobile: per darvi un'idea, Spielberg ha avuto il coraggio di usare degli extraterrestri come motore della storia...
Risparmiatevelo, sembra un incrocio malriuscito tra 007 e X-Files.
martedì, maggio 20, 2008
Temp(eratura)
Oggi leggevo un vecchio numero del New Scientist, precisamente questo articolo. Mentre lo leggevo, mi sono ricordato dell'interesse di hronir per Rovelli. Poi ho scoperto che Rovelli ha collaborato con Connes e la cosa mi ha entusiasmato ancora di più.
Riassumendo l'articolo in poche parole, Connes e Rovelli affermano che il tempo non sia una grandezza fisica fondamentale, ma che sia l'emergere macroscopico di proprietà più fondamentali. Cioè, noi uomini non siamo in grado di vedere cosa succede ai livelli microscopici e ne traiamo un effetto di insieme che ci da l'impressione di un tempo che scorre.
Secondo loro, il tempo è una grandezza simile alla temperatura, che pure non ha senso a livello microscopico. Quello che noi percepiamo come temperatura è l'energia di agitazione media delle particelle con cui veniamo a contatto. Una conseguenza di questo ragionamento è che non esiste una temperatura come grandezza assoluta, ma essa esiste solo come, diciamo così, convenzione macroscopica.
Si pone quindi il problema di riformulare le teorie fisiche correnti in maniera di tenere conto di questa caratteristica peculiare del tempo. E qui cominciano le difficoltà.
Il problema è che da una parte la relatività generale è formulata facendo a meno di un tempo assoluto: il tempo è esso stesso soggetto a certe leggi geometriche; dall'altra, le equazioni della meccanica quantistica (e tutte le loro fantastiche predizioni!) sono formulate come sistemi dinamici in cui la variabile è la funzione d'onda ed esiste un tempo assoluto rispetto al quale si evolve tale sistema dinamico.
Quindi, per risolvere questo dilemma sorge la necessità di unificare relatività generale e meccanica quantistica. Di formulare, cioè, la gravità quantistica.
Per fortuna, mi occupo di neuroscienze.
Riassumendo l'articolo in poche parole, Connes e Rovelli affermano che il tempo non sia una grandezza fisica fondamentale, ma che sia l'emergere macroscopico di proprietà più fondamentali. Cioè, noi uomini non siamo in grado di vedere cosa succede ai livelli microscopici e ne traiamo un effetto di insieme che ci da l'impressione di un tempo che scorre.
Secondo loro, il tempo è una grandezza simile alla temperatura, che pure non ha senso a livello microscopico. Quello che noi percepiamo come temperatura è l'energia di agitazione media delle particelle con cui veniamo a contatto. Una conseguenza di questo ragionamento è che non esiste una temperatura come grandezza assoluta, ma essa esiste solo come, diciamo così, convenzione macroscopica.
Si pone quindi il problema di riformulare le teorie fisiche correnti in maniera di tenere conto di questa caratteristica peculiare del tempo. E qui cominciano le difficoltà.
Il problema è che da una parte la relatività generale è formulata facendo a meno di un tempo assoluto: il tempo è esso stesso soggetto a certe leggi geometriche; dall'altra, le equazioni della meccanica quantistica (e tutte le loro fantastiche predizioni!) sono formulate come sistemi dinamici in cui la variabile è la funzione d'onda ed esiste un tempo assoluto rispetto al quale si evolve tale sistema dinamico.
Quindi, per risolvere questo dilemma sorge la necessità di unificare relatività generale e meccanica quantistica. Di formulare, cioè, la gravità quantistica.
Per fortuna, mi occupo di neuroscienze.
lunedì, maggio 19, 2008
Bluebeard thinks
sabato, maggio 17, 2008
Un enigma
Questo post è un po' tecnico, quindi occhio!
Date due variabili casuali, la covarianza è una misura di come queste due variabili siano correlate. Se chiamiamo le vue variabili X e Y e se E denota il valore atteso, essa è definita come
Cov(X,Y) = E[(X-E(X))(Y-E(Y))]
Consideriamo ora lo spazio delle variabili casuali a quadrato sommabile, che altro non sarebbe che L²(X,P) dove (X,P) è il nostro spazio di probabilità. Allora le due variabili sono due vettori f e g nello spazio di Hilbert e l'espressione di cui sopra si riduce a
Facendosi un po' di conti si vede che Cov è una forma bilineare (e, se le nostre variabili casuali sono complesse, anche sesquilineare) continua, simmetrica e accretiva. Se ne deduce che esiste un operatore associato con essa che genera un semigruppo di contrazioni.
Domanda 1
Qual è l'operatore associato alla covarianza?
Se si vuole riformulare il problema in un'altra maniera, si osservi che Var(X)=Cov(X,X), cioè la varianza è la forma quadratica associata alla covarianza. La domanda seguente è equivalente alla precedente
Domanda 2
Qual è il gradiente della varianza?
Date due variabili casuali, la covarianza è una misura di come queste due variabili siano correlate. Se chiamiamo le vue variabili X e Y e se E denota il valore atteso, essa è definita come
Cov(X,Y) = E[(X-E(X))(Y-E(Y))]
Consideriamo ora lo spazio delle variabili casuali a quadrato sommabile, che altro non sarebbe che L²(X,P) dove (X,P) è il nostro spazio di probabilità. Allora le due variabili sono due vettori f e g nello spazio di Hilbert e l'espressione di cui sopra si riduce a
Facendosi un po' di conti si vede che Cov è una forma bilineare (e, se le nostre variabili casuali sono complesse, anche sesquilineare) continua, simmetrica e accretiva. Se ne deduce che esiste un operatore associato con essa che genera un semigruppo di contrazioni.
Domanda 1
Qual è l'operatore associato alla covarianza?
Se si vuole riformulare il problema in un'altra maniera, si osservi che Var(X)=Cov(X,X), cioè la varianza è la forma quadratica associata alla covarianza. La domanda seguente è equivalente alla precedente
Domanda 2
Qual è il gradiente della varianza?
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venerdì, maggio 16, 2008
Logici
Studiate matematica. Ma se un giorno vi accade di diventare dei logici, iniziate a preoccuparvi che di solito finisce male.
Georg Cantor: incompreso dalla comunità scientifica, forse anche a causa del disturbo bipolare da cui era affetto, muore in povertà in un ospedale nel 1918.
Kurt Gödel: perseguitato come ebreo (senza esserlo, per giunta) fugge dall'Austria per gli USA. Sviluppa una forma di ossessione, teme costantemente di essere avvelenato e lascia assaggiare il cibo dalla moglie. Quando lei finisce in ospedale per 6 mesi, rifiuta di mangiare e muore di fame nel 1978.
Alan Turing: condannato per omosessualità in Inghilterra, è sottoposto a castrazione chimica nel 1952. Nel 1954 si suicida ingerendo una mela avvelenata.
Ps: ho modificato il post grazie ai suggerimenti di Hronir nei commenti
Georg Cantor: incompreso dalla comunità scientifica, forse anche a causa del disturbo bipolare da cui era affetto, muore in povertà in un ospedale nel 1918.
Kurt Gödel: perseguitato come ebreo (senza esserlo, per giunta) fugge dall'Austria per gli USA. Sviluppa una forma di ossessione, teme costantemente di essere avvelenato e lascia assaggiare il cibo dalla moglie. Quando lei finisce in ospedale per 6 mesi, rifiuta di mangiare e muore di fame nel 1978.
Alan Turing: condannato per omosessualità in Inghilterra, è sottoposto a castrazione chimica nel 1952. Nel 1954 si suicida ingerendo una mela avvelenata.
Ps: ho modificato il post grazie ai suggerimenti di Hronir nei commenti
giovedì, maggio 15, 2008
Infinito
Nessuno potrà cacciarci dal Paradiso che Cantor ha creato
David Hilbert
Oggi, mentre ero ad un seminario, l'oratore ha affermato una cosa interessante. Cioè voleva convincerci del fatto che uno spazio di parametri fosse "quasi infinite dimensional". Voleva dire, in realtà che vi erano molti parametri: circa 1000000.
Così, mentre ero sotto la doccia, mi sono ricordato della spiegazione che mi diede una volta mio padre dell'infinito: un numero così grande che è più grande di qualsiasi altro numero che tu possa immaginare.
Certo è una buona spiegazione, ma poi porta a errori mentali come affermare che R^10000000 sia quasi infinito dimensionale. Questo perchè, dal punto di vista di noi uomini, prendere un numero più grande ci "avvicina" in qualche maniera all'infinito. Quindi, se prendo un numero molto grande, allora sarò molto vicino all'infinito.
Niente di più falso, per il semplice motivo che l'infinito non è un numero! Mettetevi infatti nei panni dell'infinito e considerate il numero 1. Allora 1/infinito è sicuramente più piccolo di 1/10, dato che infinito è maggiore di 10. Ma anche di 1/100. Ma anche di 1/1000 e così via. Adesso se considero il numero 11111111111111, che di certo è molto più grande di 1, ragionando nella stessa maniera, scopro che 11111111111111/infinito è minore di 1/10, di 1/100, di 1/1000 etc... Cioè, per l'infinito tutti gli altri numeri valgono 0, non conta quanto siano grandi.
Cos'è l'infinito, allora? Per ottenere la risposta, dobbiamo capire cos'è la grandezza di un insieme. In matematica si dice che due insiemi A e B sono ugualmente grandi o, più precisamente, equipotenti, se esiste una funzione f da A a B che sia bigettiva. Ad esempio, l'insieme dei giorni di una settimana e dei re di Roma sono equipotenti. Per vederlo, si consideri la funzione f che associa al lunedì Romolo, al martedì Numa Pompilio, al mercoledì Tullio Ostilio etc... questa funzione è chiaramente ingettiva, perchè si arriva ad ogni re da un solo giorno ed è anche surgettiva perchè si arriva a tutti i re.
In una visione ingenua della matematica, il numero 7 si può allora definire come la proprietà di essere equipotente all'insieme dei re di Roma.
Ora siamo pronti per dare una definizione. Come nel caso del numero 7, non diremo cos'è l'infinito, ma diremo come riconoscere un insieme che ha infiniti elementi.
Definizione
Un insieme è infinito se possiede un sottoinsieme proprio equipotente a se stesso.
Esempio
Ci sono infiniti numeri naturali. Per vederlo, si prenda la funzione che ad ogni naturale associa il proprio quadrato. Questa funzione è bigettiva dall'insieme dei naturali all'insieme dei quadrati perfetti. Dato che quest'ultimo è un sottoinsieme proprio dei numeri naturali, abbiamo provato l'asserto.
Eppoi, questa maniera di voler arrivare all'infinito per addizione mi sembra come voler arrivare al cielo costruendo una torre. Di Babele, è ovvio.
David Hilbert
Oggi, mentre ero ad un seminario, l'oratore ha affermato una cosa interessante. Cioè voleva convincerci del fatto che uno spazio di parametri fosse "quasi infinite dimensional". Voleva dire, in realtà che vi erano molti parametri: circa 1000000.
Così, mentre ero sotto la doccia, mi sono ricordato della spiegazione che mi diede una volta mio padre dell'infinito: un numero così grande che è più grande di qualsiasi altro numero che tu possa immaginare.
Certo è una buona spiegazione, ma poi porta a errori mentali come affermare che R^10000000 sia quasi infinito dimensionale. Questo perchè, dal punto di vista di noi uomini, prendere un numero più grande ci "avvicina" in qualche maniera all'infinito. Quindi, se prendo un numero molto grande, allora sarò molto vicino all'infinito.
Niente di più falso, per il semplice motivo che l'infinito non è un numero! Mettetevi infatti nei panni dell'infinito e considerate il numero 1. Allora 1/infinito è sicuramente più piccolo di 1/10, dato che infinito è maggiore di 10. Ma anche di 1/100. Ma anche di 1/1000 e così via. Adesso se considero il numero 11111111111111, che di certo è molto più grande di 1, ragionando nella stessa maniera, scopro che 11111111111111/infinito è minore di 1/10, di 1/100, di 1/1000 etc... Cioè, per l'infinito tutti gli altri numeri valgono 0, non conta quanto siano grandi.
Cos'è l'infinito, allora? Per ottenere la risposta, dobbiamo capire cos'è la grandezza di un insieme. In matematica si dice che due insiemi A e B sono ugualmente grandi o, più precisamente, equipotenti, se esiste una funzione f da A a B che sia bigettiva. Ad esempio, l'insieme dei giorni di una settimana e dei re di Roma sono equipotenti. Per vederlo, si consideri la funzione f che associa al lunedì Romolo, al martedì Numa Pompilio, al mercoledì Tullio Ostilio etc... questa funzione è chiaramente ingettiva, perchè si arriva ad ogni re da un solo giorno ed è anche surgettiva perchè si arriva a tutti i re.
In una visione ingenua della matematica, il numero 7 si può allora definire come la proprietà di essere equipotente all'insieme dei re di Roma.
Ora siamo pronti per dare una definizione. Come nel caso del numero 7, non diremo cos'è l'infinito, ma diremo come riconoscere un insieme che ha infiniti elementi.
Definizione
Un insieme è infinito se possiede un sottoinsieme proprio equipotente a se stesso.
Esempio
Ci sono infiniti numeri naturali. Per vederlo, si prenda la funzione che ad ogni naturale associa il proprio quadrato. Questa funzione è bigettiva dall'insieme dei naturali all'insieme dei quadrati perfetti. Dato che quest'ultimo è un sottoinsieme proprio dei numeri naturali, abbiamo provato l'asserto.
Eppoi, questa maniera di voler arrivare all'infinito per addizione mi sembra come voler arrivare al cielo costruendo una torre. Di Babele, è ovvio.
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mercoledì, maggio 14, 2008
Misure e continuità
Sto studiando un po' di teoria della misura in questo periodo. Devo confessarlo: è una materia che ho spesso considerato noiosa.
Anzi no, il corso Analisi IV a Tübingen (dove si faceva quasi solamente teoria della misura) mi è piaciuto anche parecchio. Poi, la difficoltà del corso e la freddezza del docente mi hanno portato ad orientarmi più verso l'analisi. La mazzata finale l'ha data un noiosissimo corso di Stocastica I...
Ma basta divagazioni: una cosa divertente delle misure è che ogni misura ha delle proprietà intrinseche di continuità; qualcuno chioserebbe che tali proprietà le derivano dall'essere una funzione positiva.
Se volete rinfrescarvi la memoria, potete dare un'occhiata all'articolo di wiki sulle misure.
La proprietà di continuità di cui parlo può essere formulata in questa maniera: la misura di un punto singolo si ottiene come limite della misura delle palle attorno al punto. Come al solito denoto B(x,r) la palla di centro x e raggio r.
Lemma di continuità per misure
Sia N una misura di probabilità (di Borel definita su uno spazio metrico ) e sia a(n) una successione decrescente di reali positivi convergente a 0.
Allora N({x}) = lim N(B(x, a(n))).
Dimostrazione
La dimostrazione è un corollario del fatto che una misura è continua dall'alto; se gli A_n sono insiemi misurabili e soddisfano
allora la misura dell'intersezione converge al limite delle misure. Quindi, dato che l'insieme {x} è l'intersezione delle palle attorno a se stesso, si ottiene il risultato voluto. Q.e.d.
Ovviamente abbiamo barato, perchè la difficoltà della dimostrazione consiste nel provare la continuità dall'alto. Tuttavia, la dimostrazione della continuità dall'alto non è particolarmente interessante è può essere trovata qui. Si tratta solo di usare la sigma-additività della misura e di fare una stima attenta.
Questo facile lemma ha un suo interesse: infatti è la chiave per la dimostrazione della rappresentazione delle misure di conteggio data qui.
Anzi no, il corso Analisi IV a Tübingen (dove si faceva quasi solamente teoria della misura) mi è piaciuto anche parecchio. Poi, la difficoltà del corso e la freddezza del docente mi hanno portato ad orientarmi più verso l'analisi. La mazzata finale l'ha data un noiosissimo corso di Stocastica I...
Ma basta divagazioni: una cosa divertente delle misure è che ogni misura ha delle proprietà intrinseche di continuità; qualcuno chioserebbe che tali proprietà le derivano dall'essere una funzione positiva.
Se volete rinfrescarvi la memoria, potete dare un'occhiata all'articolo di wiki sulle misure.
La proprietà di continuità di cui parlo può essere formulata in questa maniera: la misura di un punto singolo si ottiene come limite della misura delle palle attorno al punto. Come al solito denoto B(x,r) la palla di centro x e raggio r.
Lemma di continuità per misure
Sia N una misura di probabilità (di Borel definita su uno spazio metrico ) e sia a(n) una successione decrescente di reali positivi convergente a 0.
Allora N({x}) = lim N(B(x, a(n))).
Dimostrazione
La dimostrazione è un corollario del fatto che una misura è continua dall'alto; se gli A_n sono insiemi misurabili e soddisfano
allora la misura dell'intersezione converge al limite delle misure. Quindi, dato che l'insieme {x} è l'intersezione delle palle attorno a se stesso, si ottiene il risultato voluto. Q.e.d.
Ovviamente abbiamo barato, perchè la difficoltà della dimostrazione consiste nel provare la continuità dall'alto. Tuttavia, la dimostrazione della continuità dall'alto non è particolarmente interessante è può essere trovata qui. Si tratta solo di usare la sigma-additività della misura e di fare una stima attenta.
Questo facile lemma ha un suo interesse: infatti è la chiave per la dimostrazione della rappresentazione delle misure di conteggio data qui.
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martedì, maggio 13, 2008
Misure di conteggio
Sto incominciando a studiare sistematicamente la teoria dei processi puntuali, sperando di arrivare un giorno alla comprensione che mi serve per il mio progetto qui a Friburgo. Mi sono imbattuto in una proposizione interessante.
Teorema
Sia M una misura di Borel su R a valori interi e tale M(A) sia finita per ogni insieme limitato. Allora esistono numeri interi k(i) e un insieme al massimo numerabile di reali X={x(i): i in I} tale che M è la combinazione lineare infinita di delta di dirac centrate in x(i) con coefficiente k(i).
Per capire l'interesse che può avere questo teorema nelle neuroscienze computazionali, supponete che la misura M sia una variabile casuale e immaginatevi X come una sequenza di potenziali d'azione: avrete il vostro primo modello di neuroni che scaricano in tempi casuali...
Teorema
Sia M una misura di Borel su R a valori interi e tale M(A) sia finita per ogni insieme limitato. Allora esistono numeri interi k(i) e un insieme al massimo numerabile di reali X={x(i): i in I} tale che M è la combinazione lineare infinita di delta di dirac centrate in x(i) con coefficiente k(i).
Per capire l'interesse che può avere questo teorema nelle neuroscienze computazionali, supponete che la misura M sia una variabile casuale e immaginatevi X come una sequenza di potenziali d'azione: avrete il vostro primo modello di neuroni che scaricano in tempi casuali...
domenica, maggio 11, 2008
1001
Molti di voi ricordano di aver dovuto imparare durante la scuola elementare i criteri di divisibilità; ad esempio: un numero è divisibile per 2 se la sua ultima cifra è pari, un numero è divisibile per 3 se lo è la somma delle sue cifre...
Un caso interessante è quello del criterio per 1001. Prima di studiarlo introduco una notazione per numeri naturali in notazione decimale.
Per un tale numero scrivo N=...cba, cioè la cifra più a destra è "a", quella alla sua sinistra "b" e così via.
Teorema
Un numero è divisibile per 1001 se e solo se (cba)-(fed)+(ihg)-... è divisibile per 1001.
Esempio
Facciamo un esempio: consideriamo il numero N = 43.458.345.422; ciò che dobbiamo calcolare è
422 - 345 + 458 - 43 = 880 - 388 = 492
492 non è divisibile per 1001, quindi N non è divisibile per 1001. In realtà si sa qualcosa di più: il resto della divisione di N per 1001 é esattamente 492.
Ovviamente, se il numero ottenuto dal precedente algoritmo è maggiore di 1001, allora si ripete l' algoritmo fino a quando non si ottiene un numero compreso fra 0 e 1000...
L'interesse di questa regola è duplice: per cominciare è sorprendentemente semplice, soprattutto se si considera il fatto che la maggior parte di noi è abituata a dividere i numeri in gruppi di tre cifre. E inoltre questa regola serve per il criterio di divisibilità del 7.
Ebbene si, esiste un criterio di divisibilità del 7...
Ps: tutto il materiale è preso da Wikipedia.
Un caso interessante è quello del criterio per 1001. Prima di studiarlo introduco una notazione per numeri naturali in notazione decimale.
Per un tale numero scrivo N=...cba, cioè la cifra più a destra è "a", quella alla sua sinistra "b" e così via.
Teorema
Un numero è divisibile per 1001 se e solo se (cba)-(fed)+(ihg)-... è divisibile per 1001.
Esempio
Facciamo un esempio: consideriamo il numero N = 43.458.345.422; ciò che dobbiamo calcolare è
422 - 345 + 458 - 43 = 880 - 388 = 492
492 non è divisibile per 1001, quindi N non è divisibile per 1001. In realtà si sa qualcosa di più: il resto della divisione di N per 1001 é esattamente 492.
Ovviamente, se il numero ottenuto dal precedente algoritmo è maggiore di 1001, allora si ripete l' algoritmo fino a quando non si ottiene un numero compreso fra 0 e 1000...
L'interesse di questa regola è duplice: per cominciare è sorprendentemente semplice, soprattutto se si considera il fatto che la maggior parte di noi è abituata a dividere i numeri in gruppi di tre cifre. E inoltre questa regola serve per il criterio di divisibilità del 7.
Ebbene si, esiste un criterio di divisibilità del 7...
Ps: tutto il materiale è preso da Wikipedia.
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venerdì, maggio 09, 2008
Disugualglianza di Markov
Una variabile casuale è una funzione che mappa un certo spazio di probabilità, che chiamiamo P, in uno spazio campionario V.
Per dirla in maniera un po' più semplice, anche se più imprecisa, è un elenco delle probabilità prob(v) con cui avvengono certi eventi v appartenenti ad una lista V. Assumiamo che questa lista di eventi sia un insieme di numeri.
Ricordo che EX denota il valore atteso della variabile casuale. È possibile allora, stimare direttamente la probabilità che un la variabile casuale sia maggiore di un certo numero.
Disuguaglianza di Markov
Sia X una variabile casuale e M un numero. Allora
prob(|X|>=M) =< EX/M
Dimostrazione
Per prima cosa si definisca 1:{|X|>=M} la funzione indicatrice del sottoinsieme dello spazio di probabilità P dove |X| è maggiore o uguale ad M.
Per definizione, nei punti di P dove |X|=M} vale 0, negli altri 1. Per cui M:{|X|>=M} =< |X|.
Integrando nello spazio P a destra e sinistra si ottiene per definizione di valore atteso, si veda la pagina wiki,
Dato che il termine a sinistra altro non è che Mprob(|X| >= M), si ha l'asserto.
Esempio
Come variabile casuale prendiamo l'età raggiunti dagli abitanti di un paese. Supponiamo che il valore medio sia 60 anni. Allora si ottiene la brutale approssimazione
prob(X > 600) =< 0.1
Sarebbe a dire che un abitante ha meno del 10% di probabilità di raggiungere i 600 anni.
Non molto informativo, se non si considera il fatto che non abbiamo fatto alcuna assunzione sulla nostra variabile casuale...
Per dirla in maniera un po' più semplice, anche se più imprecisa, è un elenco delle probabilità prob(v) con cui avvengono certi eventi v appartenenti ad una lista V. Assumiamo che questa lista di eventi sia un insieme di numeri.
Ricordo che EX denota il valore atteso della variabile casuale. È possibile allora, stimare direttamente la probabilità che un la variabile casuale sia maggiore di un certo numero.
Disuguaglianza di Markov
Sia X una variabile casuale e M un numero. Allora
prob(|X|>=M) =< EX/M
Dimostrazione
Per prima cosa si definisca 1:{|X|>=M} la funzione indicatrice del sottoinsieme dello spazio di probabilità P dove |X| è maggiore o uguale ad M.
Per definizione, nei punti di P dove |X|
Integrando nello spazio P a destra e sinistra si ottiene per definizione di valore atteso, si veda la pagina wiki,
Dato che il termine a sinistra altro non è che Mprob(|X| >= M), si ha l'asserto.
Esempio
Come variabile casuale prendiamo l'età raggiunti dagli abitanti di un paese. Supponiamo che il valore medio sia 60 anni. Allora si ottiene la brutale approssimazione
prob(X > 600) =< 0.1
Sarebbe a dire che un abitante ha meno del 10% di probabilità di raggiungere i 600 anni.
Non molto informativo, se non si considera il fatto che non abbiamo fatto alcuna assunzione sulla nostra variabile casuale...
giovedì, maggio 08, 2008
Della stupidità e del diavolo
Se nella prima mezzora non capisci chi è il pollo, allora il pollo sei tu
Thomas "Amarillo Slim" Preston
Riflettevo sotto la doccia, luogo di grande ispirazione, su alcune questioni riguardanti il governo Berlusconi IV e sul tema della stupidità.
Quando d'improvviso ho trovato un argomento teologico contro la stupidità. Mi propongo di dimostrare che la stupidità è il male assoluto.
Teorema
La stupidità è il male assoluto
Dimostrazione
Cominciamo col notare che il male assoluto è il diavolo. Quindi è necessario dimostrare che il diavolo è lo stupido per eccellenza.
Supponiamo per assurdo che fosse intelligente. Allora si darebbero due casi: o nel poker della bibbia lui non è il pollo, o, se lo fosse, se ne sarebbe accorto nella prima mezz'ora.
Che sia il pollo è evidente perchè alla fine perde vedi l'eccellente avvocato del diavolo.
D'altra parte si dimostra che non se ne è accorto osservando che è andato a vedere la scala reale che aveva in mano il suo avversario, q.e.d.
E se Ferdinando Pinto diventa veramente ministro o sottosegretario di qualsiasi cosa allora vuol dire che il diavolo è arrivato...
Thomas "Amarillo Slim" Preston
Riflettevo sotto la doccia, luogo di grande ispirazione, su alcune questioni riguardanti il governo Berlusconi IV e sul tema della stupidità.
Quando d'improvviso ho trovato un argomento teologico contro la stupidità. Mi propongo di dimostrare che la stupidità è il male assoluto.
Teorema
La stupidità è il male assoluto
Dimostrazione
Cominciamo col notare che il male assoluto è il diavolo. Quindi è necessario dimostrare che il diavolo è lo stupido per eccellenza.
Supponiamo per assurdo che fosse intelligente. Allora si darebbero due casi: o nel poker della bibbia lui non è il pollo, o, se lo fosse, se ne sarebbe accorto nella prima mezz'ora.
Che sia il pollo è evidente perchè alla fine perde vedi l'eccellente avvocato del diavolo.
D'altra parte si dimostra che non se ne è accorto osservando che è andato a vedere la scala reale che aveva in mano il suo avversario, q.e.d.
E se Ferdinando Pinto diventa veramente ministro o sottosegretario di qualsiasi cosa allora vuol dire che il diavolo è arrivato...
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martedì, maggio 06, 2008
Citazione di partenza
Ora dovrei avere un po' di tempo in più. Siamo riusciti a traslocare senza troppe difficoltà e ora comincia la lunga fase di ambientamento in un nuovo ambiente di lavoro.
Per cominciare una citazione dal libro di W. Feller:
Even the collective intuition of mankind appears to progress
W. Feller
Mi viene spontaneo associare questa citazione al concetto di meme. Lo so che non dovrei citare Dawkins, ma oggi mi voglio astenere da polemiche
Per cominciare una citazione dal libro di W. Feller:
Even the collective intuition of mankind appears to progress
W. Feller
Mi viene spontaneo associare questa citazione al concetto di meme. Lo so che non dovrei citare Dawkins, ma oggi mi voglio astenere da polemiche
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