sabato, novembre 11, 2006

Norvegia VII: 25 Km

Talvolta dispero di arrivare alla fine di questa serie. Ma cio´ che si comincia, va finito, per Giove, Zeus, Odino e chi piu´ ne ha, piu´ ne metta. Ogni tanto mi dispiaccio un po´ di non poter scrivere qualcosa di decisamente piu´ interessante, ma tant´e´, pazienza. Peraltro, abbandonare adesso, a tre giorni dalla fine, sarebbe certamente deprecabile. Comunque dubito che qualcuno legga il mio blog, e ad esser sincero, preferisco scrivere qualcosa che interessi a me, se comunque non devo essere letto. Bene, dicevamo. Durante la notte non fu tutto cosi´ calmo come si poteva sperare. Ben mi ricordo di essermi svegliato perche´ aveva cominciato a piovere. E i nostri oggetti erano esposti alle intemperie. Dopo aver inutilmente invocato il nome del nostro capitano - D.P. ricorda esattamente sia la mia invocazione, sia il suo rifiuto - mi sono alzato e, uscito dalla tenda, ho ricoperto i nostri averi col barbatelo. Quanto poteva fare freddo, a Edfjord?!? Troppo...
Il giorno dopo siamo rimasti in quel villaggio a riprenderci e a pianificare gli ultimi tre giorni. Il ginocchio di P. era ormai inutilizzabile, per cui sembrava quasi d´obbligo usare delle canoe. Cosi´ sono rimasto con lui a chiacchierare mentre gli altri visitavano le Vikingrave, o come accidenti si chiamano. Abbiamo anche visitato una simpatica chiesetta, e li anche D. e´ riuscito a venire, risalente all´n-esimo secolo.
Forse sono un po´ troppo severo con Edfjord: il fiordo visto dal mare e´ una gran cosa, e ci siamo anche fatti il bagno alla foce di un fiumiciattolo, rischiando di congelarci. Abbiamo fatto foto, e abbiamo ammirato le pareti ricche di alberi delle montagne norvegesi.
Giornata noiosa, non si puo´ negare. Durante la quale siamo riusciti ad organizzare i successivi due giorni in canoa e il viaggio finale verso Oslo. ``Siamo'' e´ una parola grossa: durante tutto il campeggio ho sempre sentito che il mio dovere era di trasportare chili e chili di equipaggiamento senza lamentarmi - a meno di sprofondare fino al ginocchio in una freddissima palude.
Agli altri l´organizzazione.

sabato, ottobre 28, 2006

Norway VI: autunno

La pioggia ci ha risparmiati, il sesto giorno. A dire il vero, non ho molti ricordi di quella mattina. Ricordo solo che, ad un certo punto, abbiamo cominciato a scendere per una discesa lunghissima, scivolosa, e piena di piante. Sono caduto in quella maledetta discesa almeno dieci volte. M. ha amesso che e´ stata una sua pazzia vendicativa per il giorno prima, fare la discesa tutta d´un colpo. Aaahhh, questi leader, che se la prendono se la truppa si ammutina... Avremmo dovuto fermarci due volte probabilmente. Fatto sta, che siamo scesi. L´unica consolazione sono state le disquisizioni di G. sul cambiamento della flora scendendo lungo il costone della montagna. Ha anche spiegato alcune questioni di classificazione. Veramente l´unica consolazione nel nervosismo che ci stava prendendo mentre scendevamo. Peraltro, mentre scendevamo ricominciava a fare caldo. In qualche maniera siamo riusciti ad arrivare a livello del fiordo. Quasi immediatamente abbiamo trovato una strada asfaltata (strada asfaltata, signori!, che confermava i segni di civilta´ che avevamo incontrato durante la discesa, rappresentati da numerosi esseri umani che risalivano la strada che noi stavamo discendendo. Strada asfaltata, dicevo. Ci siamo messi in cammino su di essa, cercando un posto per fermarci e mangiare qualcosa, dato che come al solito eravamo ancora digiuni. In uno spiazzo ci siamo fermati, ci siamo calmati dal nervosismo della discesa e abbiamo consumato cibo a volonta´. Principalmente pane e marmellata, dibattendo, come ormai stava dibattendo abitudine sulla bonta´ (o meno) dei marroni. Siamo rimasti abbastanza a lungo, anche per permettere a D. di riprendersi almeno parzialmente da un dolore al ginocchio che aveva cominciato a perseguitarlo. Dopo un po´ ci siamo rimessi in marcia, alla volta di Edfjord. Divertente camminare su una strada asfaltata, a velocita´ inimmaginabile fino a poche ore prima. Faticoso, comunque. Anche G., ad un certo punto, ha cominciato a risentire della fatica accumulata, e quale soddisfazione e´ stata arrivare a Edfjord e sistemarci in un vero camping. Economico, non particolarmente pulito, ma con tanta acqua corrente, e con delle altre persone. In sicurezza, per una volta tanto. Abbiamo deciso abbastanza rapidamente di fermarci un giorno li´ a leccarci le ferite e ad organizzare gli ultimi due giorni. E poi non si puo´ negare che ci piacesse vedere come ci guardavano gli altri abitanti del campeggio. Dovevamo avere un´aria abbastanza selvaggia, in quei momenti. Finalmente, comunque, ci aspettava una notte piu´ calma.

venerdì, ottobre 06, 2006

Norvegia V: Oxford

Non ho scritto per tanto tempo, e i ricordi cominciano a essere piu´ labili. Ci sarebbe tanto altro da scrivere, ma chi mi conosce sa cio´ che deve sapere. Bene, il quinto giorno ci siamo svegliati. E pioveva. Non forte, non a dirotto. Ma pioveva. Pioggia leggera e fastidiosa, che si preparava ad inzuppare tutto cio´ che ci era rimasto. Con abilita´ ed efficienza, tuttavia, abbiamo smontato il campo, e ci siamo messi in marcia. Dovevamo aggirare dall´alto il lago, cercando un sentiero, una pista, una qualsiasi cosa per scendere sotto il ghiacciaio. Che, per evidenti motivi, non potevamo attraversare. M., studiata la mappa, aveva capito che bisognava scendere in maniera da arrivare direttamente su un ponte, e cosi´ abbiamo fatto. Il primo tratto e´ stato sotto la pioggia, condensa piu´ precisamente, peraltro dentro una nuvola, che non permetteva a M. di procedere troppo rapidamente in esplorazione. Comunque, dopo qualche tempo, e´ riuscito a trovare una pista che, in maniera un po´ impervia, era destinata a portarci sotto il ghiacciaio. La cosa veramente fastidiosa erano le rocce scivolose, su cui cadere era estremamente facile. Tanto che spesso risultava piu´ sicuro e veloce farsi scivolare su di esse, piuttosto che camminarci con passetti lenti, brevi e, comunque instabili. In realta´ non e´ stato particolarmente fastidioso, anche perche´ ad un certo punto, usciti dalla nuvola, era anche piu´ piacevole camminare. Siamo arrivati, quindi, ad un´orario non troppo tardo, accanto al ghiacciaio, bellissimo con i suoi colori surreali: bianco e blu iridescente. Li´ abbiamo fatto un´abbondante colazione. Faceva freddo. Abbiamo cercato tutti di metterci qualcosa di asciutto e ci siamo rimessi in marcia. Fortunatamente la microfibra si asciuga immediatamente: materiale meraviglioso, il poliestere. Nella seconda parte della marcia D. ha dimostrato ancora una volta di essere in grado di riprendersi completamente: guidava la fila estrema baldanzosita´. Abbiamo marciato a lungo, e, da un certo punto in poi, in discesa. Cantando come marines, peraltro. Per la prima volta, all´inizio del pomeriggio, abbiamo visto il fiordo e la vegetazione ha cominciato a cambiare. Abbiamo marciato fino al tardo pomeriggio, quando siamo arrivati sul bordo di un lago. Non sapevamo bene cosa fare e abbiamo deciso di incamminarci verso una shunt che si vedeva in lontananza. C´era pero´ un problema: si procedeva all´interno di una palude, letteralmente: una fottutissima palude, nella quale si rischiava di affondare in continuazione. Ma sembrava essere possibile procedere con semplicita´, anche se era lontana. Fino a quando non siamo stati costretti ad attraversare un roveto che mi ha fatto perdere la calma. Peggio, devo ammettere che, stanco e nervoso, ho completamente perso il controllo di me stesso. Insomma, dopo alcuni minuti di feroci discussioni, abbiamo cambiato direzione e ci siamo avviati a tutta la velocita´ che ci era concessa attraverso la palude, verso la strada maestra, contando di seguirla fino a trovare un posto per piazzare la tenda. Che sembrava non arrivare mai, a dire il vero. Fortuna volle, che, ormai poco prima del calar del sole, trovassimo una meravigliosa radura, senza la solita palude, in pianura, fra due pccihi che ci proteggevano dal vento. Un miracolo, quasi. Abbiamo montato le tende. Abbiamo messo tutto cio´ che avevamo ad asciugare e G. a cucinare. Io ero bagnato e congelato, e ho dovuto aspettare qualche minuto nella tenda per riprendermi. Poi, fortunatamente, mi sono sentito meglio. Ci e´ andata bene: abbiamo mangiato bene e in abbondanza e ci siamo messi a dormire, sperando di non venire puniti da ulteriore pioggia.

giovedì, agosto 24, 2006

Norvegia IV: jonglieren

Ovviamente il titolo si riferisce al fatto che sto pian piano incominciando a "jonglieren". Divertente. Versuchen und loslassen. Quanto alla Norvegia...
Avevamo un piano interessante per il quarto giorno. Lasciare gli zaini e tutto il bagaglio inutile alla shunt, risalire la valle fino a sotto un grande monte, aggirare il ghiacciaio che circondava il lato nord del monte e salirci, per godere di una meravigliosa vista dai mille e ottocento e rotti della cima. Cosi´ l´abbiamo messa in pratica, l´idea. Che meraviglia, bisogna dirlo, camminare senza zaini dopo tre giorni di fatiche!
Contenti, siamo arrivati al fiume che costeggiava il lato sud del monte. A quel punto io e M. siamo andati in esplorazione, per verificare la possibilita´ di guadare il fiume. Questo era il nostro piano infatti, dato che seguire il sentiero sarebbe stato troppo lungo. Insomma, ci siamo messi in marcia, anzi, abbiamo incominciato a corricchiare seguendo il fiume, con l´occhio pronto a captare ogni possibilita´. Tuttavia non ce n´erano. Era chiaro che il fiume era troppo possente per essere guadato, a meno di non volersi prendere rischi inutili. Non solo: abbiamo anche perso il meeting point con gli altri. E a M. faceva male il piede per la ferita del giorno prima, apertasi durante il tentativo - riuscito - di salvare le scarpe di D.. Abbiamo rifatto la strada fino al punto dove ci eravamo separati. Nessuna traccia dei tre. Abbiamo incominciato a preoccuparci, e la preoccupazione ha accentuato i dolori di M..
Per farla breve, ho cominciato a seguire il sentiero di corsa, sperando di trovare tracce dei nostri. Poco dopo ho incontrato una forma d vita: una coppia di tedeschi che mi hanno confermato di aver visto un gruppo di ragazzi precedentemente. A dire il vero li avevo gia´ incontrati poco prima i tedeschi, e avevo scambiato anche quattro chiacchiere con loro. Se mi avessero detto, o almeno accennato al loro incontro con i tre ci saremmo risparmiati un sacco di fatiche. Peraltro e´ stato piuttosto strano non averli visti. Infatti, poco prima del primo incontro con i tedeschi, mentre io e M. ci aggiravamo lungo le creste alla ricerca dei nostri compagni perduti, li avevo visti i tre, che erano due, perche´ G. si era allontanato. Poi avevo incontrato M. e avevamo stabilito che la coppia che era in vista non erano i nostri compagni. Il problema e´ che la coppia che in vista allora non era la stesso che avevo visto io! Assurdo...
Comunque sia, avendo capito che erano molto piu´ in la di quanto non pensassimo, ho corso con abilita´ sul sentierino (rischiando di sfasciarmi la caviglia, ad un certo punto), fino a quando non sono arrivato ad un ponte sospeso, dove li ho visti, i nostri. Per fortuna il ponte sospeso aveva i corrimano, e, anche se era molto meno stabile del precedente, questo mi infondeva sicurezza. Mi sono sentito la predica di G. sul fatto che ci eravamo persi e ci siamo riavviati sul sentiero, dove con M. ci eravamo accordati che ci saremmo ritrovati. Nel frattempo avevamo anche realizzato che ci saremmo dovuti portare gli zaini la mattina, in quanto il sentiero che aggirava la montagna era lo stesso che dovevamo seguire per arrivare al nostro prossimo campo... insomma, una giornata faticosa.
Abbiamo, quindi, rifatto la terribile salita della valle, che con gli zaini e´ stato un ostacolo notevole, e ci siamo messi in marcia sul sentiero - e, per fortuna, qua si intende con la parola "sentiero" un sentiero vero e proprio, anche se a malapena visibile. Peraltro molto frequentato da arzilli vecchietti - fino ad arrivare ad una splendida vista su un lago e sul rifugio sulle sue sponde. Come al solito avevamo due possibilita´: il sentiero aggirava molto alla larga il lago, passando poi subito sotto un ghiacciaio che, in pratica, arrivava quasi fino alle sponde del lago. L´altra possibilita´ era, naturalmente, tagliare sulla sponda sinistra del lago, alla ricerca di una discesa, sicuramente complicata. La discesa sarebbe comunque avvenuta il giorno dopo, di mattina, appena svegli. E c´era la possibilita´, scegliendo questa seconda alternativa, di trovare una shunt per riscaldarsi. Cosicche´, via, abbiamo cominciato a tagliare, con M. che ci precedeva attento a non farci perdere. Meravigliosamente, abbiamo subito trovato un sentiero per pastori che sembrava voler esattamente costeggiare la montagna sui bordi del lago, che noi pensavamo avremmo dovuto costeggiare fuori pista. Siamo cosi´ arrivati ad un piccolo altipiano dove c´era dell´acqua, a poca distanza dalla shunt. D. era di nuovo in ambasce. Cosi´ sono stato mandato privo di zaino in esplorazione, alla ricerca della casetta, o comunque di un posto per fermarsi. La shunt non c´era, e nemmeno troppa acqua, ma li´ vicino c´era un ottimo posto per piantare le tende. E cosi´ ci siamo arrivati, lentamente, e abbiamo piazzato il campo.
Nel frattempo, D. ha cominciato a sentirsi veramente male. Alcune sue frasi rimarranno nella storia. Comunque non faceva troppo freddo, si stava bene in maglietta, e dopo cena tutti hanno sentito il bisogno di stare un po´ da soli a riflettere. Succede... La notte dopo si preparava, intanto, la catastrofe.

martedì, agosto 22, 2006

Norvegia III: D.M. e´ tornato

Il mio collega, D.M., e´ tornato. Sono riuscito a vedere le foto della Norvegia sul suo laptop. Appena me le masterizza conto di metterne qualcuna sul blog.
Un brutta sorpresta, la mattina del terzo giorno. Freddo di notte, e di mattina l´interno delle tende: umido. Quasi bagnato. Mi si profila un incubo: l´equipaggiamento non teneva la pioggia. Ancora una volta, come il giorno prima vedevo la nostra escursione terminare prima del tempo. Ho scoperto di essere abbstanza ansioso in questi giorni. Ed ho anche scoperto che la faccenda e´ molto migliorata col passare dei giorni, per fortuna. Di necessita´: virtu´. Per fortuna non erano le tende che non tenevano la pioggia. Il giorno prima, fiduciosi in un cielo sereno a perdita d´occhio, non avevamo palettato le tende, e cosi´ l´umidita´ del lago si era condensta. Incredibile quanta condensa, davvero. Una partenza efficiente quella mattina. D. era di nuovo in forma e abbiamo marciato con abilita´ di mattina. Obiettivo: le "power lines". Avevamo deciso infatti, di salire sul monte piu´ alto della zona. Per far questo c´erano due strade: seguire il sentiero, deviando di molti chilometri (e pregiudicando forse la possibilita´ di arrivare a Edfjord in tempo) o fidarci dell´abilita´ di coastguard di M. e tagliare direttamente verso il monte, risparmiando cosi´ numerosi chilometri. Inutile dire quale e´ stata la nostra scelta. L´abbandono del sentiero era previsto all´altezza delle "power lines", unico di segno di civilta´ in un una zona che non sembrava conoscerne. Cosicche´ arrivati alle power lines ci siamo fermati a fare colazione - abbiamo rapidamente preso l´abitudine, infatti, di svegliarci verso le sei e trenta, smontare il campo, camminare due o tre ore, e dopo fermarci a fare colazione, memori della bella sensazione del primo giorno, in cui avevamo fatto chilometri e chilometri prima che scoccasse mezzoggiorno - e abbiamo riempito le borracce. E mentre M. studiava il percorso, ci preparavamo ad una lunga marcia. Speravamo, infatti, di accamparci vicino un lago piuttosto distante, e non sapevamo se saremmo stati in grado di arrivarci. Fatto sta che ci siamo messi in marcia con una lena degna di miglior causa, attraverso un paesaggio lunare, privo di alberi, costellato in continuazione di laghetti, tagliando su e giu´ per vari dirupi. Inutile dire la fatica che facevamo, carichi come eravamo di pesanti zaini. L´ultima prova e´ stata abbsatanza terribile: arrampicatici su di una montagna molto ripida - costretti ad usare le mani - ci siamo trovati in ambasce al momento di scendere. Ripido, sassoso e franoso. Abbiamo mandato tutti avanti senza zaini, e poi io e M. li abbiamo traghettati senza troppe difficolta´. Comunque sia un procedimento lungo e faticoso. Dopodiche´ abbiamo ripreso a marciare con lena, sempre su saliscendi, anche se relativamente dolci, fino a quando ci siamo arrivati, al lago. Ad una serie di laghi, a dire il vero. Che ci mettevano di fronte ad un dilemma: aggirarli, camminando per chilometri e chilometri, rischiando di fare molto tardi - nel frattempo avevamo scelto come meta una shunt accanto al lago trovata sulla cartina - o cercare un guardo in una strettoia del lago. Cosi´ abbiamo fatto. Arrivati in vista della shunt, siamo stati costretti a guadare. L´acqua era fredda, le pietre scivolosissime e taglienti, e sono stati forse i dieci metri piu´ lunghi della mia vita, con quell´acqua gelata alle ginocchia. Qualcuno di noi e´ mezzo caduto, e mai dimentichero´ D. che lancia le sue scarpe, prima una e poi l´altra al centro del lago, invece che sulla riva opposta, cosi´ come M. che si e´ massacrato i piedi per impedire che una scarpa scivolasse verso la parte grande del lago. La shunt era accessibile: li´ abbiamo messo il campo e cucinato. Tre di noi hanno anche dormito all´interno, io e D. fuori, ma non era freddo, si stava benissimo anche in maglietta e felpa. Solo uno di noi sembrava non essere riuscito a passare indenne la traversata: D.P. che tremava di freddo e di stanchezza. Ma la shunt e il suo calore, e la saggia cucina di G. hanno fatto il loro dovere, permettendoci di andare a dormire senza ulteriori preoccupazioni.

lunedì, agosto 21, 2006

Noreviga II: Sombunall

«Everybody is free to wear sunscreen.»

Baz Luhrman


Il titolo serva da ricordo e ancora per il bellissimo seminario di PhotoReading che ho seguito questo fine settimana. Sicuramente ne parlero´ piu´ a fondo, appena avro´ finito la serie sulla Norvegia. L´epigrafe, invece, e´ per ricordarmi un bel testo, tipicamente in american style, che il mio amico di sempre B.C. mi ha fatto ascoltare a Milano. Auguri a lui, alla sua simpaticissima e dolce ragazza, di trovare la loro strada e la felicita´ che cercano.
Myrdal, e´ li che eravamo rimarsi. Siamo scesi alla stazione di Myrdal alle quattro e cinquanta in punto. Usciamo dalla stazione e cominciamo a guardarci intorno alla ricerca della citta´. Avevamo infatti bisogno di una mappa di massima che ci permettese di arrivare alla zona coperata dalla cartina che avevamo trovato ad Oslo. Nesusna citta´ in vista. Un B&B e un negozio, pero´. Ed e´ li che capiamo, che Myrdal, la citta´ era quello che noi potevamo vedere da li´: una stazione, un B&B e un negozio. Al freddo dell´alba norvegese, decidiamo allora di mandare una spedizione a cercare cartine o altre cose di utilita´. Si avviano, loro, lemme lemme, fino ad esaurire la pazienza dei consoli. Cosi´ mandavamo D. dietro di loro ad esortarli.
Dopo un po´ tornavano tutti, e con grande disappunto scoprivamo che, come era abbastanza ovvio era tutto chiuso. Fa nulla ci diciamo: siamo sulla Rallarvegen e la Rallarvegen ci porta direttamente all´interno della mappa, se la seguiamo nella giusta direzione. Cosi´ ci mettiamo in marcia. Un sentiero piacevole, all´inizio, questa Rallarvegen. Utilizzabile veramente come pista ciclabile. Attraversiamo qualche altro agglomerato di case, sempre una o due, fino a quando, dopo qualche ora di marcia, arriviamo ad un rifugio, dove decidiamo di fermarci per fare colazione. Abbondante, ovviamente, con i nostri marroni e il nostro miele. Conversiamo un po´ con l´oste, uscito insieme al suo cane per parlare con noi, e lui ci promette meraviglie da questa Rallarvegen.
A dir la verita´ fino ad ora era certo carina, con tutti i suoi laghi, ma altrettanto certamente non era la Norvegia dei Vichinghi che ci ervamo venuti a cercare. Anche se, bisogna dirlo, il rifugio era in una posizione ideale: vicino ad una cascata che alimentava un piccolo fiume che sfociava in un lago. Bello. Per farla breve, ripartiamo e incominciamo, lentamente a salire. La salita, diviene sempre meno lenta e piu´ ripida e la strada piu´ stretta, anche se rimaneva un sentiero comodo. La´ capiamo che stavamo salendo sull´altipiano verso il quale eravamo diretti. Bella passeggiata: un po´ stancante, se non si e´ dormito, ma piacevole. Dopo un´oretta siamo arrivati sulle rive di un lago freddo e meraviglioso, quasi ai confini della nostra mappa. Bello. Ci siamo fermati, abbiamo mangiato la nostra cioccolata, e siamo ripartiti per quella che mi sembrava una tappa faticosissima e terribile, sotto un sole battente.
Tre, forse quattro ore di marcia, con un´unica breve pausa su un altro lago (tutto il percorso di oggi costeggiava questi enormi laghi che ci accoglievano sull´altipiano), tentando di non scontrarci con gli innumerevoli ciclisi che incrociavamo e di non soffrire troppo il sole battente e la mancanza di sonno. Dopo qualche ora di questa fatica siamo arrivati al bivio che poi portava al ponte, dove cominciava l´ultima parte della nostra fatica. Il bivio era sotto un rifugio, e, come per incanto, appena inoltratici in questo sentiero a malapena visibile, solo figura dei "sentieri" dei giorni dopo, eravamo soli. Niente biciclette, bambini, donne che prendono il sole. Nulla. Noi e la strada. Dopo qualche minuto, veramente pochi, siamo arrivati al primo ostacolo.
Un ponte. Per cosi´ dire, un ponte. Un pezzo di ferro appoggiato fra due rocce, e sotto, una cascata. Stabile, certo, non traballante, ma senza corrimano. Devo ammettere che sono rimasto terrorizzato gia´ quando l´ho visto di lontano e ho capito che dovevo passarci sopra. Terrorizzato, a differenza dei miei compagni, dalla vicenda, devo confessare che l´ho attraversato carponi, come un gatto. Non che questo abbia migliorato la mia stabilita´. Anzi: non fatelo mai, soprattutto se avete uno zaino pesante. Il vento sballottera´ il vostro zaino e non potrete spostare il vostro baricentro nemmeno di mezzo centimetro, se non usando la forza bruta. Pericoloso. Subito dopo, una piacevole pausa, di cui ho un ricordo strano: come se non fossimo soli sulla montagna, ma in un posto molto frequentato. Certo perche´ il fiume era molto rumoroso e il ponte aveva un aspetto sufficientemente high-tech (!?).
Finita una lunga pausa - chi ne ha approfittato per lavarsi in un´ansa del fiume, rischiando il congelamento, chi, come me, per mangiare una scatoletta di tonno, ovviamente con le mani, per non perdere tempo a cercare le forchette - ricordo ancora benissimo che alle tre siamo ripartiti, sul sentiero. Difficile definirlo un sentiero. L´unica cosa che lo qualificava come tale era l´essere segnalato. Non certo battuto. E´ mentre compivamo quest´ultima tappa, interrotta prematuramente per cause di forza maggiore, che abbiamo cominciato a cantare i nostri ottonari in stile Full Metal Jacket. Divertente.
Dopo circa un´ora e mezza di marcia, ci siamo fermati, perche P. era "un po´ stanco". M. ne approfittava per andare a cercare la strada. P. si stendeva. Privo di parole e di forze. "Non riesco a respirare - diceva - mi tremano le gambe". "Ahiahi" ho pensato "Ecco come finisce la nostra vacanza.". Molto semplice: colpo di sole, stanchezza, mancanza di sonno. Io e M. abbiamo cominciato a cercare un campo, ed e´ allora, meraviglia delle meraviglie, che si e´ aperto di fronte a noi, mentre risalivamo un ruscello, a forse 50 metri da dove D. giaceva, assistito da D.P. e G., un meraviglioso laghetto di montagna, con una zona piana, piena di erba, protetta dal vento, per mettere le nostre tende. Cosi´ abbiamo cominciato a mettere il campo, stanchi dalla marcia, affaticati dal sonno, che ci faceva sentire anche piu´ del freddo che in realta´ c´era. Persino M. era pigro e riluttante a lavorare, il nostro capitano rosso.
Ma cosi´ e´: abbiamo registrato il diario, mangiato, messo il campo senza troppa efficienza e ce ne siamo andati a dormire, stanchi, ma felici della nostra prima giornata.

mercoledì, agosto 16, 2006

Norvegia I: Oliver Sacks

Oggi scrivo senza un´epigrafe. Mi e´ piaciuto molto un libro che ho finito ieri: "L´uomo che scambio´ sua moglie per un cappello" di Oliver Sacks. Interessante e profondamente umano, mi ha aiutato a chiarire e ordinare idee, intuizioni, piccole rivelazioni che faccio quotidianamente su di me. Bello.
Comunque sia, scrivero´ qui un piccolo diario "a posteriori" del nostro viaggio in Norvegia. Il primo giorno, il 3 agosto, per essere precisi, e´ stato un giorno di viaggio. Mi sono svegliato presto, a casa di una mia cara amica che abita a Milano. Presto: alle 5 e 30. L´ho salutata - lei aveva insistito per questo la sera prima - e mi sono messo in cammino verso la stazione sotto una leggere pioggia ed un cielo nuvoloso, in fondo piacevoli dopo 4 giorni di gran caldo a Milano. Con un bus sono arrivato fino ad Orio al Serio, dove ero atteso dall´aereo che ci avrebbe portato ad Torp, e dai miei amici baresi. Brevi e calorosi saluti, prima di riordinare gli zaini per la partenza. La nostra scarsa esperienza ci ha portati ancora una volta a portare un po´ troppe cose. In particolare alcuni di noi erano molto carichi di vestiti e questo ci ha creato problemi di volume. Fatto che sta che ce l´abbiamo fatta. Il volo fino a Torp e´ stato tranquillo e piacevole; qualche lieve turbolenza sulle alpi che hanno spaventato P. e D., che non sono dei veterani del volo. Torp: abbiamo, dopo qualche breve discussione, preso un autobus per Drammen, evitando di arrivare fino ad Oslo. Scelta intelligente, dato che Drammen e´ uno snodo del nostro itinerario. Certo, se non fosse che, dopo tre quarti d´ora di viaggio ed una piacevole conversazione con M. (primo passo per recuperare la nostra intimita´ amicale, che si perde lentamente durante ogni mia permanenza in germania), l´autista ha avuto la brillante idea di abbandonarci ad un autogrill nella periferia di Drammen. Ancora poco efficienti, abbiamo impiegato troppo tempo a raggiungere il centro (fermandoci ripetutamente in negozi, pur consapevoli di non aver ancora cambiato gli euro in corone). Arrivati in centro, abbiamo trovato, meraviglia!, una banca aperta che ci ha cambiato gli euro... abbiamo visto che il treno per Myrdal partiva a mezzanotte (alle 23 e 44, per la precisione) e siamo tornati verso un prato sulle sponde del fiume di Drammen (di cui non ricordo il nome), non prima di verificare che i bus, decisamente meno costosi in Norvegia, non ci avrebbero aiutato. Costeggiando il prato sono stato apostrofato da un vichingo che ci aveva visti passare gia´ piu´ volte: "What are you doing?". Sorpreso, stanco e desideroso di sedermi, gli ho risposto aggressivamente: "What is your problem?", da buon barese. Stupito dalla mia feroce reazione il vichingo si e´ un po´ innervosito e, per farla breve, abbiamo impiegato qualche minuto per palesarci a vicenda le nostre intenzioni amichevoli. Dopodiche´ si e´ unito a noi e abbiamo chiacchierato amabilmente, interrotti, solo da alcune interruzioni per mangiare, cercare le cartine e preparare gli zaini per la marcia. All´ora stabilita ci siamo mossi verso la stazione e abbiamo aspettato il nostro treno. Per Myrdal. La citta´ di Myrdal.
Il treno era freddino e scomodo, ma ognuno era fornito di una copertina di pail gentilmente offerta dalle ferrovie norvegesi. Di fronte a me sedeva una ragazza di colore, e G. si e´ messo a conversare con un pescatore armato di cane, per avere informazioni sulla zona dove saremmo scesi. E´ stato gentile e utile, e lo abbiamo subito soprannominato "Rallarvegen", che e´ il nome della pista ciclabile (!?) su cui ci saremmo incamminati. Breve sonno interrotto, un´alba molto presto e siamo arrivati a Myrdal, in perfetto orario, alle 4 e 40. Il resto a domani.

giovedì, luglio 20, 2006

Grillen

Oggi un post lieve: abbiamo appena fatto una grigliata con i miei colleghi della scuola di dottorato. Per organizzarlo ho avuto la scusa di saltarmi un seminario di cui non mi interessava gran che...
C´e´ un ragazzo fra i miei colleghi, si chiama Fabian. E´ una di quelle persone con cui ho un rapporto strano: e´ evidente che abbiamo un sacco di affinita´, e che diventeremmo ottimi amici, se solo ci frequentassimo di piu´, ma non lo facciamo. Quando pero´, casualmente, ci incontriamo, siamo tutti e due contenti e disponibili l´uno verso l´altro.
Mi piace l´estate: mi mette di buon umore, e il lievissimo caldo del sud della Germania non e´ in grado di infastidirmi: sabato mi merito una bella uscita in bici.

mercoledì, luglio 19, 2006

Prurito

«La guerra e´ pace.
La liberta´ e´ schiavitu´.
L´ignoranza e´ forza.»

Slogan del Partito.


Vi e´ mai capitato di leggere qualcosa, e sentire un prurito alle mani? Intendo quella voglia irrefrenabile di rompere la testa a chi scrive. A me l´ultima volta e´ capitato leggendo questo articolo di Rondoni sull´Avvenire. Come al solito, chi vuole pensare sui morti dovuti alla droga, per trovare magari un modo per ridurli, viene preso a parolacce, e tacciato di cattiveria. Cattiveria vera e propria. A nessuno di loro passa magari per la testa che potrebbe essere, per qualche caso assurdo del destino, che un neoproibizionismo aumenti i morti per droga? Mai, nemmeno per tutto l´oro del mondo! I radicali sono tutti dei malvagi che vogliono ucciderli, i poveri ragazzi...
Io, personalmente, me ne frego dei principi. Se per caso scopriro´ che depenalizzare gli omicidi fa si che ne siano di meno, ebbene, difendero´ la depenalizzazione dell´omicidio.
Una volta, discutendo di cio´ con una mia amica, lei rispose: "Non va bene, perche´ lo stato deve anche educare i cittadini", e via predicando. Le ho consigliato di rileggere Orwell. Mi ha insultato...

sabato, luglio 15, 2006

Elite

Oggi sono tornato a casa in bici, da Tü. Qualche ora di sole, sudore, e, alla fine, fame. E´ un fenomeno strano, quello della passione per lo sport, soprattutto per quelli faticosi. Se ne parli con qualcuno che non lo apprezza vieni visto come un marziano, che ama farsi del male inutilmente. Se invece sei con qualcuno che lo apprezza, non c´e´ bisogno di parlarne: e´ chiaro ad entrambi per quale motivo si accetta una tale tortura. La salita verso Genkingen, per esempio, lunga e senza strappi e´ stato una sveglia per la mia mente: ritmo in sintonia col mondo. Poi, una lieve discesa come carezza e qualche chilometro di saliscendi, dove conta la volonta´ piu´ che la forza.
Il post di oggi e´ dedicato, quindi, al sole, al sudore, alla fame, alla Svevia e ai suoi saliscendi, e, naturalmente, alla mia vecchia bici da corsa rossa.

mercoledì, luglio 12, 2006

Schon wieder

Rovina e distruzione. Che strano il pomeriggio di una giornata in cui ti e´ stato casualmente rovinato cio´ che hai costruito in anni e anni. Pensavo di starci malissimo: ho invece energia e vita in abbondanza.
Penso che andro´ a studiare un altro po´. Talvolta essere costretti a ricominciare e´ una buona maniera per trovare nuove forze nascoste.
E´ questo il motivo per cui scrivo oggi di nuovo su un blog cominciato e abbandonato da mesi?

«Ai vostri posti. Pronti. BANG!»

Starter nelle gare di atletica leggera.

mercoledì, febbraio 15, 2006

Fotoni

«Chi non ama la vita, non la merita»

Leonardo da Vinci.


In questo periodo discuto spesso con alcuni amici sulla legge sulla legittima difesa. La trovo abbastanza demagogica e, in generale, penosa. In piu´, da buon cristiano, mi da molto fastidio che il cardinal Ruini, Giuliano Ferrara, i comitati Scienza e Vita e compagnia cantante (nel senso che al massimo hanno un po´ di talento per "arie moralistiche", per citare il mai troppo compianto Pau Feyerabend) non abbiano speso una sola parola su quel "al fine di difendere i beni propri o altrui" contenuto nella legge.
Leggetevo il testo della legge. Brrr...

Voglio dire: l´embrione forse e´ vita, ma forse non lo e´, e nel dubbio, per salvarlo comunque fai un po´ di danni collaterali: non permetti fecondazioni assistite o ricerca scientifica, ad esempio. Al contrario, il ladro e´ sicuramente vita e salvandolo rinunceresti a un po´ di beni materiali. Che male non fa. Se non altro fa girare l´economia.
Per altro stavo riflettendo: un fotorilevatore molto sensibile (diciamo come soglia un fotone nello spettro visibile) varra´ almeno 0.25 euro. In ogni occhio ne avete 120.000.000. E´ cosi´ grosso il numero che conviene la notazione scientifica: 1.2 x 10^8. Ebbene, neocon del piffero, per salvare il tuo merdoso registratore da 300 euro, stai ammazzando un uomo e se non sei sensibile ad altro che ai soldi, pensa che stai facendo (almeno) 100.000.000 di euro di danno.
Si si, hai capito bene: 200 miliardi del vecchio conio, se non ti piace l´eurodiprodi.

martedì, febbraio 14, 2006

Pluripremiato

Schulz e´ un genio. La domanda successiva e´: perche´ sento il bisogno di affermare adesso che Schulz e´ un genio? Ieri sono andato alla sneak preview. Per chi non lo sapesse: paghi due euro, ti siedi al cinema, e non sai che film verra´ proiettato. Finora ci sono andato sei volte: due ne e´ valsa la pena, un´altra era un film leggero e divertente, uno era infantile e due inguardabili. Fra essi, quello di ieri sera (il "pluripremiato" Vinzent). Mi pare che fosse la storia di un disegnatore di fumetti che confondeva la realta´ e la fantasia. Il regista, per fare il figo, l´ha girato in maniera frammentata e ciclica: a fare l´intellettuale c´e´ riuscito e hanno anche applaudito alla fine, questi crucchi. L´importante e´ non essere hollywoodiani, giusto?
Dicevo: e´ riuscito a fare l´intelletuale. Dubito che sia riuscito a intrattenere il pubblico, di sicuro non me. E dubito che qualcuno sia in grado di dire di parlasse il film, ma tant´e´: a ognuno il divertimento che ama.
Per questo Schulz e´ un genio. Avete mai letto i Peanuts? Soprattutto non proprio i primi, ne´ gli ultimi. Diciamo quelli della maturita´. Se non l´avete ancora fatto, e´ un buon momento per iniziare; non impiega nemmeno molto tempo: quattro vignette, un´inclinazione della linea della bocca, una composta capriola. E dire che ad alcuni torturano spettatori innocenti per un´ora e mezza, per mostrare di essere profondi.

«I love mankind - it's people I can't stand!»

Linus van Pelt

lunedì, febbraio 13, 2006

Istantaneo

«Il risultato significa che il calore si trasmette immediatamente a tutti i punti dello spazio, anche se era inizialmente circoscritto in una zona comunque piccola».

Tradotto dalla dispensa di un corso sui nuclei del calore (o da un qualsiasi testo di matematica superiore).


Immaginate di recarvi da una delle (circa 100, la maggior parte laureati in matematica) persone che settimanalmente studiano il corso e di porgli una domanda sul concetto di istantaneita´. Immaginate ancora di infastidirli osservando che il calore nel mondo reale NON si trasmette immediatamente. Ovviamente, verrete tacciati di non capire la differenza fra un sistema fisico e la sua modellazione matematica. Allora cercherete di obiettare che i matematici dovrebbero dire le cose in modo chiaro, e che dovrebbero preoccuparsi di far sapere al mondo che essi non credono che il calore si trasmetta a velocita´ infinita. E vi sentirete rispondere che per chi capisce la matematica e´ evidente il significato. Ma la matematica non era una scienza che (come tutte le altre) dovrebbe servire a migliorarlo, il mondo? Non dovrebbe quindi esprimersi chiaramente e dire le cose come stanno? Non dovrebbe cercare di essere comprensibile anche a qualcun altro a parte quelle poche migliaia di persone al mondo che si occupano di equazioni alle derivate parziali?
Ahh... ma quanto sei pedante, Stefano... sempre il solito...
La lingua crea i concetti: oggi dite che il calore si trasmette immediatamente e siete (forse) coscienti che dipende dal modello che avete scelto. Domani crederete che un elettrone sia una funzione d´onda.
Che le idee matematiche abbiano un´esistenza a se´ stante.Che anche le altre idee astratte la abbiano. Che questa esistenza, se le idee sono belle, debba essere difesa. Che la loro esistenza, in certi casi, vale piu´ di quella di un uomo. Che la Liberta´ e la Democrazia valgano bene una guerra.

«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intendere la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intenderne umanamente parola»

Galileo Galilei, Il Saggiatore.